Non volevo, non voglio entrare “pubblicamente” nel dibattito sulle elezioni italiane – ne ho discusso, anche troppo, “privatamente”, con amici e meno amici, per iscritto, attraverso lunghe lettere, ora ragionate, ora convulse, e in me prevale il bisogno di non aggiungere altre parole a questa esplosione di commenti, analisi, suggerimenti, dibattiti televisivi in cui tutti parlano sopra tutti: tacere “pubblicamente”, in questi ultimi frenetici tempi, è per me quasi una scelta politica – e forse anche, più semplicemente, esprime il desiderio di pensare ad altro, distrarsi. Aria.
Ma un passaggio dell’articolo di Raffaele Bussi (La tragicomica classe politica italiana) mi fa sobbalzare, e mi impone, per cosi’ dire, una domanda “pubblica”, che vorrei rivolgere all’autore, ovviamente, e al di là di lui a tutti i lettori del sito.
Il passaggio che mi ha fatto sobbalzare comincia con “il nostro sfortunato Paese, vittima incolpevole delle furberie, nel migliore dei casi, di una classe politica” etc.
La domanda è questa: vent’anni di fascismo + quaranta di Democrazia Cristiana + venti di Berlusconismo (per altro ancora in ottima salute, a dispetto di chi lo voleva finito), che è riuscito nel miracolo di farci rimpiangere la Democrazia Cristiana, non inducono almeno il sospetto che lo “sfortunato” popolo che li ha fatti nascere, e poi ampiamente nutriti, non sia poi del tutto “incolpevole”? O anche (è lo stesso, o quasi): come spiegare l’irresistibile attrazione che questo “sfortunato Paese” manifesta da almeno un secolo per imbonitori autoritari, possibilmente urlanti e sempre fosforescentemente volgari, che ora mietono il grano, ora fanno le corna e raccontano barzellette su donne e omosessuali, ora traversano a nuoto lo stretto di Messina?
Mi verrebbe da dire – è la mia pista di risposta – che prima e oltre che nella classe politica (una casta che certo ha indecentemente occupato per decenni il parlamento, ma non tutti, e non tutti nello stesso modo: si può dire?) è alla società che l’ha votata e spinta e/o lasciata al potere, e di cui è espressione, che bisognerebbe guardare; e che la strada per uscire dal buio non può stare, o non solo, nel metter volti “nuovi” e “giovani” nel parlamento.
È dentro la società, prima che nel parlamento, che bisogna cercare le origini, la ragion d’essere dei problemi, a cominciare da quel familismo che da secoli soffoca il senso civico, o lo rende comunque un elemento drammaticamente minoritario nella vita del Paese. Chiunque, tanto per fare un esempio, sia passato più o meno vittoriosamente attraverso concorsi pubblici, per l’Università, la scuola o altro, sa sulla sua pelle, come lo sanno i tanti italiani che per questo motivo hanno dovuto o voluto espatriare, che “le furberie”, fatte di corruzione, clientelismo e affini, non stanno di casa solo nel Parlamento, ma pervadono come una malattia l’intera vita pubblica del paese.
Ed è dentro la società, a partire dalla sua storia, nel profondo, non nella superfice esaltata delle urla e dei “vaffanculo”, che potrà maturare la via d’uscita, il riaffermarsi della tradizione europea, civile, progressista, democratica, semplicemente “perbene”, di uomini e donne come Gobetti, Gramsci, Bobbio, Ginzburg, Rossanda (dico a caso i primi nomi che mi vengono in mente, fra quelli cari, che son molti) – perché quell’Italia esiste, anche se da molto tempo schiacciata in stato di cronica sconfitta.
Non vedo primavere nei proclami di Grillo, anche se molti dei temi che agita sono più che condivisibili — ma molti altri sono terribilmente inquietanti, più che inquietanti, ed inquietante come dicevo è lo stile: e non è poco. Non vedo primavere nel patto impossibile Grillo-Bersani e mi lascia quanto meno disorientato l’appello di tanti intellettuali stimati, amici, in quel senso – così, mi lasciano disorientati gli amici, non molti in verità, che hanno votato Grillo, e ancor di più quelli, molto numerosi (ma non tutti, non tutti!), che pur non avendolo votato dicono: però c’è un vento positivo che soffia sul paese.
Come non scordare infatti, nel migliore dei casi, che la “primavera” precedente, quella delle monetine a Craxi, anch’essa montata con simili urla di tutti a casa, sfociò poco tempo dopo nella vittoria di Berlusconi, votato proprio da molti di quelli che urlavano più forte? E come, non per pessimismo ma per senso elementare della storia, non inquietarsi all’udire certe esternazioni xenofobe (con dietro un’ambiguità di fondo per quel che concerne i diritti degli immigrati), o i proclami urlati di “guerra totale”, “destra e sinistra tutti uguali”, etc., in una visione del mondo con forti venature complottiste – il ben noto: ils ne nous disent pas tout… – per cui tutti i mali risiederebbero nella democrazia rappresentativa e quella diretta – aiuto! – sarebbe la soluzione? (Questo per non parlare del fatto, certo non anodino, che questa democrazia diretta si è retta, sino ad adesso, sulle pubbliche urla di una persona sola…) Lo dico senza nessuna pretesa, né tantomeno soddisfazione, di detenere il vero – forse da lontano, nello spazio come nel tempo, dell’Italia non capisco più un cacchio, e sono i miei amici “ottimisti” ad avere ragione: spero di cuore che sia così…
Tuttavia, da lontano, come ai tanti altri italiani che andando all’Estero sono diventati anche francesi, canadesi, americani, inglesi, argentini, la fragilità dell’Italia in quanto comunità civile, attenta cioè al bene comune, mi è ormai eclatantemente, violentemente manifesta. Del resto fa riflettere, culturalmente, al di là cioè delle considerazioni o delle simpatie più strettamente politiche, il voto degli Italiani all’Estero: il primo partito è stato il Centrosinistra, il secondo, a dieci punti di distanza, l’alleanza di Monti; Berlusconi e Grillo sono molto ma molto più indietro, praticamente ininfluenti — quasi che da cittadini delle altre democrazie europee o transoceaniche, al riparo dalla tempesta demagogico-populista che imperversa nel Bel Paese, si vedessero le cose in un modo diverso.
No, non è un problema di cattivi politici – o quantomeno, questi lo sono perché la società civile è assente, o quanto meno, sonnecchia… e sotto gorgoglia, magari spacciandosi come nuova, la vecchissima e mai doma pancia del paese, quello che Carlo Levi definiva “l’eterno fascismo italiano”.
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(Capisco comunque che le persone “perbene”, in Italia, coloro che vogliono veramente cambiare, vedano come la peste soprattutto un accordo, anche indiretto, con la Destra berlusconiana, e visto che i voti son quelli, e il partito di Grillo è quello che ne ha raccolto di più… Così, è ben possibile che molti dei deputati eletti nelle file del Movimento 5 stelle siano anch’essi persone “perbene” – almeno, spero: per adesso nessuno li conosce… –, ma basta questo a oscurare certi proclami inquietanti e a permettere di pensare che la “primavera” sia in marcia? Basta, la pur splendida elezione di Laura Boldrini alla Camera, e poi quella di Piero Grasso, con una decina di voti dei 5 stelle, per dire che l’Italia sta voltando pagina?)
Giuseppe A. Samonà
Il futuro dell’Italia: nuovo che avanza o “pancia antica”?
Una chiosa al commento di Maurizio fatta di domande. Ma qual è il metodo nuovo proposto dai 5 Stelle? E’ consentito parlare dei 5 Stelle al plurale o è un singolare declinato ingannevolmente da plurale ? esiste questa presunta democrazia diretta tramite web e meet up e chat e … che altro? Davvero si ricrea così l’agorà dell’Atene di Pericle? Possibile illudersi che lo strumento informatico variamente articolato permetta di eliminare la mediazione dei partiti e del parlamento ? Quali garanzie ci sono ? Quali segnali stanno dando i 5 Stelle? Il disprezzo, la diffidenza, la comunicazione fatta di note che sembrano le veline della Pravda, che non ammettono contraddittorio perché verrebbe da una fonte empia (l’altro è tutto uguale, tutto guasto, tutto contaminante). Già si vedono le loro contraddizioni: assenza di vincolo di mandato? riesumazione del centralismo democratico? uno parla per tutti? e la riunione del gruppo allora a cosa serve? Non ci si rende conto che la presunta democrazia diretta del web introduce nuove forme di mediazione ugualmente foriere di pericoli di manipolazione.
Con la testa penso: spero che i grillino siano utili a smuovere le acque stagnanti del quadro italiano. Vedo solo qualche segno di ravvedimento forse tardivo nel centro sinistra e niente di nuovo (ahimè) a destra.
Ma con la pancia temo che qualcosa di brutto s’innesti sul corpo malato degli italiani.
Il futuro dell’Italia: nuovo che avanza o “pancia antica”?
Caro Giuseppe/Arjuna, è troppa la stima che provo per te per riuscire, anche in questo caso, come in molti altri, altrove, a restare nel mio silenzio e osservare da lontano, con distaccata serenità, i fiumi di parole che scorrono sulle presunte capacità e sulla disonestà degli uni o degli altri politici italiani.
Provo perciò ad allontanarmi dalle mie posizioni contemplative e a calarmi nel dibattito per sottolineare, in poche parole, alcuni aspetti.
Seguo Beppe Grillo da moltissimi anni.
E’ l’unico che – nel silenzio totale dei politici, dei partiti e degli intellettuali – ha portato avanti, con grande anticipo, battaglie e denunce importanti, sottolineando i malesseri della nostra società a cui eravamo tanto abituati da non riuscire più a vederli. Parmalat e Telecom (la galassia della Borsa Italiana e la qualità dei controlli), Parlamento Pulito, Finanziamento ai partiti, Finanziamenti all’editoria, TAV, mi vengono in mente, così, alla spicciola, in ordine sparso, ora…per non parlare di tante altre piccole grandi battaglie sul territorio.
Ricordo a te e a tanti altri che hanno conosciuto Grillo solo attraverso l’immagine distorta che ne hanno dato i giornali e le televisioni (certamente in malafede), che Beppe Grillo provocatoriamente si candidò – con le regole allora vigenti – alla guida del maggior partito di sinistra e che, a dispregio delle regole interne, la sua candidatura fu dichiarata (e quello fu certo un atteggiamento ben poco democratico) inammissibile. Poi, o prima, nel silenzio della stampa, in un altro caso andò a presentare una lista programmatica al NeoPresidente Prodi (che evidentemente accettò di incontrarlo solo per fare un piacere a lui e a tanti firmatari).
Il novello capo del governo dormì beatamente di fronte a Grillo, con una disattenzione totale e vergognosa rispetto alle questioni che il comico allora pose e che oggi (ma guarda? con quanti anni di ritardo rispetto alle sue proposte?!) vengono da tutti considerate delle priorità.
A quei tempi Beppe faceva solo i suoi spettacoli. Era ormai – e ancora – un mezzo comico, è vero, ma cercava di sensibilizzare molti di coloro che lo andavano ad ascoltare su questioni di cui NESSUNO parlava.
E nessuno ne ha parlato per anni. Nessuno ha avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di chiedersi che cosa il comico imbonitore proponeva, facendolo non solo con il vaffanculo e gli spettacoli, ma anche – come nel caso di un referendum rimasto lettera morta alla faccia della democrazia, come nel caso dell’incontro con il neo Presidente del Consiglio, o come nel caso della candidatura a leader della sinistra – con mezzi tradizionali.
Solo la rete. Solo coloro che seguivano i suoi spettacoli. Solo coloro che cercavano un’informazione diversa da quella pilotata, interessata e collusa, ne parlavano.
Smisi di leggere La Repubblica, credo, un po’ anche per questo… Trovai inaccettabile il silenzio di un giornale così importante rispetto a temi e problematiche di cui leggevo solo nel Blog.
Insomma, sarà vero che Grillo ha un modo di porsi che….per lo più, vabbè, non ne parliamo… ma non ti sembra molto più grave di questo suo modo di porsi il silenzio o, peggio, gli insulti che la stampa, le televisioni, molti intellettuali hanno riservato al comico, allo (come lo hai definito tu)imbonitore?
Caro Giuseppe Arjuna… sono troppo abituato all’osservazione dei contenuti per perdermi di fronte ai troppo facili giudizi sull’uno o sull’altro che, guarda caso, prescindono quasi sempre da un esame sereno ed oggettivo dei fatti.
I fatti sono che la sinistra è da un ventennio inesistente, che la burocrazia interna e i giochi di partito e di potere hanno lasciato un vuoto enorme nell’opposizione e – peggio mi sento – questi stessi meccanismi hanno portato per qualche breve tempo a governi di sinistra incapaci di portare avanti quelle poche fondamentali norme che ci avrebbero permesso di non vivere, almeno, lo scempio berlusconiano.
I fatti sono che il comico imbonitore (e non mi interessa cosa dimostrerà di essere domani, mi interessano le battaglie che è stato capace di portare avanti fino ad ora, che sono ben più importanti di lui) sembra essere l’unica voce autentica e coerente nell’Italia degli ultimi 10 e più anni.
I fatti sono che Grillo ha dimostrato che si può finalmente invertire il rapporto tra politici e popolo e che può avviarsi (senza finanziamenti pubblici, senza intrallazzi e senza promesse di lauti affari e grandi guadagni) un processo che permetta finalmente di mettere i primi al servizio del secondo e non viceversa (e peraltro, di azzerare privilegi e soprusi). Poi, come disse qualcuno quando Parma votò il Sindaco grillino, « non possiamo sapere se i nuovi eletti saranno davvero più bravi e più onesti » perché questo appartiene (e ne dipende) alla nostra fragile umanità, ma almeno abbiamo dimostrato che si possono eliminare le condizioni alla base di una inevitabile disonestà, materiale e intellettuale.
Di fronte a questo accanimento nei confronti del cd populismo, dello ‘stile’, dei ‘vaffanculo’ di B.Grillo ed al silenzio di anni rispetto alla serietà delle sue battaglie, mi chiedo come sia possibile che gli attaccamenti (so di parlare a un estimatore del Vedanta) possano accecarci al punto da cercare di distruggere l’immagine di coloro che effettivamente appaiono come i portatori del ‘nuovo’, per difendere invece strenuamente, quasi fino alla morte, i sistemi e gli apparati – come quello del PD e della sua classe dirigente – che hanno dato più e più volte evidenza di limiti, incapacità, disonestà, desiderio di potere…
Ebbene, se un giorno Grillo si dimostrerà davvero un fascista e cercherà di stravolgere la democrazia, sarò il primo a scendere in piazza. E come me, sono sicuro, quasi tutti coloro che lo hanno votato. Ma oggi – a me – lui sembra molto più sano e democratico di coloro che in nome della stessa democrazia ne hanno ripetutamente violentato i principi.
Con grande affetto,
K.Maurizio
Il futuro dell’Italia: nuovo che avanza o “pancia antica”?
sono stra-d’accordo con Maurizio, grazie di aver scritto quello che avevo già chiaro in mente.
Aggiungerei che preferisco il nuovo che avanza al vecchio che ci fa indietreggiare. Se poi dovesse andare male, ci abbiamo provato almeno, ma non dovró spiegare ai miei figli perché ho preferito tacere invece di gridare che mi ero rotto il cazzo!
La pancia è ancora antica. Il giudizio sul nuovo che avanza richiede tempo. Di Raffaele Bussi.
Colloquiando con Giuseppe A. Samonà
La pancia è ancora antica. Il giudizio sul nuovo che avanza richiede tempo
Caro Giuseppe,
ho letto con attenzione la tua riflessione sull’attuale momento politico che il Paese sta attraversando. Una riflessione attenta e puntigliosa, non una domanda che attende una risposta, ma più domande che meritano una riflessione altrettanto puntigliosa da parte mia, cercando di ripercorre la storia repubblicana di quello che definisco ancora il Belpaese, a dispetto di una classe politica che, salvando il buon nome dei suoi padri nobili, in decenni di esercizio del potere, più che pensare al ruolo da svolgere per il quale era stata chiamata dall’elettorato, si è barcamenata in altre faccende, nel migliore dei casi per un voto di scambio, nel peggiore per l’illecito arricchimento personale.
Le cronache sono piene, come ben sai, di episodi che hanno avuto ed hanno come sfondo le patrie galere. I nomi dei padri nobili della Repubblica ? Sono tanti a partire da quello che è stato il primo presidente della Repubblica Enrico de Nicola, a seguire Luigi Einaudi, Giuseppe Saragat, Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Giorgio Napolitano, Giovanni Spadolini, Giorgio La Pira, mentre tu giustamente hai citato Gobetti, Gramsci, Bobbio, Ginzburg e Rossanda, e potremmo continuare all’infinito, perchè l’elenco di nomi che, come ci ha invitato Papa Francesco, hanno inteso la politica come servizio è lunghissimo, ma molto più lungo è l’elenco di tanti Scilipoti o De Gregorio che hanno scelto la via della politica quale mestiere da esercitare, non avendone un altro.
Ma torniamo alla tua riflessione.
Hai pienamente ragione. Non è bastato il ventennio fascista, quaranta anni di Democrazia cristiana, venti di berlusconismo a far intendere al colpevole popolo che è stato connivente con l’imbonitore di turno. E’ il momento del grillismo che rispetto agli imbonitori del passato possiede un attributo in più, una buona dose di volgarità. È il nuovo che avanza per una primavera italiana o la coda di una pancia antica restia ad un cambiamento reale e fattivo ?
Non sfugge alla tua conoscenza che il sistema Italia va in crisi agli inizi degli anni Settanta, dopo il ventennio del boom economico, quello della ricostruzione, quando il Paese godeva degli aiuti economici degli USA, mentre il PCI entrava ed usciva ripetutamente dal Cremlino con l’URSS che teneva i missili puntati sull’Europa occidentale. Poi Budapest e Praga, e finalmente la caduta del Muro di Berlino e l’unità europea legata solo alle monete ed alla finanza, trascurando quella dei popoli e delle culture. Dagli anni Settanta ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata. Abbiamo coniato i termini di prima e seconda Repubblica. Questa che vede Grillo affacciarsi al potere sarebbe la terza.
Stupidità da Belpaese. La Repubblica è ed è stata in modo inalienabile una, con le sue regole ed i suoi principi ferrei ed irrinunciabili, come ci ha insegnato il Presidente Napolitano, Repubblica che al solo nominarla la commozione la si legge sul volto di un uomo che in suo nome non ha esitato a segnare il passo all’interno del suo stesso partito. Il popolo, caro Giuseppe, quel popolo che non esita a correre dietro alla bandiera di turno, dalla quale, molte volte, pur di ottenere incarichi e prebende, è disposto a tutto.
Io sono napoletano. La storia della mia terra martoriata mi inviterebbe a volte a scrivere trattati. Napoli e la Campania. L’ultima avventura del Masaniello di turno alla guida di palazzo san Giacomo la dice lunga sul ruolo della politica nelle nostre contrade.
Se rifacciamo brevemente la storia delle primarie all’interno del PD, forse capiremo perchè De Magistris fa il sindaco di Napoli senza colpo ferire. Le primarie del Pd per la candidatura a sindaco di Napoli tra Cazzolino e Ranieri verificarono un episodio di acquisto voti da parte di Cazzolino grazie ad un esponente della destra, in zone peraltro a rischio malavita, ai danni di Umberto Ranieri, episodio che favorirono di pochi voti Cazzolino rispetto a Ranieri. A bocce ferme, la venuta di Bersani a Napoli piuttosto che decretare l’espulsione di Cazzolino dalla competizione, ha visto fuori dai giochi anche Ranieri, con la nomina a candidato a sindaco da contrapporre a De Magistris di un prefetto di cui in questo momento non ricordo neanche il nome. Per non portarla per le lunghe, la corsa di De Magistris a sindaco di Napoli è stata una passeggiata, un primo cittadino impegnato oggi nella preparazione della Coppa America con le strade inondate dalla spazzatura e ridotte a pezzi, i lavori della metropolitana (di là da venire) che mettono a rischio la tenuta degli stabili, mentre le periferie scoppiano di malavita, e una delinquenza giovanile che la fa da padrone in barba a quella borghesia, di cui parlavamo prima, pronta a farsi iscrivere sul libro paga del Masaniello di turno. A proposito, dimenticavo ricordare che il buon Cazzolino è stato per anni assessore nella giunta regionale di Bassolino. La mia convinzione, caro Giuseppe, è sempre stata quella che ha visto la giunta Bassolino legata alla destra da accordi sotterranei, altrimenti non riesco a giustificare la presenza di uomini della sinistra nella giunta di destra.
Devo aggiungere altro ? Nessuno detiene il vero, tantomeno io. Ma tirare in ballo le altre democrazie europee o transoceaniche significa bestemmiare, impotenti di fronte alla tempesta demagogica-populista che purtroppo imperversa nel nostro Paese. O sarà, quasi sicuramente, l’eterno fascismo (di destra e di sinistra aggiungo), che la mai doma pancia dell’Italia partorisce spacciandolo per nuovo, come lo definiva Carlo Levi, che la fa ancra da padrone ? Mi auguro di no !
In attesa di segnali nuovi che diano il cambiamento di rotta di tendenze antiche per approdare, e sembra l’ora, a nuovi lidi in grado di far capire, come è giusto che sia con Papa Francesco, che non c’è più tempo per il Belpaese e per il mondo per manfrine di piccolo e deleterio cabotaggio,
al piacere di poterti salutare di persona
Il futuro dell’Italia: nuovo che avanza o “pancia antica”?
Ho letto con sorpresa le parole di Giuseppe Samoná. Una sorpresa assoluta dopo fiumi di chiacchiere inutili. Grazie, e se qualcuno, come accade spesso nella pancia antica di questo Paese, é pronto a scagliare fiumi d’anatemi, buon pro gli faccia.!