“Fra due mondi: un ritratto di Maria Giacobbe”. Documentario di Francesco Satta

In visione gratuita per alcuni giorni. Consigliatissimo e da non mancare! Il documentario sta in fondo alla pagina. 

****

Devo all’amica oranese Bastiana Madau, amica anche di Altritaliani, la scoperta di questo breve documentario [https://vimeo.com/235155984], e non posso che citarla per presentarlo brevemente: consigliatissimo. E di più, da non mancare: perché Satta è riuscito in appena cinquanta minuti a fare emergere l’originale, splendido itinerario di questa scrittice, donna, essere umana libera che merita veramente di essere conosciuta. Ne avevamo già parlato su questo sito una quindicina di anni fa, in un articolo / intervista ripubblicato di recente dopo la sua morte a Copenaghen il 27 gennaio 2024. [Omaggio a Maria Giacobbe (altritaliani.net)]

Maria GiacobbeE che il titolo, giusto ma limitativo, non inganni: l’originalità dell’itinerario di Maria Giacobbe non sta nell’aver vissuto fra “due mondi”, cioè la Sardegna natale e la Danimarca, suo paese di emigrazione… Sta nel quando e nel come l’autrice ha compiuto e vissuto questa scelta, facendo discretamente ma fermamente della sua vita un vero e proprio inno alla libertà, a un modo libero, creativo, di stare su questa Terra, di abbracciare tutta l’umanità, dentro e fuori di sé. Se dovessi trovare un titolo che metta in valore questo, direi: “Dagli angeli spioni alla conquista del cielo” – dove il cielo è, concretamente, la penisola scandinava, con la Danimarca, che Maria bambina guardava, sognava sulla carta, ma anche l’orizzonte dell’utopia, quella che ci fa camminare per realizzare dei valori, per percorrere la nostra strada sino in fondo, un modo di essere libero, o umano (è lo stesso!), che non è mai completo, o che si completa – mi verrebbe da dire – quando la morte fa apparire quell’itinerario in tutto il suo splendore, lo fa apparire unico (cosa siano gli “angeli spioni” invece non lo dico, per non guastare allo spettatore il piacere di scoprirlo da sé).

In questo cammino c’è la memoria dell’infanzia, la voglia di raccontarla, l’azzurro scintillante del mare, fra i primi ricordi, quando ancora non si possono nominare le cose, ma anche il ricordo dell’opprimente dittatura fascista, con l’affermazione del proprio antifascismo – ed ecco che il sogno dell’altrove, diventa il sogno di un luogo dove non ci sia la dittatura, che fra tante altre cose non permetteva di viaggiare – in linea con quello dei propri genitori, Dino e Graziella, il cui itinerario anche meriterebbe un film: tanto più importante da sottolineare nella sua luminosità perenne, questo antifascismo, oggi che in Italia, in Europa, alcuni politici, troppi, cercano di criminalizzarlo.

E poi, dal lato della memoria, c’è l’amore per Cechov, che forse ancora più di Proust esprime un certo modo di stare nel tempo: noi stiamo dove stiamo, e la felicità sta altrove. Sempre… C’è anche l’allargamento all’intera esistenza del concetto di “esilio”, con la nostalgia del paradiso, del cielo, appunto, dell’altrove (già…).

Dal lato invece dell’impegno diciamo politico, c’è la critica feconda dell’abusato concetto di identità, nella logica dell’esclusione, con la sua retorica asfittica, il volersi sarda, italiana, danese, europea, cittadina del mondo, anche se certo in generale la lingua materna è fondamentale, perché sempre ci resta dentro. In questo senso, non è un caso che Maria Giacobbe abbia principalmente scelto l’italiano (o ne sia stata scelta – qualcosa l’ha scritta anche direttamente in danese) per raccontare il suo mondo, che vive di un misto di fantasia e di ricordo. Ed è bello, e stimolante per chiunque si cimenti con la scrittura (personalmente me la sento vicinissima), la sua riflessione sul senso, la funzione dello scrivere: che è innanzitutto verifica di quello che si è fatto e si sta facendo, per raggiungere, confrontarsi con alcune persone, poche o molte che siano, senza la pretesa che serva a cambiarle, a cambiare il mondo.

Insomma, Maria Giacobbe è stata una donna libera, un essere umano libero, inquieto, sempre impregnata dal desiderio di evadere dalle cornici in cui l’avrebbero voluta imprigionare. Questo emerge soprattutto dal film di Satta, la cui visione, nei tempi oscuri che l’Italia, l’Europa, il mondo tutto attraversano, riempe di buon umore, di speranza.

Nell’articolo che avevo scritto oramai quasi quindici anni fa, a introduzione della bella intervista fattale da Giusy Porru, esprimevo il desiderio di leggere le pagine di Maria Giacobbe, per poi incontrarla. Ecco: il mio desiderio si è realizzato a metà, perché l’occasione di conoscerla non si è più presentata. Tanto più, mi fa piacere contribuire farla conoscere a un pubblico più largo.

Giuseppe A. Samonà

Fra due mondi – Ritratto di Maria Giacobbe from Maxman Coop. on Vimeo.

(Dopo il 25 febbraio, il documentario sarà a pagamento)

Article précédent“A tu per tu con Svevo. Le opere, la critica”, una raccolta di brevi saggi
Article suivantLes Manouchian au Panthéon. L’affiche rouge, Spartaco Fontanot l’«Italien communiste»
Giuseppe A. Samonà
Giuseppe A. Samonà, dottorato in storia delle religioni, ha pubblicato studi sul Vicino Oriente antico e sull’America indiana al tempo della Conquista. 'Quelle cose scomparse, parole' (Ilisso, 2004, con postfazione di Filippo La Porta) è la sua prima opera di narrativa. Fa parte de 'La terra della prosa', antologia di narratori italiani degli anni Zero a cura di Andrea Cortellessa (L’Orma 2014). 'I fannulloni nella valle fertile', di Albert Cossery, è la sua ultima traduzione dal francese (Einaudi 2016, con un saggio introduttivo). È stato cofondatore di Altritaliani, ed è codirettore della rivista transculturale 'ViceVersa'. Ha vissuto e insegnato a Roma, New York, Montréal e Parigi, dove vive e insegna attualmente. Non ha mai vissuto a Buenos Aires, né a Montevideo – ma sogna un giorno di poterlo fare.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.