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Prima il plauso al figlio Pier Giorgio, protagonista di ‘Sorelle Mai’, il film in uscita nelle sale italiane dal 16 marzo, « davvero una bella intervista (al Venerdi’ di Repubblica): è più sano di me »; poi una annotazione doverosa, « c’è una pigrizia mentale, non direi proprio cattiveria, ma una mancanza di voglia di scoprire e di riflettere, ecco una superficialità per cui si continua a ripetere cose vecchie e smentite dai fatti, e cioè che i miei film più deboli sarebbero quelli fatti in collaborazione con Massimo Fagioli: non è affatto cosi’, infine sul lungometraggio per raccontare l’Italia di oggi: “è fermo in garage, si deve sviluppare e, a parte le difficoltà obiettive incontrate per la produzione e la distribuzione, qualcosa deve emergere nella mia mente”.
Allegro e leggero, il 72enne regista piacentino Marco Bellocchio parla alla vigilia dell’uscita nelle sale di ‘Sorelle mai’, il suo ultimo film, « improvvisato, fatto per caso e in casa – aggiunge – ma con molta gioia ».
E’ un racconto suddiviso in sei episodi, ispirato ad altrettante sessioni del seminario di cinema che il regista tiene, tutte le estati dal 1997, a Bobbio, dove nel 1965 ha girato la sua folgorante opera d’esordio, « I pugni in tasca ». Bellocchio, pero’, parte dall’intervista al Venerdi’ di Repubblica di suo figlio Pier Giorgio che ha definito il loro rapporto, « bello, […] il problema per me è essere figlio dell’uomo Bellocchio, complesso, coerente, rigoroso, che non accetta compromessi, e non del grande regista. Con un padre così devi sempre dimostrare di mirare alto ».
Poi la domanda: però i film che ha girato durante l’analisi non sono i più riusciti. « È vero: durante il lavoro analitico con Massimo Fagioli ha girato dei film difficili, ma perché stava facendo un lavoro complesso – è la risposta di Pier Giorgio. Dopo, però, sono arrivati “L’ora di religione”; “Buongiorno, notte”; “Il regista di matrimoni”. E se a 70 anni ha girato un’opera come “Vincere”, non si può pensare che tanti anni di analisi non abbiano avuto un ruolo nell’arrivare a quell’età con la brillantezza, la vitalità e la capacità di guardare avanti che ha dimostrato di avere ».
E’ qui che Bellocchio con pacatezza e signorilità si sofferma: ed è chiarissimo dalle sue considerazioni che non rinnega nulla della sua lunga e proficua esperienza di collaborazione e di ‘ricerca’ (e non analisi!) con Fagioli, lo psichiatra dell’Analisi Collettiva, anzi. “C’è questo ripetere cose vecchie, smentite, tra l’altro, dai fatti – scandisce Bellocchio – e cioè che i film che ho fatto insieme a Fagioli siano i meno riusciti! In cio’ vedo tanta superficialità specie tra i giornalisti nel dire cose vecchie casomai riprese da altri di tanto tempo fa e soprattutto smentite dai fatti”.
Come dire, non vale nemmeno la pena ‘smentire’, tanto sono evidenti. “Diavolo in Corpo” del 1986, è stato inserito tra i migliori 50 film degli ultimi cento anni; “La Condanna” del 1991, si aggiudico’ l’Orso D’Argento al Festival di Berlino e “Il Sogno della Farfalla” del 1994 a Cannes nella sezione ‘Un certain regard’ prese il Palmares. « Semmai non si puo’ sottacere che la cultura dominante ha preso di mira – aggiunge il regista piacentino – e vuole attaccare la ricerca di Fagioli e la sua teoria ». Una storia vecchia di 30 se non di 40 anni ormai… »Cattiveria? Pigrizia mentale? Direi superficialità e mancanza di voglia di scoprire”, osserva ancora Bellocchio che di recente è stato chiamato a Hollywood a tenere una lezione di cinema.
Arriva, dunque, nelle sale il suo ultimo film: presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia, ‘Sorelle mai’ è davvero un film « fatto in casa, improvvisato, costa zero, ma è un lusso girato in 10 anni, edito con molta cura. Insomma, irripetibile – sottolinea Bellocchio – ma con dei movimenti interni profondi: anche se non c’è stata elaborazione e preparazione alcuna, come è stato per esempio per “I pugni in tasca” o per “Vincere”, c’è la presenza di conflitti e di ferite, aperte e chiuse. Un film fatto in totale liberta' ».
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Una bellissima storia nella quale Bellocchio raccoglie tanta parte della sua esperienza umana e professionale: il film è il sequel del precedente film « Sorelle » (2006) presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2009. Nel cast le due sorelle, Letizia e Maria Luisa che sono le protagoniste e i due figli Elena e Pier Giorgio, a mostrare e sottolineare il legame profondo e biografico con la storia e i luoghi che il film racconta. Articolato in sei episodi, il film narra le vicende della famiglia Mai, concentrandosi sul rapporto tra Sara, giovane attrice in cerca di successo, sua figlia Elena, bambina prima e poi adolescente, il fratello Giorgio e le due zie. « Il personaggio di Pier Giorgio – precisa Bellocchio – esprime insoddisfazione, delusione e anche una voglia di riprendersi. Poi la sorella che pare sciagurata ma invece è una ragazza concreta. Quindi Elena che pur cresciuta in una realtà tradizionalista, difende e bene la sua autonomia ». Un modo tutto nuovo di parlare della ‘famiglia’ e trattare quindi i legami familiari: è tutto l’opposto de “I pugni in tasca”. E poi un rapporto nuovo, alla pari si potrebbe dire, con il figlio Pier Giorgio, come lo stesso Pier Giorgio ha riconosciuto nell’intervista citata da Bellocchio. Nel cast dunque: Letizia Bellocchio, Maria Luisa Bellocchio, Elena Bellocchio, Pier Giorgio Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Alba Rohrwacher, Gianni Schicchi, Silvia Ferretti, Valentina Bardi e Alberto Bellocchio.
Torniamo un attimo ancora al lungometraggio per ora ‘in garage’. “Quelli a cui mi sono rivolto – racconta Bellocchio – pur confermandomi la loro stima, mi hanno detto ‘passa a un altro progetto’. Quando si ricevono tanti no uno si deve chiedere se il proprio progetto abbia dei problemi. Ed effettivamente, parlando anche con una scrittrice nota, ho riflettuto sul fatto che siamo in un tempo talmente bloccato, in cui giorno dopo giorno ci sono tante piccole suspence. Per fare ‘Italia mia’ bisognerebbe avere la fantasia di Bulgakov che ne ‘Il Maestro e Margherita’ ha raccontato la Russia senza essere mandato in Siberia. Dei rifiuti non faccio la vittima. In questo soggetto, che riprenderò, ci sono delle cose da cambiare ». Ecco, “il progetto si deve sviluppare, e a parte le difficoltà obiettive per la produzione e la distribuzione, qualcosa deve emergere nella mia mente”, conclude sorridendo il regista piacentino.
Carlo Patrignani
TRAILER DEL FILM