Sembra un secolo e invece appena un mese fa alla guida del paese, con i pieni poteri conferitogli da una maggioranza di unità nazionale, c’era Mario Draghi, in realtà tecnicamente è ancora alla guida del Paese seppure con poteri solo di ordinaria amministrazione ed estremamente limitati dalla prassi costituzionale a seguito delle sue recenti e inevitabili dimissioni, dopo la sfiducia congiunta di Lega. Fratelli d’Italia, Forza Italia e dei Cinque Stelle.
Mario Draghi. Uno degli uomini di Stato più apprezzati e rispettati al mondo, finanche temuti (ad esempio al tempo in cui era alla BCE divenne la bestia nera della Banca Centrale Tedesca), sembra dimenticato dalla stampa ufficiale e dai telegiornali, che vogliono voltare pagina come se nulla fosse. E così Super Mario, estromesso dal gioco, attende gli esiti delle imminenti elezioni settembrine, per passare la mano al suo successore.
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E sì, anche perché sembra passato un secolo anche da quel giorno dopo le sue dimissioni al Colle, quando il Parlamento si stracciava le vesti, per aver lasciato nella incredulità più profonda l’Europa e il mondo, per aver causato le dimissioni del Premier, che era riuscito nell’impresa, in piena crisi mondiale, di portare il PIL italiano al primo posto in Europa ed aver avviato con i sindacati e le forze imprenditoriali e sociali un discorso atto a contrastare la galoppante inflazione a seguito delle vicende belliche russo/ucraine e le impressionanti congiunture, verrebbe da dire astrali, tra epidemie, siccità e crisi energetica.
Sembra un secolo, perché oggi l’agenda Draghi pare scomparsa come ben altre agende che segnano la nostra storia patria. L’informazione, che tutto è tranne che un contropotere politico, come dovrebbe essere per vocazione, sembra in combutta con le principali forze politiche, mantenendo la consegna del silenzio. Draghi? Non esiste e se è esistito era un sogno. La sua agenda, il PNRR che ha iniziato a portare nelle casse del Paese una parte dei 210 miliardi di euro concessi dall’UE, non esiste e comunque sarà questione dei suoi successori. Probabilmente la Meloni o Salvini o forse perché no, Letta e Fratojanni.
E il punto appare proprio questo. Le principali forze in campo sulla carta sono il fronte della destra che assembla la Lega, i crescenti Fratelli d’Italia della Meloni e Forza Italia del vecchio Berlusconi, ormai adattatosi, dopo ben altre stagioni politiche, al ruolo di comprimario dell’estrema destra, quella più populista, sovranista e antieuropea, una contraddizione visto dove siedono i suoi nel parlamento europeo.
Dall’altro lato scopriamo il PD di Letta, che dopo aver estromesso dalle liste elettorali tutti coloro sospettati di essere troppo vicini a Renzi, ha avviato una politica priva di rinnovamento, nostalgica che mira a una rifondazione (verrebbe da dire comunista) della vecchia sinistra, quella che vorrebbe vanamente dimenticare i salotti per riscoprire le fabbriche, quella che per una volta riesca, senza scelte strumentali, a realizzare lo Ius soli o almeno culturae senza solo annunciarlo.
Due muri assolutamente in contrapposizione che dovrebbero garantire anche riforme costituzionali e finanche elettorali condivise, anche per velocizzare e rendere più efficiente lo Stato e le sue istituzioni. Due muri che separano il Paese invece di cercare di tenerlo unito in uno dei momenti più delicati della storia del pianeta. L’esito delle urne non sempre è stato lungimirante e questo è anche per la scarsa educazione politica dei nostri cittadini, un analfabetismo che viene alimentato, probabilmente ad arte, anche dai mass media, basti pensare ai vari talk show politici che culturalmente sono poco più che dei feuilleton, dove altro che contropotere politico, vi è un servilismo costante della RAI e non solo verso il potente di turno, sia Salvini, Bersani, Conte ecc.. La scarsezza di cultura politica è la base di lancio del populismo, porta ad una democrazia dimezzata (nel senso letterale) la metà degli italiani non vota più, non legge niente e tanto meno di politica si informa solo attraverso i social che sono il terreno più fertile della fake news.
Ci fosse un minimo di cultura politica gli italiani si domanderebbero se conviene rimpiazzare una figura come Draghi che in economia spiega alla Lagarde cose deve fare nella BCE e che dà del tu a tutte le principali figure dell’economia e della politica mondiale, con una come la Meloni o peggio Salvini o peggio uno come Letta che, nella difficile ipotesi che vincesse, si troverebbe a dover fare un governo con Di Maio, forse Conte e sicuramente con i putiniani della estrema sinistra, l’ennesimo circo Barnum.
Quali scenari ulteriori deve conoscere il nostro martoriato paese dopo aver avuto un governo gialloblù che con sospetta coerenza è stato pronto a diventare giallorosso e che neanche il tempo di respirare grazie a Draghi e Mattarella che ci hanno riportato in sella, si ritrova ora di nuovo sullo strapiombo trascinati dalle insulse leaderships delle contrapposte destra e sinistra?
In realtà, all’ombra di una faziosa informazione, che sembra interessata solo al mantenimento delle proprie personali (i soliti noti inamovibili conduttori) rendite di posizione, si muove un Terzo Polo, quello costituito da Azione di Calenda e Italia Viva di Renzi a cui hanno aderito alcuni illustri fuoriusciti di Forza Italia che non hanno retto all’idea di essere i candelieri del duo Meloni Salvini.
Il Terzo Polo si propone come l’unica novità di queste elezioni. Una forza politica che evitando pastrocchi ha preferito riunire uomini e forze che davvero potessero garantire una politica coerente e che realizzassero e dessero continuità proprio a quella agenda Draghi che sembrava tutti volessero intestarsi. In realtà se la intestano solo gli alleati Calenda e Renzi, i quali peraltro non disperano, nel caso di un loro successo, di riportare non solo l’agenda ma lo stesso Draghi al ruolo che gli compete a Palazzo Chigi.
Queste elezioni sembrano scontate ma in effetti non lo sono per niente. Gli italiani dopo aversi fatto il tour di tutti i leader politici, da Berlusconi a Grillo, passando per Salvini ed aver assistito a continue delusioni, ed avendo assistito al quasi miracolo Draghi, qualche dubbio potrebbero porselo e magari per una volta votare di testa (come si dovrebbe sempre) e non di pancia.
Il Terzo Polo lo ha esplicitamente detto: Si guarda a tutti quei progressisti che vogliono vedere attuare e non depredare il PNRR, che vogliono finalmente una politica che preservi l’ambiente e la salute a partire dall’Italia e che è forza di democrazia liberale come in contrapposizione agli amici di Putin.
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Obiettivamente appare difficile sperare in un governo coerente a guida PD. Quale coerenza può esserci se i tuoi alleati sono i populisti di Conte, i nemici di Conte ovvero Di Maio, i veterocomunisti di Bersani, Speranza e Fratojanni? Coerenza avrebbe voluto che il PD, che aveva conquistato una matrice liberal democratica, cercasse l’alleanza, senza rancori e senza troppi calcoli con quelle forze che hanno una visione del mondo e del Paese simile, invece per Letta ha prevalso il calcolo meschino del politicante più che la visione e il progetto ideale del vero politico.
Il Terzo Polo di Calenda invece, guarda ad una gioventù dimenticata specie nel sud, comprata con l’assistenzialismo clientelare e politico del reddito di cittadinanza, una gioventù che deve ritrovare futuro speranza ed amor proprio, quello che è stato cancellato in questo decennio di populismo e malapolitica.
I sondaggi dicono quello che il commissionario vuole e se il commissionario è la RAI dice quello che vuole Letta, se il commissionario è Mediaset dice quello che vuole Berlusconi, se è La Sette di Cairo dice quello che vuole Conte e forse Di Maio.
Per cui fidarsi è bene non fidarsi è meglio.
La speranza per il bene della democrazia è che gli elettori prima del voto si fermino a pensare che facciano tesoro di questi anni, quando c’era il Papeeete, quando si annunciava la fine della povertà dai balconi del potere, si annunciava la fine della legge Fornero, si annunciava una legge per la cittadinanza ai tanti italiani che ancora l’attendono. Ecco gli italiani facciano tesoro della loro memoria tengano presente che quelli che chiedono il voto sono gli stessi di ieri e si chiedano chi sono i più seri? Chi più coerenti ed affidabili? Chi i più competenti e responsabili?
Si convincano gli italiani che l’Italia è un grande Paese, che merita competenza, senso di responsabilità ed amore e che abbia fiducia nelle sue potenzialità riconoscendole e dandole merito, senza rinunciare a partecipare, a dire la sua per il bene di tutti.
E poi si vada a votare e in tanti perché la democrazia la si difende anche e soprattutto con il voto.
Nicola Guarino