Per Missione Poesia presentiamo il nuovo libro di Alda Cicognani: tra le destinazioni e le stazioni di questi Paesaggi (Società Editrice Il Ponte Vecchio), tra le fotografie rimaste impresse negli occhi e le peculiarità di ogni singolo personaggio rimaste nel cuore, l’attraversamento ripercorre le tappe già segnate di incontri con figure che donano, di luoghi che adesso fanno parte della sua geografia poetica
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Alda Cicognani è nata e vive a Bologna. Laureata in pedagogia con formazione in psicologia e scienze sociali. Ha collaborato e collabora con riviste e periodici su cui ha pubblicato poesie, racconti, recensioni, saggi (Tutte le riviste istituzionali: Regione, Provincia, Comune, altre; I Martedì di S.Domenico, Graphie, Parole, Clandestino…). Scrittrice e poeta, è stata finalista in diversi concorsi e premi letterari. Nel 2010 ha vinto il Premio Unico della Giuria al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa “Città di Salò” per il libro di narrativa “Storie di Camillo e Beniamino”, edito da Ibiskos Ed. Risolo. Fra i primi classificati nel Premio internazionale di Poesia “città di Vignola” 2010, è inserita nell’Antologia dei poeti prescelti. È presente anche in altre antologie recenti. Ha pubblicato le raccolte di poesie Vulneraria (Re Enzo, 1999) con prefazione di Davide Rondoni; Assonanze (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2002) in collaborazione con Tolmino Baldassari, con prefazione di Gianfranco Lauretano; Posti di ristoro (Il Vicolo, 2004) con nota introduttiva di Tolmino Baldassari; la raccolta di racconti Le splendide età (Ibiskos, 2010); Le Poesie dell’Amore e dintorni (Manni, 2010), vincitore nel 2012 al Premio La Mole di Torino; Voci di notte e altre poesie (Puntoacapo, 2012); Le fonti dell’Amore – Poema mistico (La vita felice, 2015). Per il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna ha curato corsi e seminari di poesia. Collabora con scrittori e poeti in eventi letterari fra cui il recente incontro a Firenze per la presentazione dell’Antologia Ritratti di Poeta (a cura di Cinzia Demi) (Puntoacapo Ed.) in cui è inserita come autore di vari testi. Nel 2020 ha ripubblicato in II° edizione la raccolta di poesie Assonanze, e nel novembre 2021 è uscita la sua ultima raccolta di poesie “Paesaggi”, entrambi con Società Editrice Il Ponte Vecchio.
Conosco Alda Cicognani da quando vivo a Bologna, ovvero da oltre trent’anni. Con lei abbiamo collaborato insieme al Centro di Poesia Contemporanea dell’UNIBO, abbiamo partecipato a incontri, convegni, reading, abbiamo condiviso pensieri su autori e poesia, lavorato per eventi e presentazioni di libri. La sua poesia è altissima, forse poco nota al grande pubblico perché l’autrice stessa, persona schiva e a volte più incline alla solitudine che alla socialità, non ci tiene a presenziare – dote oggi rarissima – specie sui social dove imperversano followers e likes e autoritratti a non finire… i suoi testi sono densi di riferimenti colti, di riflessioni filosofiche e teologiche, di accadimenti quotidiani trattati con umiltà e verità. Coinvolgente e fiera, la poesia della Cicognani merita davvero un posto di primo piano nel panorama italiano.
Paesaggi
Torno volentieri a parlare della poesia di Alda Cicognani, portata come un dono da questo nuovo libro, Paesaggi, edito dalla Società Editrice Il Ponte Vecchio. Dopo aver apprezzato la sua poesia da sempre, e aver recensito Voci di notte e altre poesie e Le fonti dell’amore. Poema mistico, accolgo a braccia aperte dunque quest’opera, che continua il cammino di ricerca dell’autrice intorno all’umano, alle sue contraddizioni, al suo saper amare e vedere, alla capacità di interiorizzare momenti di drammatica intensità o di estrema dolcezza per farne spunti con cui esprimersi, alla volontà di raccontare gli altri per capire in fondo anche sé stessi. Cosa affatto semplice, direi. Ma, tra le destinazioni e le stazioni di questi paesaggi, tra le fotografie rimaste impresse negli occhi e le peculiarità di ogni singolo personaggio rimaste nel cuore, ecco che Alda prova ad attraversare un lungo tragitto di strada, ripercorrendo le tappe già segnate dei suoi incontri, delle figure che le hanno dato qualcosa, dei luoghi che adesso fanno parte della sua geografia poetica in un continuo rimando a visioni, ricordi, ripensamenti, frasi abbozzate e ricucite, scenari aperti e reali, e altri forse immaginifici. Non ho mai creduto che ciò che scriviamo nasca solo dal reale o solo da un’invenzione: tutto si interseca dentro, tutto si riproduce in quel magma originario che è la parola, tutto il vissuto e il desiderio inconscio contribuiscono a dare alla luce la meraviglia e la poesia che ne è parte.
Così, leggendo Paesaggi, non possiamo fare a meno di chiederci quanto nei testi permanga la presenza della sua autrice e quanto invece appartenga intimamente ad altri. Una domanda lecita, che potrebbe adattarsi a ogni opera? Non esattamente. Alcuni libri hanno una chiara impronta autobiografica, altri sono direttamente attribuibili a una visione esterna, oggettiva, che non afferisce quasi in alcun modo al suo autore. Qui siamo di fronte, a mio avviso, a una commistione di sentimenti, a una forte volontà di rappresentare moti e respiri, vite e affetti che troviamo riflessi in figure esterne, ma delle quali non possiamo fare a meno di parlare, misurando in questo modo la nostra capacità di entrare con loro in sintonia, di sviscerare il lato empatico che ci appartiene per calarci nei loro panni, di specchiarci in altre vite quali fossero le nostre, afferrandone il senso e la direzione.
Ci sono testi parecchio esplicativi di questa dimensione di osservatrice fortemente voluta, e anche dichiarata nella nota introduttiva, dalla stessa autrice, c’è l’osservare la preghiera di un uomo, in chiesa: dentro un uomo in camicia bianca bello /disegnato in tutto entrato spinto/in ginocchio con la sua cartella di cuoio/ una breve preghiera il momento/un abbraccio che toglieva il male; l’osservare un pensiero di finitudine: non sarà per un tempo infinito/dunque non economizzare/ lascia che solo il limite/fra il giorno e la notte segni/la fioritura fra te e il mondo/ tutti i sorrisi che vuoi donare; l’osservare l’indifferenza: come se non sapesse quanto mi preme/mi fa stare male ogni parola di distacco/mai un sorriso per abbracciare il mio silenzio/si mangia si guarda quello che lui vuole/alza gli occhi a chiedere cosa c’è d’altro/ afferra il pane afferra il vino/lascia che il tovagliolo cada non lo vede/mi alzo metto via i piatti sporchi/non vanta bisogni gli basta un’occhiata/le sopracciglia non sono mai distese/mi allontano vado a letto non mi segue/lui segue le partite io seguo sogni… potremmo continuare ma, ciò che preme dire, è che il condimento del dolore, di ciò che chiamiamo il male di vivere, accompagna spesso le osservazioni di questi testi laddove l’unico salvagente è dato dall’amore.
L’amore è un tema ricorrente nelle poesie di Alda, rilevabile anche da diversi titoli di suoi libri, e declinato in molteplici forme, tra le quali quella dell’apertura all’altro – come dicevamo -, ma a volte presenti anche nelle modalità della resa incondizionata: gatto o cane so dove restare e solo/per un padrone sono fatta basta/che accolga il mio fiorire nel suo cuore; o in quella, ancora, dell’indifferenza: domani saranno musi lunghi/tutto perchè mi esce acido dalle dita/ per quell’unico bacio frettoloso/ per non aver saputo trattenere i tuoi passi/chiuderti fra le braccia/eri così veloce credo stasera/ci sia la tua squadra in tv… o dell’amore profondo, totalizzante: mio amore mia disperata ricerca di fede/ bocca dall’odore di erba e luce accecante/ mani che mi trapassano sfidando la pelle/ occhi che mi rendono belante e tremula.
Forse la complessità più ampia affrontata nell’opera, relativamente all’amore, la troviamo nel testo che porta il titolo del libro stesso, Paesaggi. Qui si esplica, in massima parte, anche la poetica della Cicognani che avvolge e coinvolge la natura tutta, che non mente ma, al contrario, elargisce visioni, orizzonti, infinite varianti dell’eterno: Ogni terra è benedetta dal colore/della speranza di eternità. Ed è su questa Terra che l’autrice continua a mostrarci quelli che sono i suoi paesaggi – che diventano immediatamente anche nostri – per affrontare anche tematiche forti come il crollo delle Torri Gemelle a New York, o la sua canzone per l’Europa con nel cuore i luoghi della Jugoslavia. Infine, impossibile non citare uno dei testi più significativi di tutta la raccolta, quello che mirabilmente la chiude, con le immagini di Giovanna, il suo piccolo dono di un getto di cactus, il suo cuore aperto, le sue preghiere per quel figlio perduto, forse i versi più belli, metafora dell’umano che tende al bene (Simone Weill) e il bene si aspetta, umano che cura, che dona: del figlio rimasto come un pilastro/che per noi tiene il mare con le mani/il mare che sussurra commenta accoglie /senza annullare quel che resta //le lacrime stanno chiuse in Giovanna /che cura il vivere dalla cucina alle aiuole/con le bracciate di fiori viola e di giallo/che squilla fra i cactus con le spine/e per me un getto/nel cuore aperto oggi in dono.
Alcuni testi da: Paesaggi
Il momento migliore
il momento migliore è quando il sonno
ti conquista piano e gli piaci
quando ti vuole e tu resisti
con amicizia senza urti fingendo
di non sapere di non volere
poi sul crinale di qua sei tu ancora
sbiadita la coscienza come nel sole
già quasi immemore
di là sei sua e quel momento
segna l’accordo la resa in dolcezza
tutto diviene quieto e già dormi
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Alle sorgenti
sei mai stato alle sorgenti
di quello che chiami male – sull’orlo
dell’abisso dove non c’è luce
allora e solo allora sei vivo
perché sei stato ai bordi del nulla
li hai guardati e toccati
con buia paura e sei tornato
aperto lo squarcio vista la luce
da lontano e il suo dito
sottile la sua voce il richiamo
dei tuoi primi piccoli passi
tu ed io così lontani così
leggeri vivi dopo tutto il tempo
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Come se non sapesse
come se non sapesse quanto mi preme
mi fa stare male ogni parola di distacco
mai un sorriso per abbracciare il mio silenzio
si mangia si guarda quello che lui vuole
alza gli occhi a chiedere cosa c’è d’altro
afferra il pane afferra il vino
lascia che il tovagliolo cada non lo vede
mi alzo metto via i piatti sporchi
non vanta bisogni gli basta un’occhiata
le sopracciglia non sono mai distese
mi allontano vado a letto non mi segue
lui segue le partite io seguo sogni
di posti lontani mentre i ragazzi
stanno fuori ogni tempo che possono
neanche da loro scorre qualcosa che sia
come una mano leggera sulla fronte
una domanda con la voce dolce spengo
la luce con un pensiero di preghiera
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Le sirenelle
stanno sentinelle ai confini
da un giorno all’altro
confidano solo nelle date
da quel giorno fra marzo e aprile
hanno l’umiltà di essere brevi
ma in quei sette giorni
cosa non danno piccole sirene
alte lo sguardo al cielo
oltre la siepe gettano il miele
riservate all’occhio alle narici
dove il profumo è cuore
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Paesaggi
ha creato la bellezza effusa nell’estasi
non ha posto limiti e ripari
ha confidato nell’amore dagli occhi
come una sorgente al cuore
ma sbagliando
il tempo consuma anche i ricordi
i vissuti falciano il cuore abbattono le mura
nel sentiero la specie si perde
non riconosce
sperpera il bene del cammino segnato
l’amore si assopisce soverchiato
da inganni
linee del cielo frastagliato fra i mille verdi
ritrarsi e avanzare d’acque sul dolce
limite della costa e fra scogli intiepiditi
niente importa
oscurato il suono della brezza
dai rumori opachi che affondano
le piccole isole di bellezza superstite
ma qui ogni anno si ripete nuova
anche per i miei occhi la magia
fra le braccia di quelle intatte
linee di monti che non sanno mentire
spargono tramonti senza misura
che solo nella mano del genio
possono essere fusi e donati
sono compatte forze quegli abeti
ogni terra é benedetta dal colore
della speranza di eternità
Cinzia Demi
Bologna, marzo 2022