Gëzim Hajdari s’est exilé en Italie en 1992. Il est l’auteur de nombreux recueils poétiques et livres de voyage. Certains de ses plus beaux poèmes ont été réunis dans l’anthologie « Poesie scelte » 1990-2007 (Ed. Controluce). Son oeuvre poétique migre continuellement de l’albanais vers l’italien et de l’italien vers l’albanais comme pour montrer que l’exil mène au dépassement du lien puissant avec une patrie terrestre et laisse le poète sans autre territoire que celui de son propre corps. Un article de Laura Toppan, Maître de Conférence à l’Université de Nancy2.
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Gëzim Hajdaraj naît en 1957 en Albanie, à Lushnje, un petit village situé au cœur des collines de la province de Darsia. Après une maîtrise en Lettres albanaises à l’Université d’Elbasan, il revient au cours des années 80 dans sa ville natale pour y enseigner la littérature dans un lycée.
En 1991, avec d’autres intellectuels, il crée le journal Ora e Fjalës («Le moment de la parole») et écrit sur le journal national Republika. Dans ses articles, il dénonce ouvertement les crimes et les abus de la dictature de Hoxha et du régime de Berisha et il se présente comme candidat au Parlement dans les listes du Parti Républicain Albanais, dont il est l’un des fondateurs.
A cause de ses idées, ses poèmes sont censurés et il est menacé de mort. Il s’exile en Italie, à Frosinone, où il vit encore aujourd’hui. Poète qui migre toujours de l’albanais vers l’italien et de l’italien vers l’albanais (ses poèmes sont toujours composés dans les deux langues), Hajdari introduit le rythme balkan dans la poésie occidentale, sur le sillage des grands poèmes épiques. Auteur des nombreux recueils, en 1997 il reçoit le prestigieux Prix Montale avec Corpo presente.
Publiée en 2008 chez Besa (en albanais signifie la “parole donnée, la promesse”), l’anthologie Poesie scelte (1990-2007) réunit des poèmes extraits des recueils Erbamara, Antologia della pioggia, Ombra di cane, Sassi controvento, Corpo presente, Stigmate, Spine nere, Maldiluna, Péligorga. Elle a été présentée en Italie, en France et en Allemagne. Dans ses vers, Hajdari universalise la condition de l’exil, qui pousse à rompre tout lien avec un territoire bien défini et à élire comme seule patrie son corps.
Laura Toppan
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Domani ci vogliono in piazza amore mio,
da anni non ti chiamavo amore.
Domani dovremo vestirci con abiti nuovi
e sentirci gioiosi – domani,
perché – ci dicono – è giornata santa
per la patria.
Domani applaudiremo tutti
e offriremo sorrisi infiniti
al palco.
Domani dobbiamo dimenticare ciò
che abbiamo perso.
Da Antologia della pioggia
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Un verso cieco
senza memoria
è il mio corpo,
nato in un paese povero.
Da Ombra di cane
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Sei andata via,
sotto la pioggia d’autunno,
verso il mare
(evitando i boschi)
con i capelli lunghi
come un torrente
sanguinoso.
Da Ombra di cane
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Canto il mio corpo presente
nato da questo freddo spazio
che nulla promette.
Di notte,
visioni di bianchi templi
mi richiamano nel vuoto.
Ho sognato campi solitari
per cercare i segni confusi
e capire la maschera dei cieli
che ama gli abissi.
Non so perché guardo a lungo
la linea sottile dell’orizzonte
o le cime brulle con uccelli neri.
Dove si nasconde ciò che non trovo
sulle tremule alghe
o nei licheni bianchi.
Procedo nel verde consumato
e non porto niente oltre il mio corpo.
Non lascerò niente!
Da Corpo presente
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Sono campana di mare
di silenzio e voci
chiuso nel Tempo.
E nessun Dio sente i suoni
di acqua e di fuoco
della mia carne.
In Occidente
ogni primavera che passa
è ferita che si rinnova.
Ed io,
scavato da ombre e pietre,
trascorro le notti italiane
nel gorgoglio di sangue.
Da anni in ansia e paura di morire.
Ingannato dalle voci degli oracoli
richiamo volti conosciuti
che non tornano (e mai torneranno!)
Sterili sono i miei sogni
nel buio della stanza sgombra
e ogni giorno impazzisco un poco.
Da Corpo presente
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Com’è triste Roma
senza di te amore mio,
senza i tuoi occhi,
le tue labbra
(rosse di sangue),
la tua ombra.
Accanto a me
sei come una collina,
campo di grano
o bosco vergine
dove bussano
la pioggia
e il mondo.
Se tu chiami,
ti rispondono gli angeli,
se tu gridi,
ti sente il mare,
se tu piangi,
ti accolgono le rovine.
Ti perdo e ti ritrovo
tra mura e grotte,
viva e uccisa
dalle stesse pietre,
dalle stesse ombre!
Da Corpo presente
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Tirana,
sei il mio amore
e la mia tirannia.
Sono fuggito dai tuoi artigli
di notte, sotto la pioggia,
piangendo come un bambino
davanti alla fucilazione.
Tu mi hai fatto nascere e crescere
per divorarmi
tra i sassi.
Ho vissuto nella solitudine
del tuo sangue e della tua Ombra,
giorni, anni, secoli di follia.
Cosa non ho fatto per te!
Quante volte ho tentato di tagliarmi le vene
per nascondere l’ultima Parola, gli uccelli,
me stesso,
per nascondere te.
Ma tu, madre e gorgone,
hai maledetto il mio corpo, la mia lingua
e i miei occhi fino ad accecarmi.
Da Corpo presente