Lo sguardo come una eclissi sul mondo interiore. E un’apertura al rapporto con il mondo.
Secondo Albert Camus « C’è la bellezza e ci sono gli umiliati. Per difficile che sia l’impresa, vorrei non essere mai infedele né all’una né agli altri. »
Freud asserisce che « siamo così fatti da poter godere intensamente soltanto dei contrasti, mentre godiamo pochissimo di uno stato di cose in quanto tale. »
Volgendo lo sguardo verso di noi, troviamo che guardare e vedere possono apparire sinonimi, e invece guardare significa soprattutto badare, custodire, fare attenzione: guardando veglio e mi sorveglio, resto in rapporto col mondo e non solo con l’oggetto. Non possiamo guardare senza che ciò ci riguardi. Già Aristotele, nella Poetica, sosteneva che « si gode a guardare le immagini, perché contemplandole si impara e si ragiona su ogni punto. » Godere dei contrasti. Lo sguardo ci interpella. Il contrasto che scaturisce dagli scambi di luce e di colori, nelle differenze etiche fra uomini, ci ri-guardano e ci coinvolgono. E lo spettatore osserva, ne conferma la vitalità formale e sostanziale. E con Fernando Pessoa si conferma che ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. In ogni caso l’osservazione resta silente, la pittura è poesia muta, la poesia è pittura parlante. Lo spettacolo si apre, in ogni forma d’arte. Ci apre come un sipario, noi aperti alla luce, alla vita, alle passioni. Fedeli alla bellezza, scongiurando l’odio e la pochezza. L’arte della visione: scrivere con la luce, (fotografare), disegnare con le ombre, rendere fulmineo l’istante: questo fa il cinema.
La natura e ogni cosa visibile restano muse e intelletto d’amore per l’artista. Demiurgo del bianco e del nero, e di ogni cromatismo possibile, per dare forma all’invisibile. A cose che cose non sono: attesa e silenzio, mito arcaico e sentore di trascorso. Evocazione di immagini balenanti: la storia irrompe nel presente e lo sguardo come divenire degli istanti. Stato di sospensione atemporale, fermo immagine della Storia, falso movimento e vertigine del tempo: è anche cinema degli sguardi e dell’inconscio, per oltrepassare l’impercettibile confine fra la vista e la visione: cos’è reale dunque?
Noi che amiamo il cinema: alcune immagini, bellissime, emanano una errante melanconia. E può rappresentare una sorta di oggettivazione dell’irrisolto, una costante ricerca interiore di bellezza. Il koreano Kim Ki-Duk, Ingmar Bergman, Federico Fellini, Charlie Chaplin sono autori che hanno carpito e trasmesso la tensione oggettiva dello sguardo. Il cinema d’autore ci insegna che lo sguardo si concentra sul particolare, l’occhio guarda oltre la visione comune. Tutti adulano la bellezza delle immagini, talvolta sensuali e dolci, impressioni di eterno. Il racconto si nutre di particolari, ce lo insegna Flaubert.
Teatro e poesia
Cinema è poesia
atti a condividere il rito dell’offerta.
È l’ostensione dei corpi e delle anime
che si denudano.
E proferire parole in componimenti senari,
allusioni sensuali.
Sulle assi del palco va l’attore
sullo schermo proiezione e protezione.
Sulla scena della mente va il poeta.
Armando Lostaglio