Il confronto tra i due grandi intellettuali e scrittori francesi tra ideologismi e non. L’intellettuale e il potere, un rapporto difficile segnato spesso dal pensiero debole. Un utile esempio per capire i nostri giorni e le difficoltà dei nostri intellettuali il cui ruolo è sempre più in crisi.
Due mostri sacri della cultura si “incontrano” nelle pagine di un libro passato inosservato, dalla cultura italiana, tutta contratta nel microcosmo del privato che annulla il macrocosmo del sociale.
L’Italia è una delle punte d’iceberg di una cultura europea che, dopo la febbre sociologica degli anni sessanta e settanta, si è ripiegata su se stessa negando, non solo il sociale come ricerca del sé, ma anche la fondamentale connessione tra sfera individuale e collettiva unico vero assunto per la realizzazione di un’identità umana che diventi possibilità di realizzazione anche per l’altro da sé.
Per la solita impossibilità, tutta italiana, di trovare un equilibrio nel pensiero, ciò che era una bestemmia negli anni attorno al ’68, l’individualità, ora è assurta a paradigma assoluto come unico modus vivendi. Naturalmente tutto ciò, portato all’estremo, dà vita a questo tipo di politica e di società nella quale siamo immersi: una società dove il principio di homo homini lupus regna sovrano.
Nel libro del Nobel per la letteratura 2010, Mario Vargas Llosa, “Tra Sartre e Camus”, edito da Libri Scheiwiller (maggio 2010), tra le righe, si possono trovare gli echi di una ubriacatura culturale, vale a dire un’interpretazione dogmatica del marxismo, che ha devastato il pensiero culturale negli anni post sessantotto.
Il libro che raccoglie gli articoli scritti, dal 1962 al 1981, su Sartre e Camus, è un viaggio nell’ideologia culturale dell’autore e della sua trasformazione. Trasformazione possibile solo a chi, grazie alla propria identità, non ha perduto la possibilità di uscire dalle gabbie ideologiche che creano credenze paralizzanti annullando il pensiero in divenire degli esseri umani. Da questa opera emergono le ombre dei due intellettuali francesi, prima creduti ideologicamente e poi pensati da una mente che ha fatto un percorso in divenire.
Lo scrittore peruviano in questo autodafé giornalistico permette alla nemesis storica di riprendersi la revanche sulle verità letterarie ed umane dei due premi Nobel, Camus nel 1957 e Sartre nel 1964.
Vargas Llosa, nel ‘62, attacca frontalmente Camus, morto due anni prima, arrivando a dire che egli nella situazione algerina: «optò per il silenzio e per le dichiarazioni ambigue» e assimilandolo addirittura al Celine antisemita. Affermazioni assolutamente false. Camus, essendo un pied-noir, conosceva bene la situazione algerina. Durante la guerra d’Algeria, pur essendo contrario alla violenza colonialista, rifiuta il terrorismo e non giustifica l’assassinio di civili innocenti compiuti dai ‘patrioti’ dell’FLM, anche se questo lo rendeva inviso alla sinistra manichea francese – nella quale sprofondò in seguito anche Vargas Llosa, – guidata da Sartre il quale, con comode forzature ideologiche e senza dare peso e senso alla vita umana, plaudiva alle bombe dei terroristi che uccidevano centinaia di bambini, donne, uomini, colpevoli solo di trovarsi nel luogo delle esplosioni.
L’autore peruviano attacca addirittura quel capolavoro letterario ed umano di Camus, che sono le “Lettere ad un amico tedesco”, scritte tra il luglio del ‘43 e il luglio del ’44, tacciandole di superficialità. Forse si devono comprendere, i motivi ideologici che annebbiavano il “sentire” del giovane Vargas Llosa: la situazione in quegli anni in America latina era disperata e, in quel contesto, essere comunista era, forse, l’unico modo di essere. Invece Camus, nel 1937, lasciò il partito comunista al quale aveva aderito solo tre anni prima, con molte riserve e poca fede, quando i Comunisti francesi delle colonie, avevano cacciato gli Arabi iscritti al partito.
Ma poi avec le temps il pensiero di Vargas Llosa si trasforma; un bel mattino di primavera del “64, su Le Monde incontra il famoso interrogativo di Sartre, che rompe l’incantesimo che lo aveva tenuto avvinto al suo maître à penser: « Qual’è il senso della letteratura in un mondo che ha fame? » [[Lorsqu’en 1964, le père de l’existentialisme lança, dans une interview au Monde, sa fameuse interrogation : « Que signifie la littérature dans une monde qui a faim ? », il compta, en la personne du Péruvien un disciple de moins ! « Sartre disait soudain que la littérature était un luxe auquel moi, Péruvien, je n’avais pas droit : étant né dans un pays sous-développé, mon devoir était d’abord de faire la révolution, et quand mon pays deviendrait prospère, alors seulement je pourrais écrire. Ce fut pour moi une coupure définitive », a expliqué Vargas Llosa au Monde, en 2003.]] E lì, dice Vargas Llosa, qualcosa si spezzò, perché egli sapeva che la letteratura ha il potere di modificare il pensiero degli esseri umani. È il motivo per cui tutti i regimi autoritari hanno sempre bruciato i libri di Giordano Bruno, di Galileo, di Kafka e di altri “sovversivi del pensiero”. E se è vero che si deve assolutamente soddisfare i bisogni più elementari nel genere umano, è anche assolutamente vero che, parallelamente, non si devono annullare le esigenze umane.
Da quel momento in poi, tolto il velo di credenza ideologica dagli occhi, lo scrittore rivaluta, positivamente, Camus, ed investiga la realtà letteraria ed umana di Sartre scoprendo la sua povertà letteraria, la sua mancanza di impegno politico e il suo opportunismo durante l’occupazione; egli cita Malraux: «Mentre io mi battevo contro i nazisti, Sartre faceva rappresentare le sue opere a Parigi, approvate dalla censura tedesca».
Negli anni settanta, Camus, diviene per Vargas Llosa, la voce del «coraggio e della libertà, della bellezza e del piacere»; diviene quella “voce” che egli per tanti anni aveva annullato in nome di un’ideologia che scindeva il corpo dalla mente.
Questa potrebbe sembrare una question, solo francese ma sappiamo bene che non è così. Anche in Italia, spesso troppo spesso, gli “eretici” del pensiero, come lo fu Camus, che si sono salvati dalla lebbra comune del pensiero debole, vengono bruciati su roghi che non bruciano più i corpi ma cercano di annullare nuovi pensieri che potrebbero “perturbare” le coscienze. Anche in Italia vengono dati in pasto ai lettori cibi resi guasti dalle credenze culturali; cibi maleodoranti mascherati da nomi altisonanti che appiattiscono ed omologano le menti.
Una revanche culturale come quella di cui si è parlato in questo articolo, da noi avviene meno, ma avviene: due libri, entrambi editi di recente da L’asino d’Oro Edizioni, tolgono dai roghi, di cui si è parlato, due eretici, della cultura Italiana… Riccardo Lombardi , politico, e Massimo Fagioli, psichiatra.
Gian Carlo Zanon
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Tra Sartre e Camus
Autore: Vargas Llosa Mario
Traduttore: Canfield M.
Editore: Libri Scheiwiller
Data di Pubblicazione: 2009