La prima regola per scrivere un ottimo romanzo come “Diagenesi” (Ed. La Gru) è di conoscere bene la materia che si tratta. Sicuramente Carla Cristofoli, sarda residente a Parigi, come la sua protagonista Prisca Rizzi, i contesti e le mentalità sarde e parigine li conosce bene. Ma attenzione perché questo libro non è un’autobiografia. Certamente, come ebbe a dire lo scrittore Alessandro Piperno, sin dai tempi di Dante Alighieri, ognuno racconta ciò che conosce e che ha vissuto, sia pure nella rielaborazione creativa e inventiva tipica di questo genere letterario. Per questo è sempre bene diffidare da quegli autori che si schermiscono dicendo: “Ma no, in questo libro non c’è niente di personale”. Falso! Per fortuna questa è una falsità; perché è proprio la rielaborazione del nostro vissuto che ci commuove e ci coinvolge.
Non mi riferisco al soggetto, al corpo del racconto, quella è invenzione ma tutte le ansie, i timori, le angosce, le inadeguatezze, le gioie, i desideri, finanche i luoghi, appartengono, in questo caso, all’autrice.
Prisca Rizzo è una grassa traduttrice che vive un senso di inadeguatezza, di incompiutezza. Si trova sull’orlo di una crisi di nervi, è in una fase in cui si è troppo giovani per sentirsi in pace con la propria vita e troppo vecchie per coltivare nuove ambizioni e progetti.
Come se non bastasse, la sua esistenza solitaria è resa ancora più chiusa dalla morte del padre e dalla fine della sua convivenza parigina con Amir. Come è tipico di una certa introversione nell’educazione sentimentale della società sarda, il suo rapporto con il padre non si è mai esplicitato a fondo nella spontaneità dell’amore filiale e paterno. Pudore e riservatezza sono, ora che il padre di colpo è venuto a mancare, i motivi dell’incompiutezza che pesa nel cuore e nel ventre della protagonista e alla base della postura di chi si sente fisicamente inadeguata, essendo anche fuori dai cliché vincenti del nostro tempo. Prisca è in crisi anche relazionale con la famiglia: madre e sorella. La prima, espressione di una cultura matriarcale decisionista, è poco incline all’ascolto sensibile verso Prisca, la seconda, ben più definita nelle sue prospettive, è tutta presa dai propri progetti.
Al malessere nella sua amata terra sarda, su cui indulge nel contemplarne le intime bellezze che forse solo chi è del luogo e ha memoria può cogliere, si aggiunge il malessere verso la stessa Parigi, nella sua confusione, nelle sue piccole storie (ignobili direbbe Guccini), in cui si annega l’esistenza individuale nel clamore della megalopoli.
Ad aggravare la sua mancata realizzazione contribuisce l’accennata vicenda con l’amatissimo Amir, che gratifica anche il suo voluminoso corpo con un amore fisico intenso ma che rivela sempre più agli occhi della protagonista come quest’uomo cerchi solo di usare il suo corpo per avere un figlio, possibilmente maschio, che serva ad Amir ormai non più giovanissimo, a lasciare una sua eredità al mondo. Una visione maschilista della relazione uomo donna che getterà sempre più nel disincanto la nostra Prisca che sembra incapace di avere figli anche se le sue condizioni fisiche, anche ormonali, sembrerebbero favorevoli. Tant’è e dunque Amir lascia Prisca che si troverà anche alla ricerca di un piccolo appartamento per vivere, mentre la sorte consentirà ad Amir, che abita poco lontano, di trovare un’altra donna più giovane con cui potrà figliare. Proprio la visione di questa donna gravita, e poi del bimbo nato, renderà ancora più evidente la sua incompiutezza e più desolata e solitaria l’esistenza di Prisca.
Carla Cristofoli evidenzia questa solitudine anche attraverso le lettere che Prisca scriverà e non invierà mai, a prostitute online, un quasi gioco con cui alle parole ammirate e seduttive di queste lei risponde con confessioni dolorose e amare sulla sua vita, quasi come in una seduta psicanalitica.
Ci fermiamo qui sulla narrazione della storia ma va detto che la Cristofoli ci propone questa dimensione del dolore e della malattia con termini asciutti, essenziali senza mai indulgere a facili retoriche ad enfasi fuori luogo, anzi finanche il dolore e la morte vengono rielaborati quasi come in un’anamnesi scientifica.
Del resto, lo stesso titolo del libro è prossimo a un vocabolario scientifico.
Va detto quindi che questo percorso nel dolore, di una donna non giovanissima, ha anche il valore di un percorso formativo. È proprio vero che l’esistenza di una persona è la propria storia. In tal senso, ognuno e ognuna dei lettori potrà riconoscere anche i tratti della propria vicenda umana in quelli di Prisca.
Un’operazione coraggiosa in un tempo in cui la velocità della nostra esistenza sembra toglierci fiato, incapaci di avere memoria e di godere il valore del male e del bene della nostra vita.
Come in una diagenesi (il titolo del libro) la nostra protagonista, attraverso il dolore e le difficoltà della sua vita, cerca il suo cambiamento chimico, direi psicologico e finanche fisico, come il bozzolo che con grande sofferenza diventa farfalla, così lei tra discrasie e nuove esperienze cerca la sua nuova vita, come il limone del suo giardino in Sardegna che dovrebbe morire ma che potrebbe darsi ad una nuova vita.
Bella la copertina che sintetizza il passaggio dalla materia inerte alla vita, un po’ come potrebbe essere per Prisca. Una dimensione del miracolo su cui non aggiungiamo di più anche perché i libri vanno letti e non raccontati.
Grande merito all’Edizione La Gru di Padova, che ha creduto in questo bellissimo romanzo con un impeccabile lavoro di editing, per cui non si rischia di restare sorpresi da errori e refusi, ma grande merito all’autrice Carla Cristofoli, da tempo anche una nostra, di Altritaliani.net, illuminante collaboratrice.
Grande merito perché è stata ben capace di dominare una materia complicata come questa con una scrittura sempre avvolgente e coinvolgente, che certamente appassionerà i lettori, il tutto senza mai cadere in facili banalizzazioni e senza cedere alla superficialità dei nostri tempi.
Una scrittura curata e sensibile che dà e che arricchisce la nostra storia umana.
Nicola Guarino
L’AUTRICE: Carla Cristofoli nasce a Sestu, in provincia di Cagliari. Dopo un periodo di insegnamento in Veneto, dal 2008 vive e lavora a Parigi, dove ha creato un centro di formazione per l’insegnamento agli adulti dell’italiano professionale. Dal 2015 collabora con il magazine Altritaliani.net (Rivista online franco-italiana con sede a Parigi), per il quale pubblica recensioni su romanzi, raccolte di racconti e poesia a tematiche contemporanee (QUI la sua pagina d’autore e i suoi articoli). Tra il 2014 e 2015 pubblica in ebook due racconti per bambini: Le torri di KarEl (Logus mondi interattivi) e Natale di polistirolo (Mediterranea). Nel luglio 2016 vince il premio “Storie superbe” (ispirato ai sette peccati capitali e indetto dal sito “Seven blog”), per la sezione “L’ira” con il racconto Cronaca del giorno dopo. Nel 2016 vince il concorso regionale Cartabianca con il racconto L’onda. Nel 2021 ottiene in ex-aequo il primo posto al Premio Letterario Internazionale Canne al vento (IV Edizione) con il racconto Strade infinite (che si puo’ leggere QUI)
IL LIBRO: Diagenesi di Carla Cristofoli – Edizioni La Gru, pp. 180, €.14,50
Riassunto dell’editore: Prisca Rizzi, traduttrice obesa quarantenne, ha da poco chiuso una relazione importante quando riceve la notizia della morte del padre. Il lutto e il ritorno nella Sardegna nativa (la donna vive e lavora a Parigi) innescano in lei il bisogno di ripensare la propria vita, affrontarne i nodi irrisolti: il rapporto con la madre e la sorella Ada, il rifiuto di avere un figlio, che la porta a rompere con il marito, finché…