Siamo italiani, ma a volte no

Siamo italiani, ma a volte no

(c’est-à-dire : Soyons italiens, mais parfois non ; ou même : Nous sommes italiens, mais parfois non)

Il mio amico Nicola dice : siamo (congiuntivo imperativo) gli Altri italiani. Ed io bisbiglio: la A maiuscola, però, e la i piccola. Pure, un lieve disagio permane: da sempre l’idea di essere qualcosa, in esclusione di un’altra, mi disturba, e poi, quando si tratta di «identità»… Silenzio! Qui non facciamo psicologia, ma cultura. E il mio compitino odierno è dire, in due parole, chi sono questi italiani, perché per rivolgerci agli Altri (con la A maiuscola) bisognerà capire chi sono quelli con la i minuscola. Ma allora, appunto, chi sono questi Italiani?

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Senza aprire un complesso dibattito storico, potremmo subito sottolineare un paradosso tutto « italiano » : a differenza di quanto è accaduto (« normalmente », verrebbe da dire) negli altri paesi occidentali gli italiani hanno cominciato ad essere prima che esistesse una nazione Italia.

Da quando ? Quando cioè quelli che abitavano all’interno delle frontiere di quella che oggi chiamiamo l’Italia hanno cominciato ad esser tali ? Forse subito dopo l’anno Mille, o forse proprio con Dante, il « nostro poeta nazionale ». Ma Dante più che all’Italia pensava a Firenze, e il suo uso del volgare non aveva i fini politici che gli si sono prestati dopo. Certo, questo suo volgare pone un nuovo « italianissimo » paradosso : gli italiani attuali di cultura media capiscono quasi interamente il vocabolario e la sintassi della Divina Commedia ; e comunque molto di più di quanto, poniamo, i francesi (effe minuscola…) di cultura media possano capire Montaigne o Rabelais, che sono loro cronologicamente molto più vicini. Esisterebbe dunque una misteriosa esistenza di una lingua-cultura italiana che avrebbe preceduto di più di cinque secoli la nascita di una stato unitario ?

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Nuovo paradosso (devo ripeterlo ? peculiarmente « italiano ») : quello straordinario strumento linguistico, nato come l’Eracle greco già adulto e robusto, è durato e si è arricchito negli anni « preitalici » con nuovi prodigi (in che senso ? Ariosto, Tasso…), vivacissimo, pur rimanendo politicamente inutilizzabile e inutilizzato. Chi parlava « italiano » quando l’Italia « s’è desta », nel 1861 ? e questo, nonostante i bellissimi, anch’essi « prodigiosi » Promessi Sposi ? E del resto, chi « s’era destato »? Non voglio togliere nulla ai nobili ideali dei patrioti ottocenteschi, né sostituire una retorica patriottarda con un’altra antipatriottica per principio (per quanto…) : pure, mi sembra inoppugnabile che l’Italia nazione sia il risultato più che di una coscienza collettiva e rivoluzionaria, delle annessioni successive al regno del Piemonte – nonostante Dante e Manzoni, Ariosto e Leopardi, e tanti altri geni italiani, di cultura italiana ne circolava assai poca : perché l’italiano diventi la prima lingua degli italiani bisognerà aspettare la leva e la televisione, gli anni cinquanta…

La nazione Italia sarebbe forse solo un fragile artificio ? Non esageriamo : tuttavia non potremo non notare che, ora monarchica ora repubblicana, ora savoiarda ora mazziniana, ora piemontese ora siciliana, ora europeista ora mediterranea, ora fascista ora antifascista (o ancora – dopo le elezioni del 2008 – «definitivemente» postfascista, quelle tristesse), in neanche 150 anni di storia l’Italia ha conosciuto e tentato diverse strade, fra loro diversissime. Non nel senso scontato per cui in una nazione possono coesistere progetti politici diversi, ma nel senso fondamentale, nel contempo culturale e civico, di ciò che comunemente costituisce il nucleo, il filo conduttore di un’identità nazionale. Dovremmo allora esagerare ? L’artificio sarebbe stato veramente troppo fragile… E troppo pochi, di nuovo, minoritari, sarebbero stati quelli che combattendo il fascismo fondarono la «Repubblica nata dalla Resistenza», troppo pochi quelli che negli anni sessanta e settanta animarono le grandi battaglie sociali e culturali, facendo pensare che l’Italia avesse infine affermato una solida comunità civile – dietro, c’era e c’è sempre in agguato quello che Carlo Levi definì
«l’eterno fascismo italiano», e che altri chiamano l’eterna Italia cialtrona (provate, se potete, a tradurre questa parola francese, o in inglese) : pure, c’erano e ci sono, restano, e anche continuamente rinascono anche quelle minoranze (anche se oggi, certo, minoranze a tutti gli effetti), con i loro splendidi lampi di luce.

Forse allora la chiave di questo possibile «essere» contraddittorio degli italiani, dei loro vizi come delle loro virtù, andrebbe ricercata proprio nel periodo in cui l’Italia ancora non c’era, ma c’erano curiosamente eruzioni a tappe di lingua e cultura già italiana. Gioco – da un lato (ci piace) : il Rinascimento, il suo spirito, e dietro, grandi e lievi artisti e navigatori, scienziati scrupolosi e spregiudicati, fini giuristi, magistrati integerrimi, gentiluomini onseti sino all’ingenuità ; dall’altro (non ci piace) : la pesantezza della Controriforma, i bigotti e gli azzeccagarbugli (quanto è bravo Manzoni), la mafia e la camorra (su, su, sino alle Alpi), il trionfo del familismo e il declino o l’assenza tout court di quella che altrove chiamasi religione civica. Per carità, non voglio fare amalgami o generalizzazioni, né tantomeno partizioni manichee, o facili moralismi, e infatti non faccio nomi : « da un lato » e « dall’altro » li vedo come degli estremi inconcepibilmente, inverosimilmente diversi, dentro i quali si sfumano tanti temi e elementi, tratti caratteriali, slanci e paure, tic, come dire, il genogramma degli italiani – anche se non si sa, non si è ancora capito, quando e come questi benedetti italiani abbiano cominciato ad esser tali…

_foto-1.jpgE poi, ancora, quali di questi italiani ? Quelli che hanno creato «dentro», o quelli che navigando alla volta del Canada e dell’Argentina, o dell’Australia, si sono mischiati con altre culture, come è proprio di tutte le vere culture, e hanno sconfitto la problematicità della loro identità (che quando è « una » fa sempre tremare) accettando il principio della polivalenza? Colombo allora era italiano, o era portoghese? era cristiano o ebreo? E Yves Montand ? E quelli che da fuori arrivano dentro, «sbarcano» (brrrrr), dall’Uruguay o dalla Romania, o dall’Africa, dalla Siria o dall’Afghanistan e vogliono viverci in questa fragile Italia ?

Forse, gli Altritaliani sono quelli che son disposti, dentro o fuori che sia, a intrecciare fra loro le lingue gentili del mondo, a ballare il tango e a saltare come i canguri… Mais parfois non !

Siamo italiani, ma a volte no.

Giuseppe A. Samonà

Pubblicato il 21 luglio 2009, anno della nascita di Altritaliani.net

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Giuseppe A. Samonà
Giuseppe A. Samonà, dottorato in storia delle religioni, ha pubblicato studi sul Vicino Oriente antico e sull’America indiana al tempo della Conquista. 'Quelle cose scomparse, parole' (Ilisso, 2004, con postfazione di Filippo La Porta) è la sua prima opera di narrativa. Fa parte de 'La terra della prosa', antologia di narratori italiani degli anni Zero a cura di Andrea Cortellessa (L’Orma 2014). 'I fannulloni nella valle fertile', di Albert Cossery, è la sua ultima traduzione dal francese (Einaudi 2016, con un saggio introduttivo). È stato cofondatore di Altritaliani, ed è codirettore della rivista transculturale 'ViceVersa'. Ha vissuto e insegnato a Roma, New York, Montréal e Parigi, dove vive e insegna attualmente. Non ha mai vissuto a Buenos Aires, né a Montevideo – ma sogna un giorno di poterlo fare.