Le cose che nel tempo cambiano e scompaiono

La pillola estiva di Puppo.
Qualche anno fa, in un’intervista, Franca Valeri (nata nel 1920) aveva parlato delle cose che avevano accompagnato la sua vita e che poi nel tempo erano scomparse.
L’argenteria. Le carte da parati. Il rito del “dopocena”, con i biscotti nelle scatole inglesi, i liquori. I vestiti adatti per le diverse stagioni. Il soprabito, il paletot.  Le commissioni, ora sostituite dallo “shopping”.  Il rammendo: un vestito era fatto per durare, non per essere dimenticato. Il darsi del lei. Le villeggiature di un’intera estate; con il viaggio in treno e i bauli preparati con cura. Sostituite da viaggi lampo, magari in centri dove qualcuno si occupa di tutto e il turista realizza l’ambizione di « non dover pensare a niente » (e cosa è l’essere umano se non pensa a niente? Diman tristezza e noia recheran l’ore, scrive Leopardi).

Anni fa, avevo visitato il Meleto, casa di villeggiatura di Guido Gozzano ad Aglié, vicino a Torino. I suoi bauli erano pieni di spazzole; accessorio da viaggio un tempo fondamentale per via delle strade polverose. Con la diffusione dei frigoriferi, è sparito, prima che io nascessi, il commercio del ghiaccio, per conservare i cibi.  Non ho fatto in tempo (mi è andata bene) neppure a vedere i vasi da notte, i pitali. Il cui uso è durato due millenni e mezzo, dall’antica Grecia fino a metà del Novecento, quando i servizi igienici in casa sono diventati la norma. Con loro, sparite anche brocche e scodelle per lavarsi sommariamente. Scomparsi, o divenuti oggetti di arredamento, i macinini con la manovella per il caffè in grani, le pentole in rame, i giocattoli di latta.

Anche il mondo più recente ha perso i pezzi. In molte case italiane il telefono funzionava con il duplex: la linea condivisa con un appartamento vicino. Se l’altro utente usava il telefono, non si poteva né chiamare né ricevere. Uno squillo annunciava la liberazione. Per telefonare fuori di casa, ci volevano i gettoni (e poi le schede) per le cabine telefoniche (ne resta ancora qualcuna, ignara testimone del passato). Quando si chiamava, si udiva il tonfo dei gettoni che cadevano e scandivano il tempo: lo so ch’è l’ora, lo so ch’è tardi. Nelle cabine, c’erano spesso gli elenchi telefonici (qualcuno ne strappava le pagine, per non fare la fatica di segnarsi il numero): una lettura interessantissima. Vi si trovavano anche numeri e indirizzi di persone note, cosa oggi impensabile. A Parigi, scorrendo l’elenco (una delle mie letture preferite), notai una frequente coincidenza: cognomi italiani (Martini, Ferrari, Esposito, Rossi) sempre accoppiati ai nomi francesi più tradizionali (Jean Jacques, Jeanne, Michel, Jacqueline, André). Figli di famiglie di immigrati italiani in forte ricerca di integrazione. Oltre all’elenco telefonico, tra i libri più interessanti c’erano gli atlanti, i dizionari (entusiasmanti quelli etimologici) e le enciclopedie. Tutti in via di sparizione: occupano spazio, e l’accesso a Internet li fa ormai considerare inutili.

Così come le cartine da portarsi in giro per trovar la strada. Sparite le macchine da scrivere. Sono velocemente usciti di scena gli oggetti della modernità tecnologica del tardo Novecento; i vecchi “mangiadischi”, le “musicassette”, con il nastro che talvolta si impigliava; i lettori portatili (walkmen); le videocassette, che rivoluzionarono il rapporto con il cinema, rendendolo un evento ripetibile e privato. Stanno lentamente uscendo di scena, senza rumore, i Compact Disk; la strada è segnata anche per i DVD.

In via avanzatissima di sparizione le lettere. Da quanto non ne ricevete o scrivete una a carattere personale? Per un certo periodo, avevo avuto una relazione con una ragazza tedesca, Stephanie. Mi spediva certe sue meravigliose fotografie, prese nel sole di un parco, al fiume, nell’ombra di casa, nel vapore di un hammam. Scrutavo la cassetta delle lettere, sperando di intravedere l’ombra della busta in cui avrei trovato lei.

Con le lettere, muoiono francobolli e cassette postali. Le cartoline sopravvivono come souvenir; pochissimi le spediscono. Quando ero bambino, ogni tanto ne arrivava una da luoghi esotici, misteriosi. Palme, bagnanti su spiagge dorate, ingenui ma suggestivi effetti tridimensionali. Francobolli meravigliosi, che io staccavo, inumidendoli perché non si lacerassero, e riponevo in un album. Poche parole di saluto e la firma: Mauro. Era un amico d’infanzia di mio padre, cuoco sulle navi. Un giorno sentii i miei genitori parlarne a bassa voce, colsi qualche gesto. Capii che Mauro era omosessuale. Imbarcarsi era stato un modo di scappare da un mondo che non lo voleva.

Come in Un cœur simple di Flaubert, un giorno le cartoline di Mauro smisero di arrivare.  E fu lo stesso, più tardi per le lettere con le fotografie di Stephanie. Non ho mai saputo più nulla di loro.

Così finisce ogni tempo. Anche la modernità di oggi, quella dello sviluppo tecnico elevato a nuova religione, che vive in un eterno presente, alleva i suoi entusiasti apostoli e ride del passato, diventerà tradizione, ricordo. Per poi, a un certo punto, scomparire. Sostituita da altre novità, più formidabili. A noi resteranno i fantasmi di un tempo che (come ogni tempo, come la giornata in cui scrivo queste righe) non tornerà.

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

4 Commentaires

  1. Mi è stato segnalato da un amico. Ci sono molte cose che ho vissuto e che hanno lascato un segno: utili a creare cultura umana in senso lato. Noi bimbi di allora ci svegliavamo sentendo la zia macinare il caffè (la masnàva ul café, nel mio dialetto milanese).
    Ha parlato di Franca Valeri, così mi viene in mente anche la scomparsa di una magnifica trasmissione Radio RAI della domenica mattina alle 9.00 … Gran Varietà, una rassegna di prestazioni comiche di tantissimi attori e attrici come Bice Valori, Paolo Panelli, Gino Bramieri, Ave Ninchi, Walter Chiari, Renato Rascel, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Sandra Mondaini, …..

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