Quello che resta, un libro di Martina Asero

“Quello che resta” (Nous Editrice, 2023) è un’opera molto delicata, solo apparentemente rivolta a un pubblico di bambini a partire da 10 anni (dopotutto Pinocchio ci insegna che la letteratura per ragazzi si rivolge anche ai grandi !), una prosa pubblicata da una piccola e indipendente casa editrice catanese. Anche l’autrice, Martina Asero, è di Catania. Ce ne parla Giuseppe Raudino.

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Vivere significa uscire da una scatola e rischiare

Tutta la vita è una lotta costante per la sopravvivenza. Le difficoltà possono apparire insormontabili, come i mulini di Don Chisciotte scambiati per giganti, eppure il coraggio non deve mai venir meno, così come la voglia di affrontare le sfide. È un obbligo, questo, ma anche un insegnamento, una necessità. L’alternativa è starsene rinchiusi in una scatola piena di comodità ma quasi priva di vita, perché la vita vera è fuori, colma di pericoli e meraviglie.

Martina AseroA raccontarci con tatto e passione una storia di scatole troppo anguste e di richiami irresistibili dall’esterno è Martina Asero, che nel lungo racconto intitolato Quello che resta  e arricchito dalle illustrazioni di Letizia Vidiama Carugati, ci svela il percorso quasi iniziatico di una bambina affetta da claustrofilia la quale si abbandona fiduciosamente alla guida di un coetaneo che quella scatola l’ha abbandonata per altri motivi. Il bambino mostra una saggezza virgiliana e una premurosità fraterna, un acume strepitoso e un carisma pedagogico di socratica memoria; attraverso un dialogo fatto di incalzanti domande mette in crisi la piccola allieva. Sia ben inteso, allieva e maestro sono due facce della stessa medaglia, si completano l’un l’altra grazie a una misteriosa (almeno fino alla penultima pagina) corrispondenza affettiva: il docente è insomma una specie di alter ego della discente, due esistenze che si ritrovano per la seconda volta a percorrere un pezzo di strada insieme.

illustrazione di Letizia Vidiama Carugati

I due piccoli protagonisti mostrano e dimostrano che le paure stanno dentro di noi, e che l’immaginazione e la memoria possono annientarle. È un’avventura del corpo ma anche della fantasia, ed è proprio il potere della fantasia che permette – come amano dire gli anglosassoni – di pensare fuori dal comune, o più precisamente “out of the box” (letteralmente “fuori dalla scatola”), innescando un’attività terapeutica che proietta le ansie interiori al di fuori di noi, facendole dileguare nell’infinitezza dell’etere. Il liberarsi di qualcosa di sgradevole è pertanto una perdita positiva. Al contrario, la perdita di qualcosa alla quale si teneva molto è sì motivo di dolore ma anche condizione necessaria per il dono del ritrovamento. La vita è una lotta, lo abbiamo detto, ma soprattutto un dispendio di energie finalizzato al ritrovamento di ciò che si era perduto. Questo trasporto verso l’oggetto perduto e ritrovato è a sua volta simile al desiderio, il quale arde come fuoco vivo proprio in virtù della sua etimologica condizione di assenza e separazione (in latino “desiderium” può tradursi come  “assenza” o “mancanza”).

Quello che resta è il lungo racconto di un cammino, di un temporaneo re-incontro, e la preponderanza dei passaggi resi in forma dialogica lo rende un testo a tutti gli effetti teatrale, pronto per essere messo in scena, anche se si lascia leggere come un romanzo breve per la sua scorrevolezza. E poi, per concludere, non si può non apprezzare il costante riferimento intertestuale a opere ben note, dalle odi di Catullo ai racconti biblici di Davide e Golia financo all’Ecclesiaste, dalla fiaba del Mago di Oz all’Odissea, da Cervantes a Shakespeare: il lettore più attento, sentendosi sfidato in erudizione, si divertirà a scovare quante più citazioni possibili, che portano in questa lettura certe epifanie inattese, come quelle che a volte sperimentiamo ascoltando una canzone in macchina mentre sporadiche interferenze lasciano irrompere per un istante qualche pezzo di un’altra canzone che ci stupisce e che misteriosamente si ricollega con la prima.

Giuseppe Raudino

SCHEDA DEL LIBRO SUL SITO DI NOUS EDITRICE

Nota biografica di Martina Ásero

Sin da piccola volevo fare la scrittrice. Poi, crescendo, ho capito che amavo talmente tanto i libri che scriverli non sarebbe stato abbastanza. Così ho cominciato a condividere le mie letture su YouTube, aprendo il canale Ima AndtheBooks, e ho scelto di insegnare Lettere in una scuola media per comunicare anche ai più giovani quanto leggere possa essere stimolante e meraviglioso. Nel momento in cui questo libro viene stampato ho trentacinque anni e vivo in un paese alle pendici dell’Etna insieme a mio marito, due cani e una gattina. Amo viaggiare, praticare yoga, studiare lingue straniere e allestire spettacoli teatrali. Le mie ultime pubblicazioni sono il pamphlet Insegnare (WomenPlot, 2021), il romanzo Niente posto per le fiabe (Caravaggio Editore, 2021) e Quello che resta (Nous Editrice 2023)

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Giuseppe Raudino
Giuseppe Raudino nasce a Catania nel 1977 ma vive a Siracusa fino agli anni del liceo. Si appassiona presto al giornalismo, attività che porta avanti insieme agli studi in Scienze della Comunicazione presso l’università di Siena, dove si laurea con una tesi in Semiotica su Umberto Eco nella quale ne analizza gli scritti teorici sul comico e i giochi linguistici. Nella metà degli anni 2000 si trasferisce definitivamente in Olanda per insegnare materie inerenti a giornalismo, teoria dei media, antropologia e metodologia della ricerca presso l’Università di Scienze Applicate di Groningen. Accanto all’attività accademica, Giuseppe Raudino si dedica anche alla narrativa. Tra le sue pubblicazioni più recenti ci sono due romanzi, entrambi usciti nel 2019: 'Mistero nel Mediterraneo' (Genesis Publishing) e 'Stelle di un cielo diviso' (Alessandro Polidoro Editore) e nel 2022 "Quintetto d'estate" (Ianieri Ed.)

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