La “salita in politica” di Monti, tra inganno ed illusione

Il Presidente del Consiglio del Governo Italiano, professor Mario Monti, ha finalmente chiarito, durante la conferenza stampa tenuta al Senato il 28/12/2012, la sua posizione per le prossime elezioni politiche italiane. Ha precisato che non si candiderà, essendo già senatore a vita; tuttavia ha dichiarato di aver “ … avuto un consenso ampio e credibile dai centristi. Ciò mi induce a dare il mio incoraggiamento a queste forze in vista delle imminenti elezioni politiche”. Non si tratterà di un incoraggiamento disinteressato, difatti, ha precisato, “Immagino di essere designato come capo della coalizione”. Tale designazione, e la fiducia nei suoi esiti, sembra collegata al fatto di aver “fatto lavorare insieme forze che non lo avevano mai fatto in passato”, ed al proposito di “prolungare nel tempo, intensificare nel passo ed estendere negli obiettivi quella modalità di governo che ha consentito nell’ultimo anno di affrontare l’emergenza finanziaria”.

Orgoglio ed autostima sono ingredienti necessari a perseguire i propri obiettivi, ed il professor Monti può legittimamente sentirsi orgoglioso di aver contribuito significativamente sia alla situazione finanziaria dello Stato Italiano che alla credibilità del suo Governo. Egli è inoltre dotato sicuramente dell’autostima necessaria a mantenere impegni e perseguire obiettivi gravosi. Tuttavia tali qualità possono diventare difetti, quando impediscono di decodificare correttamente le circostanze che contribuiscono a determinare sia i successi che gli insuccessi.

Nello specifico, il Professor Monti fu chiamato dal Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, a presiedere un “Governo tecnico” che avesse la funzione di correggere una tendenza finanziaria ed un’immagine del Governo Italiano che preoccupava ed imbarazzava sia gli analisti finanziari che i Capi di Governo esteri. Napolitano curò con dovizia questa operazione. Difatti, scelse una persona di comprovata fede liberista, che rispecchiasse l’orientamento politico della maggioranza di Centro Destra presente nel Parlamento Italiano, a cui dette il titolo di Senatore a vita, prima di conferirgli il mandato. In tal modo rispettò la volontà politica dell’elettorato italiano, così come si espresse nelle ultime votazioni, e dette all’incarico la solennità di “Governo di Emergenza”, che la situazione richiedeva. Tal genere di paternità istituzionale consentì di costruire una maggioranza ampia, che comprendesse anche ampi settori dell’opposizione, e che fu in grado di sostenere scelte difficili, che nessun altro governo aveva osato prendere a causa della loro impopolarità ed iniquità (slittamento dell’età pensionabile, tagli alle pensioni, alla Scuola ed al Welfare). Il clima di solennità istituzionale, garantito dal Capo dello Stato, e di emergenza, determinato dalla situazione finanziaria dello Stato, consentì anche ai partiti di restituire, ai cittadini, il significato delle decisioni governative, contenendo proteste e tensioni, e mantenendo la coesione sociale in un periodo eccezionalmente difficile. Adesso che il Professor Monti s’è schierato apertamente contro le maggiori forze politiche che lo hanno sostenuto (PDL e PD), pensare che tale clima possa essere ricreato è illusorio: quando ci sono più contendenti in una competizione elettorale, questa produrrà responsabilità governative e di opposizione, inevitabilmente. Salvo ulteriori governi di emergenza, che non è detto debbano essere retti da Monti, ora che è “salito” in politica.

Non è stato facile, per i partiti che sostenevano il Governo Monti, gestire la coesione sociale della popolazione italiana. Infatti, la tecnica non è mai neutra: quando opera, lo fa per raggiungere determinati obiettivi che rispondono a ben definite visioni del mondo, che possono essere più o meno condivise dalle persone a vario modo interessate dal raggiungimento di tali obiettivi. Per questo, anche le decisioni prese da un “Governo Tecnico” hanno un costo politico e, quindi, elettorale.

Berlusconi ha compreso bene il prezzo che avrebbe pagato, quindi ha pensato di scaricare su Monti le responsabilità di scelte impopolari che un qualsiasi governo liberista (quindi anche i governi presieduti da lui) avrebbe dovuto fare. In tal modo contava di rinsaldare l’alleanza con la Lega Nord, che s’era rifiutata di sostenere Monti. La strategia non ha funzionato, perché la base elettorale della Lega Nord non accetterebbe una rinnovata alleanza con Berlusconi. Quindi il Cavaliere, sulla base dei sondaggi che registravano una certa popolarità del Capo del Governo, ha offerto la leadership del Centro Destra al Professor Monti, che non ha ceduto alla lusinga. Successivamente s’è scatenato in una accesa campagna elettorale, che vede sé stesso vittima di una congiura, ordita sia da comunisti che da capitalisti. E’ impossibile esprimere un giudizio conclusivo sulle posizioni politiche del Cavaliere, visti i suoi continui cambiamenti di rotta: assume posizioni sulla base delle aspettative dei suoi interlocutori, quindi le cambia come cambiano queste ultime, confidando sulla scarsa capacità degli interlocutori di tenere a memoria il significato dei vari cambiamenti di rotta, e riflettere sulla contraddittorietà, incoerenza ed inconcludenza delle sue affermazioni. Il problema, quindi, non è tanto del Cavaliere, quanto dei cittadini che lo hanno votato, e che probabilmente continueranno a farlo. Tuttavia, allo stato delle cose, e fatte salve ulteriori giravolte, Berlusconi s’è scatenato contro il Governo Monti, nonostante il suo sia stato il maggiore partito che tale governo abbia sostenuto, proprio per il carattere liberista delle sue politiche.

Le cose stanno diversamente, considerando le altre forze politiche che hanno sostenuto il Governo Monti.

il PD è sempre stato consapevole delle differenze esistenti tra la così detta “Agenda Monti” ed il proprio programma, tuttavia è stato il sostenitore più leale delle scelte fatte dal “Governo dei Tecnici”, anche pagando un duro prezzo in termini di relazioni ed incomprensioni con il proprio elettorato. Infatti, ha sostenuto Monti, piuttosto che andare subito alle elezioni (e vincerle facilmente) dopo le dimissioni di Berlusconi, in virtù della situazione di emergenza che interessava il paese. Adesso, stando ai sondaggi, Bersani, candidato per il Centro Sinistra del PD, si ritroverà proprio Monti come maggiore rivale.

I maggiori sostenitori della candidatura di Monti, i “Centristi” (UDC, FLI, spezzoni del PDL e gerarchie ecclesiastiche) furono anche i maggiori sostenitori di Berlusconi, che è diventato, ora, il loro principale avversario. Negli ultimi tempi il leader dell’UDC, Casini, ha ripetutamente sottolineato che il suo è stato l’unico partito ad essere stato all’opposizione sia del Centro Destra che del Centro Sinistra, prima che il FLI fuoriuscisse dal Centro Destra. Ha tuttavia accuratamente omesso, in tali dichiarazioni, di essere anche al governo, in città, province e regioni, sia col Centro Destra che col Centro Sinistra. Non è facile, quindi, escludere la possibilità che tale sostegno politico a Monti sia frutto di trasformismo. In ogni caso, le giunte governate da alleanze, di Centro Destra o Centro Sinistra, che comprendono l’UDC e gli altri “Centristi”, dovrebbero sentirsi quantomeno imbarazzate, durante la campagna elettorale per le prossime politiche. Presentare la così detta “Agenda Monti” come un programma politico in grado di costruire ampi consensi sarebbe, quindi, un inganno: durante la campagna elettorale i contendenti in lizza dovrebbero opporsi l’uno all’altro, piuttosto che stare insieme come non “ … avevano mai fatto in passato” (il condizionale, tuttavia, è d’obbligo: difatti, i politici italiani sono dotati di grande fantasia, e sembra possano giustificare davvero tutto).

Potrebbe anche accadere, tuttavia, che i cittadini riconoscano tali paradossi e sviluppino un cambiamento di paradigma che i politici non riescono a realizzare, pervenendo ad un rinnovamento culturale che possa rappresentare una vera svolta per la politica, e per la società, italiana: chiedendo loro chiarezza di propositi e coerenza di comportamenti, onestà e rigore morale, lungimiranza e passione, responsabilità e capacità di coinvolgimento.

Lino Scarnera

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Lino Scarnera
Pasquale (Lino) Scarnera è uno Psicologo Clinico/Psicoterapeuta con esperienza trentennale nel settore della riabilitazione psichiatrica. Ha pubblicato lavori sul burn-out, sulla psicoanalisi di alcuni Miti e Riti dell'Antica Grecia, e sull'innovazione dei Servizi Sociali e Sanitari. Interviene nel dibattito politico quando proprio non ne può fare a meno.

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