In occasione della “Settimana della cucina italiana nel mondo”, dal 19 al 25 novembre, celebrata anche a Parigi con manifestazioni organizzate dall’Ambasciata, dal Consolato Generale, dall’Istituto di Cultura, dalla Rappresentanza dell’ICE e da numerosi operatori privati, è gradevole e utile ricordare le pubblicazioni fatte per grandi e piccoli sull’argomento da Elisabetta Siggia.
Quest’anno le edizioni “3A” hanno pubblicato il suo libro “Il piccolo goloso intollerante”, e più precisamente al glutine, al lattosio e alle uova, per cui le ricette che suggerisce “sono un’opportunità per provare pietanze nuove e rivisitate”. Ad esempio senza glucosio sono descritte le sue gustose ricette di “cannelloni di crespelle”, “sformatini di polenta”, “stracciatella di polpette”, “vellutata di lattuga” “straccetti di vitella ai peperoni”, “tartellette di ricotta”, “melanzane ripiene di merluzzo” che non solo sembrano del menù d’un buon ristorante, ma sono da lei scritte in maniera talmente semplice e chiara da attirare volutamente l’attenzione degli stessi bambini. Ogni pagina è inoltre corredata d’un disegno fatto da lei (anche pittrice) per loro, ed è alternata da pagine dove racconta loro ad esempio come vivono alcuni pesci, o storie di animali, e altre in cui spiega, a grandi e piccoli, sempre in modo chiaro e semplice come sono formati i funghi, oppure la storia e i pregi del limone: antisettico, battericida, scoperto in India, Cina e Indonesia (Paesi che l’autrice conosce bene) e diffusosi in Italia dalla Sicilia nel XII secolo. Insomma, un libro geniale per i genitori che non hanno il tempo di pensare alla storia e alle caratteristiche dei prodotti in cucina e per i piccoli che attratti così dai disegni e storie per loro rimediano alle loro intolleranze alimentari con il gusto di queste ricette.
Nel 2015 Siggia aveva scritto “Le tour du monde en 80 dînettes, recettes et fables pour les petits” (ed.”Ilmiolibro”), pure questo con ricette semplici e chiare e con i suoi disegni per i piccoli che più tardi potranno diventare dei cuochi “internazionali”: infatti vi sono ricette di piatti di 20 Paesi, dall’Europa all’Estremo Oriente. Tra i Paesi francofoni è considerata non solo la Francia (“crêpes au jambon et fromage”, “quiche aux légumes”) ma anche il Belgio (“Waterzoï de poisson”, “chicons au gratin”, “pain perdu”) e la Svizzera (“potage à l’orge perlé”, “röstis de pommes de terre”, “tourte aux noix de l’Engadine”), e così la “haute cuisine” non è solo “française”!
Ancora prima Siggia aveva scritto per i piccoli “C’erano una volta i Romani”, “C’erano una volta gli Etruschi” e il “Museo nazionale etrusco di villa Giulia e le avventure del cagnolino Joy” (Palombi Editori, 2005), sempre con i suoi disegni per attirarli verso il luogo dove ha lavorato a lungo con la passione che è propria di coloro che mettendola così al servizio del Paese lo onorano anziché esserne indifferenti o distruggerlo. Passione per cui si sporcava le mani non solo con i disegni, ma anche da pittrice e scultrice ispirandosi inizialmente alle opere degli Etruschi, e come archeologa e restauratrice nei loro siti. Una passione che l’ha portata a scrivere, con Rita Cosentino, anche i due libri “Sul con l’olio” (2010) e “Sul con il vino” (2009) che le edizioni “Historia” hanno pubblicato con i vasi antichi in copertina e che l’hanno fatta poi divenire, vivendo in Estremo Oriente, Germania e Belgio, curiosa ed esperta nelle influenze e negli ingredienti esportati ed importati a livello mondiale nelle elaborazioni dei pasti.
Lo sviluppo della coltivazione dell’olio d’oliva, arrivato nell’Italia centrale dalla “Magna Grecia” e dunque indirettamente dalla Grecia e dal Mediterraneo orientale, sembra essersi sviluppato soprattutto dopo che gli Etruschi si erano uniti ai Romani, poiché è allora che si sono sviluppati il suo commercio e perciò la diffusione degli uliveti. L’olio allora cominciava ad essere usato anche per la cosmesi (come fluidificatore della pelle e dei muscoli), in particolare dai più abbienti, e per l’illuminazione: donde il lampadario etrusco conservato al Museo dell’Accademia etrusca di Cortona, con le simboliche raffigurazioni umane che fanno parte degli esempi più importanti della loro arte. Lo sviluppo interregionale dell’olio si è allora concretizzato anche nella salsa a base d’aglio (aglio, olio d’oliva, aceto e sale), quindi usata in varie pietanze (carne, pesce, verdura e pane). Al piacere del gusto forte contribuiva anche la cipolla, seppure più moderatamente alle tavole imbandite dai ricchi, che era pure considerata come un afrodisiaco (l’aglio intanto era anche considerato vermicida). Il condimento a base d’olio s’applicava sia alla carne arrostita, ai caprioli e cinghiali dell’odierna Toscana, sia alle porchette dell’odierno Lazio. Il culto delle olive, indipendentemente dai significati religiosi loro attribuiti, era tale per cui quelle amare venivano addolcite lasciandole a lungo in acqua.
Anche la coltivazione delle viti per il vino s’è sviluppata dagli Etruschi sulla scia di quella nel Sud e nel Mediterraneo. Il culto del vino appare nelle numerose raffigurazioni delle loro anfore e calici tenuti in mano nelle occasioni più gioiose, e la sua produzione era divenuta tale da lasciare, oltre ai semi di vite ritrovati nelle loro tombe, tracce della sua esportazione: ad Antibes è stato scoperto un relitto di nave con delle anfore di Vulci. Altre tracce ricordano l’uso della resina per la sua conservazione, l’uso delle grotte di tufo come cantine per la vendemmia, ed è dunque implicito che le loro radici sono state quelle di tutte le coltivazioni successive dell’Italia centrale. A tal punto che tutti i produttori oggi le vantano per attirare le visite agroturistiche.
Anche nella descrizione dell’uso dei vini Siggia con Cosentino s’è limitata agli aspetti che attirano maggiormente l’attenzione, di fronte alla vastità dell’argomento, e ogni aneddoto scritto in tutti i suoi libri ha il fine, per grandi e piccoli, di rendere ancora più interessante e gradevole la loro lettura.
Come quella de “Il Mistero della Dama al Virginale”, ultimo suo libro (ed. Viola, 2018), storia tra realtà e fantasia d’un quadro fiammingo da lei comprato a Via del Babuino a Roma, portato con il mistero sulle sue origini in tutti i luoghi in cui ha abitato in Oriente ed Europa, finché dopo aver cercato l’originale nei musei in Belgio e Olanda lo ha trovato alla National Gallery a Londra. La curiosità per l’autore di questo, Gabriel Metsu (1629-1667) e per la pittura del suo periodo, descritta da Siggia altrettanto gradevolmente, è stata come quella di Stéphane Bern, che perciò ha partecipato alla presentazione del libro a Bruxelles. Ma forse nell’inconscio di Siggia c’erano anche, di Metsu, “La Cuisinière” (al Thyssen-Bornemisza di Madrid), “Les Mangeurs d’huîtres” (all’Hermitage), la “Jeune femme offrant un verre de vin à un officier”, la “Femme tirant du vin d’un tonneau” e “La peleuse de pommes” (al Louvre). Saranno d’ulteriore ispirazione quando riuserà la penna e i pennelli per i suoi prossimi libri di ricette?
Lodovico Luciolli