Dice bene Catello Masullo quando nella recensione a Memorie dei campi, documentario ‘bloccato’ alla visione fino a poco tempo fa, per non offendere, ‘diplomaticamente’ (e per una opportuna damnatio memoriae), dopo la guerra e la liberazione, né ‘vincitori’, né ‘vinti’, riporta gli intenti di Alfred Hitchcock cui era stato affidato il tremendo compito di montare il girato da vari operatori militari, soprattutto, revisionando e cercando di dare un senso supremo e permanente al pluri-lavoro: puntare, in modo specifico, sui ‘campi lunghi’, far vedere, in quella prospettiva visiva che aveva avuto origine dalla civiltà quattrocentesca italiana, i ‘particolari’ perfettamente inseriti in un universale da incubo, di-mostrare che tutto NON era finzione, bensì crudele, inumana realtà, affinché chi, più avanti, avesse fruito di quelle immagini, non potesse avere il minimo dubbio che quanto appariva ai suoi occhi non ‘riferisse’ il VERO.
Un aspetto del grande regista inglese, questa sua humanitas, si potrebbe dire addirittura pietas, con accezione latina, cui non eravamo adusi: eppure proprio così lui riuscì a mettere il suo autentico genio cinematografico – perché davvero tale fu, Alfred Hitchcock – al servizio della VERITÀ.
Un’opera da vedere e ri-vedere, seppur straziante, fuori da ogni canone umano, in grado di mostrare ciò che l’uomo può fare ad un altro uomo, suo fratello, all’altro da sé che altro non è che sé – se si passa il “calembour” – (…) per non dimenticare di ricordare ciò che è stato, affinché non si ripeta più (Primo Levi).
(Introduzione di Maria Cristina Nascosi Sandri per Altritaliani)
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MEMORIE DEI CAMPI – MEMORY OF THE CAMPS
Recensione di Catello Masullo
1945, Germania e Polonia: troupes cinematografiche, al sèguito dell’esercito alleato, filmano in undici campi di sterminio nazisti, in diretta, mentre le truppe militari entrano, per la prima volta, a liberare gli internati.
Le immagini, parzialmente montate con la sceneggiatura originale approvata, sono rimaste per decenni nei depositi dell’Imperial War Museum di Londra. Il documentario fu recuperato per la prima volta a metà degli anni Ottanta e parzialmente mostrato al pubblico. Solo oggi viene distribuito largamente…..
La differenza tra un politico ed uno statista consiste nel fatto che il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni. Franklin Delano Roosevelt, certamente apparteneva a questa seconda categoria. Unico presidente degli Stati Uniti d’America ad essere eletto per più di due mandati consecutivi, vincendole per ben quattro volte (1932, 1936, 1940 e 1944) e rimanendo in carica dal 1933 fino alla sua morte, nell’aprile del 1945, ebbe un’intuizione geniale.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, fece sì che le truppe alleate chiamate a liberare i prigionieri degli oltre 300 campi di sterminio nazisti, filmassero tutto, affinché in futuro nessuno potesse mai negare quanto avvenuto. Fu davvero lungimirante. Esiste, infatti, un movimento mondiale, minoritario, affatto trascurabile che, nei confronti dell’Olocausto, propugna tesi negazioniste volte ad asserire che filmati, immagini, musei sono una colossale messa in scena. Il film è la più efficace dimostrazione che queste tesi sono prive di qualsiasi fondamento e fanno di esso un documento dal valore inestimabile. A montare le varie ore di girato fu chiamato a Londra, assieme ad altri cineasti, nientemeno che Alfred Hitchcock, uno dei maestri riconosciuti del cinema mondiale dell’epoca (e di tutti i tempi, si può dire, senza téma di smentita). Hitchcock, il maestro del brivido e della suspence, fu sconvolto dalla visione dei filmati originali, così da astenersi dal lavoro di montaggio per una settimana, dopo essa.
Non gli si può dar torto, le immagini sono davvero agghiaccianti, perché registrano la (cruda) realtà e non una mise-en-scène. In un elenco risalente al 7 maggio 1946, si ipotizza che mancasse una bobina, la sesta, quella composta dai film russi della liberazione di Auschwitz e Majdanek. Restano, quindi, solo le prime 5 bobine, più che…sufficienti.
Hitchcock fece un lavoro superlativo, privilegiando i campi lunghi, a dimostrare che non c’eran trucchi, né immagini manipolate. Apparentemente è solo un silenzio agghiacciante, la voce off delle scene più crude, quelle dell’ammucchiamento di cataste di cadaveri, ridotti, letteralmente, a pelle ed ossa.
Un film imperdibile, finalmente recuperabile e fruibile, gratuitamente su youtube.
Personalmente sono stato due volte a visitare, a distanza di anni, i campi di sterminio di Auschwitz e di Birkenau. Sono difficilmente impressionabile, ma sono rimasto sconvolto quando, rivedendo per la seconda volta, ciò che avevo visto in precedenza, ho avuto esattamente lo stesso, insopprimibile, groppo alla gola.
E mi sono convinto che queste visite dovrebbero esser obbligatorie per i giovani delle scuole superiori, debitamente informati e guidati, perché tali orrori non abbiano mai a ripetersi in futuro.
FRASI DAL CINEMA :
“Nel marzo 1933 oltre 17 milioni di tedeschi votarono per il partito nazional-socialista. Altri 20 milioni votarono per altri partiti. La mancanza di unità tra questi fu fatale: il partito nazional-socialista prese il potere!”. (Voce narrante in v.o. l’attore inglese Trevor Howard).
“Era impossibile avvicinarsi alle baracche dove erano ammassati i cadaveri di quelli che erano morti lentamente, immersi nelle loro feci!”( id.).
“Non pensate che fosse l’unica macchia nera in Germania. Ce n’erano altre 300. Nessun tedesco poteva dire di non sapere!”. ( id., con riferimento al campo di concentramento e sterminio di Bergen-Belsen, il primo liberato).
“I membri del parlamento sono venuti qui e sono rimasti sgomenti. Bisogna vedere per credere!”( id.).
“Le autorità dei campi prendevano misure speciali perché i prigionieri non vivessero normalmente, e non morissero normalmente, e non dormissero normalmente. Erano circondati dal filo spinato ed erano costretti a dormire sul filo spinato. Se l’umanità non imparerà da queste immagini, andrà verso le tenebre!” (id.).
“L’ultimo rullo conteneva immagini riprese da un operatore russo, ma è andato perso. È rimasto solo il testo.”( id.).
Catello Masullo
Roma