In piena crisi di valori nell’Occidente, arriva il monito di Nanni Moretti che con il suo ultimo film si sgancia dalle contingenze politiche del “Caimano”. Michel Piccoli interpreta un insolito ruolo, quello di un Papa umile e incapace di sostenere il peso dell’investitura. Per ragionare sui suoi dubbi, le sue incertezze, si affida a uno psicanalista, interpretato da Moretti stesso. Uscito al cinema in Italia il 15 aprile, eccolo qua sugli schermi francesi da mercoledi 7 settembre. Un capolavoro da non perdere.
“La messa è finita” … Ma noi non andiamo in pace.
Potrebbe essere l’incipit di una riflessione partendo dal finale
del film che Nanni Moretti propone non senza il gusto di provocare,
di irritare forse, ma pure di condurre ad una placata riflessione.
“Habemus Papam” non lascia scampo a irrisione o a false
interpretazioni estetiche. E’ un film duro, forse il più acuto rispetto ai suoi
precedenti, ma di certo è sincero nella consapevole ricerca di una Disfatta che
appare chiara, ma che forse nascondiamo per pudore, per una
vereconda speranza che ci sia ancora molto da salvare.
Moretti affonda il suo sguardo nella profondità delle incertezze,
del dubbio di rappresentare nella fede milioni di persone che
ancora sentono il bisogno di essere rappresentati, di credere nonostante
tutto in un Dio che li spinga ad andare avanti. Nonostante tutto.
Eppure quel finale non lascia scampo: il Balcone più noto del mondo, il
camino delle fumate bianche rimarranno vuoti, nelle lacrime e la
disperazione di una Messa finita. Irrimediabilmente? Moretti da un
ultimo colpo di reni, durante la sua (psicanalitica) presenza in Vaticano, per
consolare un Pontefice appena eletto che sente addosso il peso di
non poter assolvere al divino mandato pastorale. Un Peso maiuscolo che
lo psicologo Moretti cerca di indagare da non credente, da colui
che pretende di risolvere il caso come un caso qualsiasi. Il colpo di
reni sta appunto in questo: si può con leggerezza quotidiana “risolvere”
un dilemma così rilevante per l’umanità? Moretti si aggira fra i
cardinali scardinando la potenza del loro ruolo e minimizzando – ad
una partita a pallavolo o a briscola – il gioco dell’esistenza che
preclude attività umane ben più consistenti e faticose per quell’uomo chiamato
a rappresentare tutti gli altri, ad indicarne la rotta.
Sta nella leggerezza del Peso dunque la ricchezza di questo messaggio. Non
già “il disorientamento senza redenzione”, non già un “sacerdozio
desacralizzato”, ma la visione utopica e forse onirica di avvertire
il Peso della guida come il momento di cognizione e presa di
coscienza (finalmente!) di chi siamo e cosa ci attendiamo dagli altri. Fede o
non fede, credere oppure no, ma l’elemento che congiunge in questo
film (il più politico di Moretti) è la ricerca di uscire dal baratro
della solitudine, abbracciando gli altri in un messaggio che coinvolga
nell’amore, il più totale possibile. Messaggio forte e dinamico,
giovane seppur delegato a cardinali così avanti negli anni. Un film
politico, religioso quanto ecumenico.
Lo sconcertato papa Melville (sublimato nel film da Michel Piccoli)
richiama nel nome la “balena bianca”, la stessa che si barcamena a
disagio nell’oceano dell’io più profondo. Ma il suo disorientamento
attiene ad ogni uomo che si pone interrogativi. A ciascuno di noi,
figuriamoci a chi rappresenta un miliardo di credenti. E’ un papa
umanissimo questo di Moretti, che nel finale non lascia quella
pace scontata che vorremmo. Non si legge nel Vangelo (Matteo, 10,
34) “non sono venuto a portare la pace ma la spada”? Certo, una spada
da sguainare contro ingiustizie e vessazioni. A questa riflessione
vorrà condurci questo film? Si può ipotizzare, seguendo una logica
prepolitica e non già di blasfemie o presunte irritazioni e
boicottaggi. Per questo devono vederlo non solo i credenti (di qualunque fede) ma
anche chi non si riconosce nei dogmi.
Tutto funziona in questo film difficile e coraggioso: gli attori,
le ambientazioni, persino le comparse; un po’ meno la figura di
Moretti-attore-psicanalista, ma forse sta nella sua
leggerezza/estraneità il contraltare di un film eccessivamente gravoso, ambizioso nello
scardinare i dubbi e guardare a fondo lo specchio deformato di un
Occidente che dovrà (necessariamente) trovare nuove rotte.
Armando Lostaglio
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Il trailer ufficiale del film