Aquagranda a Venezia: Cronaca di quel 4 Novembre 1966.

“Aquagranda”, così si dice in veneziano. E tutti ricordano, in questi giorni di alta marea eccezionale a Venezia, trattenendo il fiato, quel 4 Novembre di 50 anni fa, quando la città, forse la più amata al mondo, corse il rischio di essere spazzata via dalla forza del mare che la allagò in ogni sua parte. Un’acqua così alta non si ricordava a memoria d’uomo.

Se a molti della mia generazione chiedi una data che gli sia rimasta nella memoria, nessuno farà fatica a dirti di quel 4 Novembre del 1966 quando « el mar s’ha tocà co la laguna (« il mare si unì alla laguna »). Ben 194 furono i centimetri che oltrepassarono il livello medio del mare in entrata, un’altezza mai raggiunta da quando si cominciò a rilevare le frequenze e che causò danni al patrimonio urbano quantificabili in diversi miliardi delle allora lire.

Biblioteca Marciana Acqua granda 1966 (© Fondo Borlui c/o FAST- Foto Archivio Storico Trevigiano della Provincia di Treviso – Italia)

In quei giorni le cronache nazionali parlarono a lungo di Firenze, della furia distruttrice del fiume Arno, del Crocefisso di Cimabue che si scolorava nelle acque torbide, dell’intervento degli « Angeli del fango » (i giovani che accorsero volontariamente da ogni parte dell’Italia), ma di Venezia se ne parlò molto meno, forse perchè già allora era molto noto il fenomeno dell’acqua alta, che invade periodicamente la città.

L’alta marea più sostenuta mai registrata durò un giorno e una notte. La città corse il serio rischio di vedere franare le sue fragili strutture dentro l’acqua salata. E per sempre. Condizioni climatiche eccezionali dovute a piogge torrenziali e al persistere di fortissime raffiche di scirocco (vento caldo di provenienza sud-est) impedirono il regolare deflusso dell’acqua, che ha cicli ed orari precisi (L’acqua alta segue il ciclo della marea. 6 ore la marea cresce e le successive 6 cala: nei giorni in cui c’è acqua alta, questa dura solo per le ore centrali della fase crescente. Quindi solitamente l’acqua alta permane a Venezia per circa 3-4 ore. Subito dopo, una volta calata l’acqua, la città ritorna alla sua normalità).

Riva degli Schiavoni (© Comune di Venezia Archivio della Comunicazione – photographer Fondo Boscaro Matteo)

Ma quel 4 Novembre le cose andarono diversamente.

Ho ricordi precisi di quei giorni:

la grande paura paralizzò tutta la comunità cittadina, stretta attorno alla speranza che il vento di scirocco cessasse di soffiare così intensamente. Pochi allora uscirono a vedere cos’era accaduto. Sfidare la forza dell’acqua e del vento era un’impresa che pareva impossibile, visto la sua capacità di ribaltare pontili di ormeggio e di affondare decine e decine di gondole e imbarcazioni locali, ancorchè legate ai sostegni di appoggio.

Qualcuno uscì lo stesso. Alcuni indossando gli stivali da pesca, che coprono le gambe per intero, altri in barca, remando contro la corrente con in mano una macchina fotografica, o una cinepresa. Tutti volevano scattare una foto o riprendere un evento che, date le caratteristiche, era evidententemente di portata storica. Ed è grazie a loro se oggi molta parte di quella tragedia ha immagini precise (vedi i video indicati in fine pagina).

Foto di Giorgio Gasparini

La breve durata dell’alluvione salvò la città da un disatro che avrebbe potuto essere ben peggiore. In quei giorni la città si trovò sola e isolata dal mondo, in balia di un mare che sembrava volerla annientare, demolendo le sue difese. Le prime a saltare furono quelle dei litorali di Chioggia e Pellestrina che cedettero quasi di schianto davanti alla forza del mare. Poi la marea arrivò fino al Lido, spazzando via le dighe, invadendo la laguna per giungere senza più nessuna opposizione fino a Venezia.

Ad essere allagate per prime furono le parti più basse, a cominciare dal Sestiere di S.Marco. Tutta la piazza fu inondata, fino ad un’altezza mai vista prima, entrando nei suoi numerosi e bellissimi negozi, negli storici bar-caffè del Florian, Quadri, Lavena. L’acqua, fredda e sporca, irruppe all’interno della Basilica, superando rapidamente il metro di altezza. I grossi banconi e le panche galleggiavano e sbattevano contro le preziose pareti ora contro le colonne, danneggiandoli.

Piazza San Marco, 4 novembre 1966

Il silenzio calò alle prime ore della sera. Sembrava annunciare una sciagura di proporzioni enormi. Il buio quasi totale sembrava aver cancellato la città. Il sibilo persistente dello scirocco era l’unico suono, che come un requiem, si spandeva sulla città. Dai piani alti delle case le fioche luci delle candele illuminavano a malapena quell’acqua che cresceva e cresceva.

Poche volte ho poi vissuto atmosfere così inquietanti, sospese dentro a definizioni che allora non sapevo spiegare, ma che mi sono rimaste impresse in modo indelebile. Nei giorni successivi si contarono i danni e, purtroppo, anche i morti: tre.

Oltre ai generi di prima necessità, scarseggiavano anche le candele. Mio padre si ingegnò a costruire un rudimentale lume ad olio, ricavato forse da un barattolo di pomodori. Le notizie che arrivavano, giungevano dalla radio ed in famiglia eravamo tra i pochi del condominio ad averne una funzionante. Io e le mie sorelle, i volti appena schiariti dalle luci delle candele, ascoltavamo gli inviati della Rai che parlavano dai luoghi dei disatri.

Firenze era stata assunta a catastrofe nazionale, con i codici miniati rimasti sotto l’acqua e il fango nelle biblioteche invase dai detriti. Ma quando ci giungeva la voce di Virgilio Boccardi, il più noto giornalista radiofonico della sede del giornale radio, quasi non respiravamo più, tanta era l’attesa per sentire notizie nuove su Venezia.

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Quell’alluvione non fu solo un tragico evento atmosferico, che coinvolse soprattutto i suoi cittadini, ma numerose polemiche contro il governo centrale di Roma, che poco o niente aveva fatto nei decenni precedenti per cercare di mettere in sicurezza la città contro le ripetute « acqua alte ». Era bastato un solo giorno per metterla in ginocchio, ferendo quasi mortalmente il suo prezioso corpo e tutta la storia che portava con sé.

Oggi, a distanza di mezzo secolo, le cose non sono migliorate affatto. 50 anni di inutili e continue discussioni, non sono servite ad altro che a diffondere malcontento, accentuato dal progetto del Mo.Se. (‘Mo’dulo ‘S’perimentale ‘E’lettromeccanico), per il quale si sono investiti fiumi di denaro pubblico e che non ha risolto il problema dell’acqua alta a Venezia. Questi soldi sarebbero per altro finiti in parte nelle tasche dei dirigenti del « Consorzio Venezia Nuova » a tutt’oggi ancora indagati dalla Magistratura per corruzione e reati che vanno dalla creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni.

Trarre conclusioni da questi fatti sembra fin troppo facile. Ma non bisogna mai dimenticarsi che Venezia appartiene a tutti. Un patrimonio universale da conservare sempre. Quando si parla di Venezia e della sua sicurezza, bisognerebbe farlo con la massima serietà, per trovare la soluzione auspicata da tutti ma che ancora oggi sembra lontana.

Da Venezia Massimo Rosin

VEDI A QUESTO LINK IL REPORTAGE DI RAINEWS
http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Venezia-4-novembre-1966-il-giorno-della-aqua-granda-97328582-8bdf-49db-bc4a-b66d3bef9c40.html

e le foto storiche de LA NUOVA di Venezia e Mestre
http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2016/10/27/news/una-mostra-per-dire-grazie-a-un-eroe-dell-aquagranda-1.14317793

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Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.

1 COMMENTAIRE

  1. Io ho più anni di te e nel 1966 ne avevo venti. Ricordo come rimanemmo senza telofono e luce. Le candele erano introvabili e on un mio amico, il giorno dopo, ad acqua alta finita, andammo in treno fino a Padova a comprarne due mazzi.
    Non ricordo quando ritornò il telefono, ma rimanemmo senza luce credo per una settimana. Quando ritornò mi trovavo a casa della mia findanzata di allora e fu un urlo di gioia che si levò da tutto il quartiere.

    Torno a Venezia solo saltuariamente, ma il Mose non l’avevano fatto proprio per questo. E’ installato? Funziona?

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