Viano, Giorello, Strata ed altri intellettuali italiani intervengono sulla polemica scatenata Oltralpe dal filosofo Onfray. Dopo la reazione dello psichiatra Fagioli, ecco altre posizioni, mentre i « cultori freudiani » Galimberti e Scalfari tacciono. Ha ancora senso parlare di Freud, Marx, Proudhon o è proprio questo un segno che in questo inizio millennio manca un « pensiero nuovo »?
“Non bisogna rimettere in circolazione i nonni, ma separarci da essi: se si vuol fare la storia della filosofia, la si faccia pure, ma non per creare dal passato nuovi idoli con personaggi che hanno abbondantemente fatto il loro tempo, siano essi Freud o Marx o Proudhon”. Carlo Augusto Viano, professore emerito di Storia della Filosofia all’Università di Torino, si mostra quasi infastidito dall’esplosizione mediatica di polemiche “tutte interne alla Francia : affari di famiglia”, sul libro del filosofo Michel Onfray ‘Le crépuscule d’une idole. L’affabulation freudienne’.
E’ sulla stessa lunghezza un altro filosofo, Giulio Giorello, ordinario di Filosofia della Scienza all’Università degli Studi di Milano. “Sono d’accordo con Viano: meglio lasciar stare i nonni. Questa disputa d’Oltralpe mi pare un regolamento di conti interno alla cultura francese. Debbo dire che a me Freud non è stato mai simpatico e non ho mai amato la psicoanalisi”.
Su Freud “cadavere dal 1939”, come ha osservato lo psichiatra dell’Analisi Collettiva Massimo Fagioli, di cui sabato verrà presentato al Salone Internazione del Libro di Torino in veste grafica rinnovata e con un’appendice nuova (“la violenza invisibile”) la tredicesima edizione di ‘Istinto di Morte e Conoscenza’ del 1970, che ha svelato la truffa freudiana, si è prodotta una polemica, “buona solo per i salotti parigini”, aggiunge Giorello.
La psicoanalisi? “Non è una scienza ma un insieme di dogmi non sperimentabili e verificabili : ha prodotto un sacco di danni”, afferma deciso il neurofisiologo Pier Giorgio Strata per il quale invece “la psicoterapia è una cosa seria”.
C’è un dato da non sottovalutare: la reazione irritata che il libro di Onfray ha determinato in una ‘sinistra comunista freudiana’ espressa nelle parole (“ma quante sciocchezze scrive il ‘filosofo’ Onfray […] si potrebbe parlare di un vero e proprio Malleus maleficarum contro la psicoanalisi, di caccia alle streghe”) di Bruno Gravagnuolo, storico caporedattore della Cultura de ‘l’Unita’’ e dello psichiatra Luigi Cancrini, vicino al Pdci di Diliberto, che rivendica sullo stesso quotidiano un Freud “progressista” che “aveva capito e scritto sull’uomo e sul funzionamento della mente umana”, dando ad Onfray del “dissacratore”.
Stranamente tacciono ‘i cultori’ di Freud e Basaglia, come il ‘filosofo’ Umberto Galimberti e lo stesso Eugenio Scalfari. Perché questo silenzio, dopo essersi spesi in lungo e il largo per elogiare il ‘verbo freudiano’? “Ci siamo liberati del fantasma di Freud, poi di Marx: ora vogliamo ritornare ad un altro fantasma quello di Proudhon, o del socialismo utopistico come sostiene Onfray? La sinistra deve smetterla con queste contorsioni e capire quel che succede oggi, misurarsi coi problemi dell’oggi: se vuole riscoprire la storia va benissimo ma non per vestirsi con gli abiti della prima comunione”, osserva Viano.
Anche il rifiorire in Italia di iniziative sul ‘giellismo e l’azionismo’ lo convincono poco. “L’esperienza di Giustizia e Libertà e del Partito d’Azione è stata indubbiamente un’esperienza significativa ed importante – avverte lo storico della filosofia – ma non credo che serva per studiare e capire l’oggi: la crisi della sinistra, che sta nel non capire quel che succede davanti ai suoi occhi, richiede ben altro, ossia cimentarsi con il nuovo di oggi ma con facce nuove e credibili. E non tanto con programmi che sono puri strumenti di propaganda ma facendo nel concreto, in una parola mostrando quel che sa fare! I nonni lasciamoli in pace”.
E a proposito di nonni, ecco quel che ebbe a dire nel 2000 la nipote di Freud, Sophie, di professione psicologa. “Lasciate dormire in pace mio nonno, sono passati più di cento anni e ne continuate a parlare come se in questo secolo non fosse successo nulla. Eppure c’è stata una rivoluzione e non la vedete: le neuroscienze, le biotecnologie hanno messo in discussione gran parte del sapere medico-scientifico: non è l’opera di mio nonno l’oggetto delle discussioni ma sono le discussioni stesse che dovrebbero essere indagate, analizzate, messe sul lettino”.
E, non a caso, sia il filosofo Giorello che il neurofiosiologo Strata richiamano l’attenzione sugli studi portati avanti dal Premio Nobel, Eric Kandel per aver scoperto che il nostro apprendimento avviene non già modificando i neuroni, bensi’ rinforzando le sinapsi – ovvero le connessioni fra i neuroni – oppure costruendone di nuove. La scoperta rivoluzionaria di Kandel è andata oltre, arrivando a chiarire i più intricati meccanismi di questo ‘processo vitale’ che indica la plasticità del nostro cervello, ossia le enormi possibilità di connessioni, attraverso stimoli, tra sinapsi. “Questa è la frontiera del futuro”, conclude Strata.
Carlo Patrignani