La cantante Pilar, molto legata alla Francia, è un’interprete della musica italiana unica, vincitrice di premi importanti eppure non abbastanza conosciuta in Italia. Al suo secondo disco “Sartoria italiana fuori catalogo” ha portato la sua creatività vocale a dei traguardi molto particolari, tutti da scoprire. L’abbiamo intervistata durante il suo tour francese.
Pietro Bizzini: Hai una voce eccezionale, quando ti sei accorta d’averla? La prima volta che ti sei stupita nell’ascoltarla.
Pilar: Ti ringrazio…in realtà non c’è stato un momento specifico di “stupore”, è la Musica stessa che mi ha stupito fin da piccolissima. Scoprire di vivere il mio tempo di fare musica come un viaggio dentro e fuori di me è stata una consapevolezza arrivata in adolescenza.
P.B.: Il tuo approccio alla canzone d’autore ha una radice ben profonda nella canzone popolare italiana ma nell’ultimo album “Sartoria italiana fuori catalogo” sembra aprirsi ad una dimensione più mediterranea, non solo per le canzoni in francese e spagnolo, ma c’è un tuo approccio vocale in alcune canzoni che ricorda la musica yiddish? E’ una scelta conscia o inconscia?
Pilar: Inserire nell’album il francese e lo spagnolo è stata un decisione conscia ma non c’è nulla di forzato in questa scelta…è stato solo mettere per “iscritto” quello che già da sempre succede nella scaletta dei miei live. Per quello che riguarda l’approccio vocale devo dire che anche se ho sempre ascoltato moltissima musica attinente a quella che potrebbe definirsi world music d’autore, in realtà l’istinto a un certo tipo di fraseggio e colore è arrivato molto prima di ascolti decisivi, e credo sia quindi molto inconscio.
P.B.: Quanto la terra siciliana è entrata in “Sartoria italiana fuori catalogo”?
Pilar: C’è moltissima Sicilia e moltissimo Sud nel disco: dallo studio di registrazione a tutti i musicisti, compresa la direzione musicale. Anche Bungaro del resto è pugliese (come anche io lo sono in parte). La Sicilia accoglie tutto il mio “barocco”, fa sentire compresa e a casa ogni mia parte, non è solo un pensiero felice quando è inverno ma davvero una patria dove tornare. C’è chi ha il mal d’Africa, io ho la “sicilianitudine”.
P.B.: La canzone “Meduse” con il video di te in primo piano è come un documento d’identità, sai essere estremamente marcata e, insieme, leggera, introspettiva. Chi detta il confine fra queste tue due anime artistiche e umane?
Pilar: E’ difficile trovare l’orizzonte e l’equilibrio tra terra e aria, a dettarlo è in genere un terzo occhio registico esterno, l’ultima decisione è mia ma il lavoro che si fa è sempre di squadra. Mi diverte riuscire a trovare il giusto peso e impasto per uno spettacolo, molto più arduo è farlo in 4 minuti di canzone. Meduse è un piccolo miracolo ma del resto il nostro lavoro è ricerca, trovare la giusta misura è sempre frutto di continui ritocchi e cambi di passo, come in un rapporto amoroso.
P.B.: Il video “Cherchez la Femme”, molto bello, può essere interpretato come un “Wating for Godot” dell’amore o è più legato al titolo del tuo disco “Sartoria italiana fuori catalogo”?
Pilar: Nel video sono una sposa che è effettivamente fuori catalogo, come il disco. L’amore del video può essere quello aspettato, fuggito, immaginato. Il senso di quella sposa – con un trucco-mascherina sugli occhi, bianco come di chi vede per la prima volta – è di qualcuno che va a sposare la propria natura, non quella altrui, non quella che gli si vorrebbe accreditare.
B.P.: La ghost track in tedesco sembra una ninna nanna, come è nata l’idea d’inserirla? Perché come canzone nascosta?
Pilar: Nur wer die Sehnsucht kennt (tradotto: “Solo chi conosce la nostalgia”) è in realtà un lied di Tchaikovsky su testo di Goethe. Ho studiato e cantato a lungo la Musica da Camera, molto del repertorio vocale è affiancabile a quello che noi chiamiamo canzone d’autore, anche se armonia e strumentazione sono differenti. Questo testo è estratto da una delle opere più famose del Romantismo, il Wilhelm Meister di Goethe. Nel romanzo a cantare questa lirica è il personaggio di Mignon, punto di riferimento di moltissima letteratura e composizione cameristica. Alla fine del libro si evince che questo personaggio viene dalla “terra dei limoni”, e quindi dalla Sicilia…Mignon incarna poesia, inquietudine, sensualità. Metterla come traccia nascosta ha reso giustizia al suo mistero.
P.B.: Grande spazio alla poesia che non svilisce una ricerca musicale sempre ben confezionata, ma talvolta quasi la travalica, vai contro il target della musica commerciale esprimendo te stessa, quanto è difficile e quanto ti hanno aiutato le tue esperienze teatrali?
Pilar: Non c’è davvero nulla contro, canto semplicemente quello che sento. Su cosa sia commerciale e cosa no poi bisognerebbe scriverci dei libri. Una regola non c’è, le variabili sono infinite e cambiano anche a seconda del paese. Il teatro per me ha dato senso a un altro istinto interpretativo totalizzante che ha spesso bisogno di personaggi, di storie, di parole, del corpo che si muove. In fondo non è molto dissimile dalla musica.
P.B.: Tanti premi importanti e poca visibilità, cos’è che manca? Cos’è che non trovano nella tua musica? Cos’è che non trovi qui in Italia e cosa hai trovato in Francia, paese a cui sei molto legata?
Pilar: Il mio è un punto di vista troppo soggettivo e qualsiasi risposta sintetica e netta non corrisponderebbe alla verità che è molto più complessa e in movimento: da 7/8 anni le regole dello show-business sono saltate. Rispetto all’Italia la Francia è più ricettiva e elastica, più educata alla cultura e al fatto che questa produca un’economia reale, esiste un’offerta varia e di alto livello. A Parigi sono da lungo tempo insediate tradizioni musicali e musicisti con mondi che riconosco come miei (la canzone d’autore, il tango, il jazz, la musica brasiliana…). Non so cosa troverò, ma in futuro vorrei avere un passaporto francosiculoromano…che ne dice, me lo rilasciano…?
P.B.: L’impegno sociale e la tua musica, quanto riesci a dare e quanto vorresti?
Pilar: Inutile è l’interprete che si fa portavoce del sentire della gente senza avere la necessità di farsi carico di un impegno, anche semplicemente emotivo, senza avere sete di conoscere le storie degli altri. Cerco di dare e impegnarmi solo quando so di poter essere davvero utile a portare dei risultati. Ma è sempre bene scegliere con cura gli obiettivi, senza che questi rischino di diventare strumentalizzati o di parte.
P.B.: E’ molto rara la tua capacità di migliorare live le canzoni del disco, quanto esercizio ti costa e quanto è istinto?
Pilar: L’esercizio difficile per me è il contrario: dare alle canzoni che incido la stessa forza di quando sono eseguite in concerto.
P.B.: “Sartoria italiana fuori catalogo” è un disco che ha già un anno, stai già scrivendone uno nuovo o i tempi non sono ancora maturi?
Pilar: Ho davanti un periodo di misurazioni di distanze, nutrimenti, scelta di direzione. Le parole arriveranno. Stanno già iniziando a bussare alla porta.
Intervista di Pietro Bizzini
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