È stato divertente leggere uno scritto di Eva Cantarella, grecista e romanista (nel senso di studiosa dell’antichità classica, non di tifosa della squadra giallorossa) che spiega come fortuna e potenza di Roma antica derivarono anche dalla pratica della multietnicità, mentre triste e travagliato da lotte fratricide fu il crollo della Grecia che volle tenere a distanza gli immigrati con sistemi che somigliano tanto a quelli voluti in Italia dalla destra.
Ad Atene, tre secoli prima dell’èra cristiana, i “meteci” (conviventi stranieri) erano la metà della popolazione, ne sostenevano l’economia con il commercio, ma i nativi non volevano essere da loro “contaminati”, al punto da imporre la immediata registrazione in apposita lista, la residenza permessa solo se garantita da un ateniese, il divieto di matrimoni misti. E a uccidere lo straniero si andava incontro a pene molto lievi.
Il maggiore storico latino, Tacito, dichiara esplicitamente: “A quale ragione si deve la rovina degli ateniesi e degli spartani se non alla loro ostinazione nel non accogliere gli stranieri?”. Due secoli prima, il suo predecessore greco Polibio già notava che i romani erano pronti ad adottare usanze e costumi stranieri se li trovavano migliori dei loro. Armi dei Sanniti, insegne degli Etruschi, leggi dei Greci (tranne quelle razziste) e cittadinanza romana per tutti gli alleati, addirittura per gli schiavi liberati fra i quali spesso si trovavano uomini di gran cultura e capacità tecniche: esempio notevole fu quel Lucio Cocceio Aucto ingegnere al servizio di Agrippa (genero di Augusto) che nei Campi Flegrei realizzò gallerie, strade, porti, fra Napoli, Pozzuoli, Cuma, costruì quel tempio sull’acropoli di Pozzuoli che ha resistito intatto a duemila anni di bradisismo e di terremoti.
Non è stato affatto divertente leggere che a Milano la sindaca Moratti ha fatto distruggere un campo “rom” disperdendo in lontanissime periferie un centinaio di bambini che frequentavano con profitto la scuole elementare, e le loro maestre si sono organizzate in turni per andarli a prendere in auto.
Né che a Roma sono state subito imbrattate le “Stolpersteine” (pietre d’inciampo), ciottoli in bronzo con i nomi degli ebrei deportati e uccisi nel 1943, sistemati dall’artista Guenther Demnig sui marciapiedi davanti alle case in cui quelli non sono più tornati. E sempre a Roma, c’è una scuola elementare che rischia la chiusura perché non può rispettare le “quote” stabilite dal governo Berlusconi: gli alunni stranieri sono troppi.
Né che a Napoli un’azienda pubblica di trasporti extraurbani ha punito una decina di autisti che da mesi non rallentavano neanche se alle fermate, col sole o la pioggia, c’erano in attesa uomini e donne con la pelle nera.
Molte fabbriche a Nord e a Sud si son fermate il primo giorno di marzo quando gli immigrati hanno scioperato. Accadeva per la prima volta, e nei cortei si leggevano scritte eloquenti: « Siamo il 9,7% del Prodotto interno lordo, manteniamo i vostri pensionati… »
Eleonora Puntillo
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