Ottobre 2025 – Cosa ci dice il caso Sarkozy

La pillola di Puppo. «Da un legno storto com’è quello di cui è fatto l’uomo non può uscire nulla di interamente diritto», scrive Kant. So bene che purtroppo il carcere è probabilmente un male necessario. La violazione delle regole di convivenza può richiedere, a volte, una sanzione. Ma, anche quando appare giustificato, mettere una persona in prigione è sempre un atto tragico e violento. Tutto questo per dire che non c’è nessuna ragione di rallegrarsi o esultare, come qualcuno sta facendo, per l’incarcerazione di Nicolas Sarkozy (la prima, per un ex presidente della Repubblica francese), condannato in primo grado per associazione a delinquere. (Lo scopo sarebbe stato ottenere soldi dalla Libia di Gheddafi per la campagna elettorale del 2007). E l’incarcerazione prima della sentenza definitiva (decisione presa per vera o presunta eccezionale gravità dei reati) è certamente di per sé discutibile, poiché confligge con la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Anche se in realtà si tratta di un’incarcerazione solo temporanea: probabilmente Sarkozy resterà in prigione un mese o due. Dopodiché uscirà, e il suo caso un po’ più tardi, sarà portato in appello.

Prima della prigione Sarkozy abbraccia Carla Bruni.

Ma questa vicenda ci dice anche un’altra  cosa. Sarkozy (che mette in dubbio l’obiettività dei magistrati e posa a martire) è stato forse il principale artefice dell’avvicinamento della destra républicaine francese (quella di origine gaulliste) ai temi delle destre nazionaliste. Tra questi, la politica repressiva. Da ministro degli Interni, Sarkozy sosteneva che i giudici erano troppo reticenti a mettere le persone in galera, che quando ci si presenta più volte in tribunale, la société a le droit de se défendre, che la première des préventions c’est la certitude de la sanction. E usava il termine dispregiativo droits-de-l’hommistes per chi si opponeva alla sua politica.

Ora Sarkozy (già condannato altre due volte per corruzione, di cui una in via definitiva) si trova nella situazione di coloro per cui esigeva la tolérance zéro. E sembra scoprire di colpo che anche chi è condannato resta un essere umano che merita attenzione, rispetto e ascolto. Forse scoprirà persino che le condizioni carcerarie sono indegne: in Francia ci sono circa 85000 detenuti, in carceri costruite per ospitarne poco più di 60000. In alcuni casi, il sovraffollamento arriva al 200%. In migliaia non hanno un letto. Circa ventimila detenuti sono in attesa di giudizio; e certo nessuno di loro ha a disposizione i più formidabili e costosi avvocati, e tribune mediatiche amiche come quelle di Bolloré, molto vicino a Sarkozy. Anzi, la maggior parte non ha nemmeno la carta igienica. (Salvo riuscire a farsela portare da qualcuno). Nel 2020, durante la presidenza Sarkozy, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva chiesto alla Francia di migliorare le condizioni di detenzione. Senza risultati.

Molti politici (Sarkozy, Marine Le Pen, o certi altri in Italia) hanno avallato, promosso nel linguaggio pubblico i clichés repressivi: in galera e buttar via le chiavi, basta con il buonismo. Gli stessi, se per disavventura si ritrovano nei guai giudiziari, improvvisamente cambiano atteggiamento. Chiedono garanzie, rispetto, umanità; ma quasi sempre per sé o i loro amici, non per gli altri. Per fortuna ci sono delle eccezioni. Una di queste è, paradossalmente, un uomo che viene proprio dal mondo della destra radicale più dura, cattiva, antagonista, quella degli anni Settanta: Gianni Alemanno. Girava con la tuta mimetica, si pestava con i militanti di sinistra; poi, quando la destra è divenuta istituzionale all’ombra di Berlusconi, è stato ministro e sindaco di Roma. Pur avendo sempre avuto posizioni individuali abbastanza garantiste, ha fatto parte anche lui di un mondo di cultura repressiva e giustizialista. Da quasi un anno è in carcere, per l’inchiesta « Mafia capitale ». Ogni giorno denuncia le impossibili condizioni di vita dei detenuti. Si chiede cosa ci stanno a fare lì, magari da decenni, persone ormai anziane e malate. Conta i suicidi: uno ogni cinque giorni. Racconta quello che la sua parte politica, per ottenere consensi, ha sempre irriso. Se ne occupa per via delle circostanze, d’accordo; ma trattandolo come un problema generale, che va al di là del suo caso individuale. Scrive Alemanno (assieme a Fabio Falbo, in cella da 20 anni): “chi muore in carcere, spesso, muore due volte, nella cella e nell’indifferenza collettiva. (…) Non chiediamo impunità, chiediamo umanità, non chiediamo clemenza, chiediamo giustizia, anche perché nessuna pena può diventare tortura, nessuna cella può diventare una tomba, nessuna persona mai dovrebbe essere trattata come meno di un essere umano». Non impunità e clemenza, ma umanità e giustizia: per tutti. Anche per Sarkozy, e su questo siamo d’accordo, ma, vivaddio!, non solo per lui.

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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