Bersani, probabile vincitore del prossimo ballottaggio nelle primarie del centrosinistra, si sta muovendo sulle parole d’ordine “liberté égalité laïcité” che formano l’ossatura di un socialismo nuovo che vuol governare per cambiare, ma senza spaventare. « Non ci possono essere foglie nuove se si tagliano le radici ».
La novità – più culturale che politica – emersa dalle Primarie che conferiranno probabilmente domenica prossima a Pier Luigi Bersani la leadership del Partito Democratico, è l’ancoraggio ai ‘valori fondamentali’ della Socialdemocrazia del XXI° secolo, sui quali il Partito Socialista Europeo ha aperto una ricerca mirata alla loro ridefinizione in vista della sfida con le forze neoliberiste e conservatrici alle elezioni europee del 2014.
Fermi restando i valori classici: libertà, uguaglianza, giustizia sociale, la ricerca è incentrata in particolare su una nuova economia più attenta alle persone e sulla ridefinizione di parole come progresso, crescita, qualità della vita, benessere delle persone. L’obiettivo è un progetto culturale e politico per costruire ‘le società progressiste’.
Se i socialisti francesi hanno riconquistato dopo 31 anni prima l’Eliseo e poi l’Assemblea nazionale muovendosi, all’unisono, sulle parole d’ordine lanciate da François Hollande: liberté égalité laïcité ed individuando nella finanza, nei mercati finanziari ‘l’adversaire’ da battere, Bersani sta portando gradualmente ma con ferma determinazione il Pd sulla stessa strada. E lo dimostrano anche i saldi rapporti con la Spd tedesca di Sigmar Gabriel e con il candidato alla Cancelleria, Peer Steinbrück che sfiderà il prossimo autunno Angela Merkel.
“Sono un non credente”, ha detto il leader del Pd qualche giorno prima del voto alle Primarie ed ha chiuso la campagna elettorale a Stella, il paese natale di Sandro Pertini, antifascista, ateo, socialista e il Presidente della Repubblica più amato e stimato dagli italiani. E proprio a Stella, Bersani ha parlato – come aveva fatto al Congresso del Psf di Tolosa un mese prima – di socialismo. “[…] Non si possono avere foglie nuove se si tagliano le radici. Se uno ha l’impressione di vedere foglie nuove sull’albero avendo tagliato le radici sono le foglie degli altri, non le sue. [..]
C’é un’antica vicenda che credo sia il luogo dove si sono formate le nostre radici: faccio riferimento a quando Pertini muove il moto di autodeterminazione, emancipazione dei lavoratori. […] Qui in queste radici lontane ma sempre vive c’è l’orgoglio di una parola: socialismo! La più antica parola della politica italiana e credo che sia giusto ricordare questo e quella lontana origine che si affiancò ad una tradizione popolare e che diede vita ai concetti di fondo sui quali viviamo ancora oggi come progressisti italiani: l’idea profonda per cui se un debole, un lavoratore o una persona del popolo ottiene una conquista per sé immediatamente gli viene in mente che deve essere utile per tutti. Queste sono le radici dove c’è dentro il concetto di uguaglianza. L’eccesso di disuguaglianza ha creato questa crisi e uguaglianza è una parola che risponde a un sentimento ma pure ad un’esigenza dell’economia”.
Concetti che ribadisce dopo la vittoria al primo turno. “Mi emoziono sempre un po’ quando parlo di radici: socialismo è la più antica parola della politica italiana ma è modernissima”. Il leader del Pd ha le idee chiare sul futuro: basta con governi tecnici non eletti dal popolo, la parola torni al popolo e quindi alla Politica. Ad aprile 2013 dunque si voterà per il nuovo governo e molto probabilmente a guidarlo sarà proprio lui, Bersani, con una coalizione di centro-sinistra.
Rifomista convinto – la sua terra piacentina ha conosciuto il nobile ‘riformismo padano’ di Camillo Prampolini, di Fernando Santi, di Guido Fanti – chiosa: “dove sono stato ho sempre cambiato. Per me governare significa cambiare e credo di sapere come si fa”. L’ambizione del ‘governo per cambiare’ lo definisce come un politico che dà più valore alla gente e all’interesse generale che al posto di comando, perché nel suo profondo alberga un pizzico di anarchia, o meglio di ‘Signorina Anarchia’ la ballatta di Fabrizio D’André. « Ero un giovane ministro nel primo Governo Prodi e – ha rivelato – De André venne a cantare a Piacenza. Lo incontrai fuori dal camerino e mi disse: “So che sei ministro, mi piace perché sembra che non te ne importi molto”. Trovai la risposta giusta e gli dissi: “Quel tanto di anarchico che ho, lo devo a te”. »
Ha sorpreso molti quando, tra i personaggi del passato, ha citato Papa Giovanni perché – ha tenuto a precisare – “era una riformista che dava sicurezza alla gente”. Però così facendo ha dimenticato grandi riformisti della sinistra – Di Vittorio, Trentin, Berlinguer – che davano anch’essi sicurezza. ”Che vuol dire che non sono o non conosco la sinistra? Vengo da lì”. Forse allora è stata intaccata un po’ l’idea della laicità. “Calma, calma! Un passo alla volta”. E così arriva a chiarire al quotidiano l’Unità, “io non sono un credente”. Poi sceglie la città di Pertini per definire ‘modernissima’ la parola ‘socialismo’. Insomma, tiene a precisare, “sono un riformatore che non taglia le radici”.
Obiettivamente non gli si può dar torto se anche la battagliera riformista leader della Cgil, Susanna Camusso, gli ha manifestato pubblicamente la sua preferenza, rispetto al contendente Matteo Renzi. Attorno a sé Bersani ha già da tempo un gruppo di ‘quarantenni’, chiamato ‘giovani turchi’, che ne supportano il lavoro, fornendogli molti stimoli, ‘diversamente ricchi’. E un ‘Laboratorio politico’ che vuole riunire nel Pd e col Pd le idealità ‘socialiste, ecologiste, solidariste’, in cui spicca un altro sindacalista della Cgil che presiede l’Associazione Bruno Trentin, il socialista Guglielmo Epifani.
Anche se non esplicitamente come ha fatto Hollande in Francia pure Bersani si sta muovendo sulle parole d’ordine liberté égalité laïcité che formano l’ossatura di un socialismo nuovo che vuol governare per cambiare ma…senza spaventare la gente.
Carlo Patrignani