Ha appena aperto i battenti a Milano, a Palazzo Reale, la mostra dedicata a Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978), definito come pictor optimus che, grazie ad un centinaio di capolavori esposti, ricompone la sua più che unica carriera.
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Curata da Luca Massimo Barbero, presenta opere provenienti dalle più prestigiose istituzioni mondiali quali la Tate Modern Gallery di Londra, il Metropolitan di New York, il Pompidou di Parigi, ed italiane come la Gnam romana, la Peggy Guggenheim di Venezia, e, a Milano, il Museo del Novecento, la Casa Museo Boschi di Stefano, Brera e Villa Necchi Campiglio. È promossa e prodotta da Comune, Palazzo Reale, e da Marsilio, editore del catalogo.
Il fil rouge che lega la splendida esposizione è basato su confronti inediti ed accostamenti irripetibili che svelano l’onirico mondo di una delle più composite figure artistiche del XX secolo. L’esposizione offre la chiave d’accesso a una pittura ermetica che affonda le sue radici nelle radici – se si passa il calembour – della sua terra di nascita, la Grecia, cresce e matura nella Parigi delle Avanguardie, dà vita alla Metafisica che strega i surrealisti e giunge a conquistare il fuoriclasse Andy Warhol.
L’importante stagione metafisica dell’arte ferrarese e poi italiana, l’inventio artistica più grande di De Chirico, influenzò anche l’arte di Carlo Carrà e Giorgio Morandi, per arrivare, poco dopo, come si diceva, alle Avanguardie Europee del Dadaismo, del Surrealismo e della Nuova Oggettività.
All’entrata in guerra dell’Italia, de Chirico e suo fratello Alberto Savinio lasciano Parigi per arruolarsi e alla fine di giugno del 1915 vengono assegnati al 27° Reggimento Fanteria di Ferrara. Lo stare nella città estense determina cambiamenti profondi, tanto nella pittura di Giorgio e nei temi ispiratori dei suoi quadri quanto nelle creazioni di Alberto, che a Ferrara abbandona decisamente il primo amore ereditato dai geni di casa, la Musica, per dedicarsi solo alla scrittura.
Travolto dalla bellezza ieratica e misteriosa della mia città, avvolta nelle sue dolci e misteriose nebbie, De Chirico, con una nuova semantica, una nuova cifra stilistica, insomma una nuova filosofia tra ars e modus vivendi, la rende protagonista di alcuni dei suoi più famosi dipinti, nei quali il Castello Estense o le grandi piazze deserte e senza tempo svolgono un ruolo di magica affabulazione: non a caso Ferrara è sempre stata definita la Zauberstadt – la città magica dai grandi conoscitori tedeschi delle nostre urbanistica ed architettura rossettiane, come il Burckardt, per non citarne che uno.
L’ultima arte di De Chirico, enfin riuscì a gettar scompiglio ulteriore nell’Arte in toto, con le sue irriverenti quanto ironiche rivisitazioni del Barocco.
Ripartita tra otto sale, l’esposizione di Milano procede per temi pensati secondo accostamenti inediti e confronti originali come in una catena di reazioni visive che, come scriveva De Chirico nel 1918, rincorrono « Il demone in ogni cosa […] l’occhio in ogni cosa [perché] siamo esploratori pronti per altre partenze« .
Maria Cristina Nascosi Sandri
Sito ufficiale della mostra con info pratiche: https://www.palazzorealemilano.it/mostre/de-chirico