“Inventare una nuova esistenza attraverso la scrittura”. Questo è quanto afferma Altro, protagonista del romanzo d’esordio di Matteo Innocenti, Autres Yeux.
Libro ironico, visionario, estremo: l’uomo moderno – l’Uomo tout court – è riscritto e decriptato entro simboli da affrancare. Talvolta, confinato negli incisivi segni che svelano, d’improvviso, la nuda verità della realtà. Oltre le sovrastrutture, attraverso giochi di corrispondenze tra i personaggi e la struttura formale. Storia nella storia. Metaletterarietà – Follia – Prosa- massime – e poesia.
“Così, per non essere responsabili,/ ci convinciamo che il male scenda dall’alto,/ dovuto forse ad una volontà oscura…/ d’improvviso lo schifo diventa un’imposizione/ data dal potere e dall’economia. E l’equazione muta: ciò che c’è è ciò che il padrone vuole”. Sulla Società civile. Pagina centoquarantuno.
Nel 2008 le Edizioni di Latta pubblicano il libro. Alcune copie vengono distribuite nelle librerie. Qualche tempo dopo, la casa editrice fallisce. E gli Altri Occhi si chiudono ai lettori, per ritornare all’intimità della pagina, alla sua tutela muta. Salvo se si ha, come me, la fortuna d’incontrare proprio l’autore che ha certamente ancora qualche copia da regalare. Una di queste arriva proprio fra le mie mani. Ed ecco quegli occhi ri-schiudersi mentre li leggo (e leggermi mentre li guardo (?) — ma questa è un’altra storia.
Ho ritenuto necessario – e non opportuno, si badi bene- scovargli “altre” parole per dire questi occhi. Unicamente per dirli a voi che, per ora, non potete leggerlo. Alcune domande scritte – trasposte poi a voce- una linea telefonica ostinata – contraria all’oralità. La decisione di chiedere e rispondere per iscritto. Qui di seguito, le sue risposte.
Flora Botta : Cosa ti ha guidato nella scelta del nome del protagonista? Forse la sua « diversità »?
Matteo Innocenti : Sì, il nome gioca con l’alterità, essendo appunto in riferimento alla scoperta della propria diversità. La diversità però non la intendo come caratteristica esclusiva del protagonista. Ogni uomo è differente dall’altro per natura, si tratta di scegliere quanta importanza dare alla propria unicità. Altro la scopre con sorpresa, e poi la realizza attraverso il paradosso della violenza.
F. B.: Quindi non ne è consapevole fin dall’inizio..
Matteo Innocenti : No, oppure cerca di non considerarla. L’abitudine alla società è come un’anestesia. La condizione per stare con gli altri è l’omologazione, nella società di Altro. Ecco perché per liberarsi deve compiere un gesto estremo.
F. B. : Mi pare che la critica nei confronti della società sia ampiamente registrata lungo tutto il romanzo. Ma partiamo dalla sua analisi dei meccanismi che regolano il mondo editoriale italiano…
Matteo Innocenti : Mi sembra che un aspetto della comunicazione sia rilevante: il suo eccesso, la sua sovrabbondanza, non portano necessariamente né a dire le cose giuste, né a dire le cose meglio. Certi meccanismi di pubblicazione a pagamento, funzionano grazie alla vanità, priva di autocritica, di chi scrive. Noi siamo ossessionati dall’espressione: comunicare subito tutto quello che ci passa per la testa. Forse sarebbe il caso di ammettere che sono più numerosi quelli disposti a scrivere che non quelli disposti a leggere.
F. B. : Perché secondo te?
Matteo Innocenti : Logica dell’apparenza, una delle note fondamentali della cultura contemporanea. Si trova il tempo per mostrarsi, più difficilmente quello per riflettere. Non è un discorso morale: io credo che la scrittura debba cercare di essere l’oblio di sé stessi, e non la cronaca mondana del proprio quotidiano.
F. B. : A me non sembra essere però il caso di “Altro”… Non si tratta piuttosto di indifferenza e incapacità valutativa da parte degli editori nei confronti di ciò che meriterebbe, al contrario, una certa attenzione?
Matteo Innocenti : Normalmente non si può sperare di trovare negli editori una volontà di riflessione maggiore rispetto alla media. Ci sono delle eccezioni, ma mi pare un dato di fatto che per una persona senza mezzi e conoscenze opportune, sia quasi impossibile trovare l’attenzione giusta.
F. B. : Cosa intendi per conoscenze opportune?
Matteo Innocenti : È un meccanismo complesso: mille manoscritti, le esigenze del mercato, il disimpegno del pubblico…Intendo dire che ancora, nelle nostre democrazie « mature », l’arte resta più accessibile – almeno a breve raggio – per chi dispone di mezzi economici e per chi ha contatti diretti con il mondo intellettuale (due condizioni che si trovano quasi sempre insieme).
F. B. : Non credi però che oggi i libri non sono più quello che erano una volta…ma siano diventati dei meri prodotti di mercato?
Matteo Innocenti : Penso che il mercato abbia da sempre un ruolo forte nella cultura, e il rapporto funziona se si mantiene un equilibrio. Ora siamo evidentemente sbilanciati verso le vendite, ma esiste un giudice, un critico vincente su tutto. È il tempo. Spesso mi sembra che gli uomini siano miopi verso il presente, ma più acuti verso il passato. Me compreso.
F. B. : Restare ‘se stessi’ non è forse l’unico tentativo di “Altro” per cercare di sottrarsi alla crescente omologazione cui l’individuo contemporaneo è soggetto? Se si, puoi spiegare cosa significa restare ‘se stessi’ nell’epoca del consumismo?
Matteo Innocenti : Ogni persona ha una componente – si chiami carattere, inclinazione, talento non ha importanza- che è unica. A gradi diversi tutti ne hanno coscienza. Restare se stessi può significare proprio l’approfondimento di questa componente. È un discorso che per me vale in ogni tempo e in ogni tipo di società: certo che il consumismo, in modo simile alla dittatura, rende critica la questione. Bisogna resistere, da soli o con pochi altri, al movimento generale che tende ad annullare le vere differenze. Il motivo della difficoltà a realizzarsi è chiaro, nessun potere può ammettere la possibilità di maggioranze coscienti e in grado di gestirsi. Sarebbe la fine del potere stesso. Così come la realizzazione delle democrazia originale sarebbe la fine della democrazia come la intendiamo oggi. Altro uccide, e l’omicidio, con la conseguente follia, sono il corrispettivo della difficoltà di liberarsi (anche se non ci si libera mai, davvero).
F. B. : Quindi « uccidere » per “Altro” è l’unico modo per vivere ed esistere nella società odierna. Non ti sembra un paradosso?
Matteo Innocenti : Lo è in questo senso: l’omicidio è il parossismo della dinamica dell’omologazione. Non esiste un modo più definitivo di rendere uguali a sé una persona, se non annientandola. Altro uccide nello stesso modo in cui la società lo uccide quotidianamente. Quindi in quel momento la mimesi, l’identificazione con la società avviene al massimo. Gli serviranno poi la follia e la poesia, quali strumenti di purificazione ed « elevazione », per tornare a vivere.
F. B.: “Altro” afferma di aver ucciso una ragazza perché intuisce nella sua esistenza antecedente al fatto, una mancanza di vita. Lui la considera già morta dunque. A questo proposito mi viene in mente un verso di Bukowski, il quale scriveva » non puoi sconfiggere la MORTE, ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta… »
Matteo Innocenti : Si potrebbe dire che Altro sconfigge un certo tipo di morte, quella per cui si vive come automi, dentro percorsi uguali per i più. Il delitto della ragazza, aldilà della violenza, è come un rito d’iniziazione ad una nuova esistenza. È un simbolo, prima che un atto compiuto davvero.
F. B. : Cosa rappresenta l’OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) nel quale “Altro” viene rinchiuso?
Matteo Innocenti : È l’unico luogo, in quel momento, in cui possa riflettere e scrivere. Quindi è un elemento mentale ed esterno insieme. Ed è in effetti simbolico se pensiamo che la libertà di comportarsi ed esprimersi, Altro la ottiene in un « manicomio » criminale.
F. B. : “Altro” in un dialogo con il suo psicanalista cita Raskol’nikov, protagonista di Delitto e Castigo. Pensi che come lui, “Altro”, appartenga alla categoria “straordinaria” in cui sarebbe divisa l’umanità?
Matteo Innocenti : Credo che nel mondo, quasi sempre nascosti, ci siano degli uomini « straordinari » – intendendoli non come esseri a cui tutto è permesso, ma come esseri di coscienza, appunto, fuori dall’ordinario. Altro non ne fa parte, ma tutta la sua vicenda non è che un’ammissione della possibilità, in futuro anche per lui, di tale condizione. La vicenda che Altro vive è la preparazione alla ricerca.
Flora Botta
Autres Yeux
Altri occhi, sguardi diversi
come nuove
possibilità di vedere il reale,
cioè di trovare immagini
poetiche
nei residui svuotati
della società e del suo
consumo.
Autres yeux
come tentativo perenne
adirezionale
di riuscire infine a stupirsi,
e così amare una qualsiasi cosa.
Oggi ho viaggiato, domani non so…
(Matteo Innocenti)