In Missione Poesia, rubrica di poesia italiana contemporanea, questo mese, “Quando si compie la danza”, di Anna Buoninsegni. Un libro appassionato di vita, nel tentativo di superare i confini dell’indicibile chiamando in aiuto il rito dei dervisci rotanti che, in terra turca, cercano nella danza incessante e nel continuo movimento, un passaggio a spirale tra il basso e l’alto, che avvolga l’uomo e lo sospinga al superamento dei confini verso il Tutto.
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Anna Buoninsegni, di origini toscane, è nata nel 1952 a Gubbio, dove vive e lavora. È giornalista, poeta, critico letterario ed editore di ‘unaluna’, fondata dal marito Alessandro Sartori, scomparso nel 2013. Ha pubblicato le raccolte di poesia Itinera (Arnaud, 1992), La stanza di Anna (prefazione di Mario Luzi, Crocetti, 1997, Premio Alpi Apuane), Ad occhi aperti (prefazione di Mario Luzi, Crocetti, 2005, Premio Donna Città di Alghero e Premio Torri di Quartesolo), AnnAlfabeti – Impronte di linguaggi (prefazione di Maria Luisa Spaziani, Edizioni ‘unaluna’, 2010, con incisioni di Walter Valentini, Premio Suio Terme), Finché splendi amore (nota critica di Davide Rondoni, Valverde, Le Farfalle, 2018); e otto racconti surreali Pagine dal mare (Arnaud, 1989). Nel 2000 con la silloge Senza anestesia ha vinto la sezione inediti del Premio Montale. Sue poesie sono uscite nell’Almanacco dello Specchio (Mondadori, 2009). È stata presidente del Centro di poesia e letteratura Oderisi, punto di riferimento della cultura letteraria umbra, e ha curato la pubblicazione delle antologie Anni ’80 – Poesia italiana (Jaca Book, 1993) e I sentieri della notte (Crocetti, 1997). Ha curato per l’editore Crocetti la collana di CD audio “Voci della poesia contemporanea”, dedicata ai poeti Mario Luzi, Maria Luisa Spaziani, Franco Loi, Alda Merini. Quando si compie la danza edito nella collana Ancilia curata da Giancarlo Pontiggia per Puntoacapo Editore è il suo ultimo di poesie.
Non conosco personalmente Anna Buoninsegni ma ho letto i suoi libri. Della sua poetica mi ha colpito la determinazione e la concretezza con la quale affronta ogni tematica, anche quella dolorosa della perdita degli affetti, e la ricerca di verità che la porta a nominare il mondo intero, anche attraversando le sue ferite, le sue acerbità, ciò che sembra ormai consunto dal tempo. Bisogna saper maneggiare bene la parola per farne poesia, lasciarsi invadere dalla profondità delle esperienze, ostinarsi a non cedere a false retoriche per riuscire a scrivere anche dell’indicibile. E a ridare speranza a chi ha subito l’assenza, creando versi con potenza e vibrazione, ancora immersi nel magma feroce dell’abbandono.
Anna avrebbe dovuto essere con noi a Bologna, all’appuntamento di Un thè con la poesia programmato per il mese di novembre ma, purtroppo, l’emergenza sanitaria ripresa con forza ci ha costretti di nuovo ad interrompere il ciclo di incontri che avevamo annunciato nel precedente articolo.
Quando si compie la danza
Possiamo solo tentare di dire l’indicibile, afferma Anna Buoninsegni, nella nota posta a termine del libro Quando si compie la danza: un libro che affronta nelle quattro partiture di cui è composto – Quando si compie la danza, La guerra delle acque e delle muffe, Il vento delle metropolitane, Finché splendi amore – la tematica del lutto e l’esperienza della mancanza in quella dimensione di solitudine a cui sovente è condannato chi ha subito una perdita di affetti molto vicini, alla quale è difficile arrendersi e per la quale il dolore non si accontenta di bussare alla porta, ma si insinua nelle pieghe più profonde dell’anima, radicandosi spesso senza possibilità – e senza volontà – di estirparlo. Cominciano allora una serie di domande irrinunciabili che cercano risposte che non sappiamo dare, di cui non riusciamo a decifrare i codici, per le quali ci ingegniamo a trovare soluzioni di cui non siamo certi della validità. Eppure tentiamo, c’è qualcosa che ci spinge a percorrere la strada dell’uso della parola di cui conosciamo la duttilità, la potenza, la consolatoria composizione.
Ed ecco che, a poco a poco, la parola si plasma, si forgia, si trasforma in parola poetica e inizia, nel suo comporsi, un misterioso e magico cammino che supporta l’umano. Non è detto che le risposte arrivino facili, non è detto neanche che arrivino ma, di sicuro, riusciamo a vedere quelle domande davanti a noi più chiaramente, non sono più solo incunaboli oscuri ma parole che aprono a una modalità nuova di dire quell’indicibile in cui ci siamo imbattuti: dove vanno gli oggetti amati/abitati/i mobili dai fiati minuscoli… dove vanno le morti bianche… tutto l’unisono del canto/quando moriamo? dopo di noi chi saprà/e continuerà il parlare che ci somiglia? Soprattutto sono domande universali che trovano un riscontro, un’appartenenza che si fa richiamo profondo di un intero mondo che si dissolve, e per il quale appare necessario nominare le cose, i luoghi, le persone, gli affetti per perpetrarne il continuo moto della vita. Si compie così: il disarmato odore del silenzio dove non è la morte il versante opposto della vita/ma questo rovescio duro dello specchio… e dove ci viene incontro muto/il popolo del buio; si compiono così le sensazioni dei luoghi che attraversiamo: nel vento delle metropolitane che si spalanca all’improvviso/con un ringhio cavo… un vento caldo che precipita/verso lo stesso desolato inizio; si compiono così i ricordi e gli appelli ai nostri cari: quell’aria di fuoco/padre mio/questa terra di lasciti finali… la schiena metallica dei mortai 81/la tua guerra/nell’istante controvento del congedo. Tutto si compie per sopravvivere e nulla mai finisce davvero per sempre. Lo sa bene l’autrice che laddove: si è innestata la pianta del dolore ha visto fiorire un rigoglio crivellato/da brevi annaffiature; che immagina come: deve esserci da qualche parte/uno spiraglio/una crepa nel battito che separa/vivi e morti; che canta, nonostante tutto canta: siamo universo/verso uno/mio amore apostolico//radioso hai solidificato/direzione e velocità/per cambiare il mio e il tuo futuro.
Un libro appassionato di vita, di prove di contatto, di possibili incontri tra i due mondi, anche se gli accenni alla morte sono maggiori, questo di Anna Buoninsegni, dimostrazione ne sia la sua stessa citazione al rito dei dervisci rotanti che, in terra turca, cercano nella danza incessante e nel continuo movimento, un passaggio a spirale tra il basso e l’alto, una spirale che avvolga l’uomo e lo sospinga al superamento dei confini verso il Tutto.
Con una versificazione frammentata che spezza le frasi, quasi a simulare il ritmo del pianto (n.d.r. con dispiacere non riusciamo a riprodurla identica all’originale in questa recensione), con una musicalità tutta interna che sostiene la sua cifra stilistica, l’autrice ci nutre con i suoi versi di quella speranza che alla fine è insita in noi, noi che consapevoli del nostro destino ne troviamo e ne uniamo le tracce sin dalla nascita, per creare quel filo conduttore che ha dato origine a tutto e che ci accompagna ad accettare anche ciò che non comprendiamo.
Alcuni testi da: Quando si compie la danza
(si è innestata la pianta del dolore)
si è innestata la pianta del dolore
sul taglio precedente
ne è fiorito un rigoglio crivellato
da brevi innaffiature
metodiche allo sfinimento
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(siamo strutture d’aria)
siamo strutture d’aria
sciami di polimeri che si attraggono
così è la vita delle creature alate
solitarie sull’abisso sintetico
assi di vetro nel cielo
quando cadono fragori epocali
sono capostipite alla mia famiglia
sono il vicino di casa rimasto
sono già tramontato
attimo per poco ancorato ai secoli
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(dove vanno gli oggetti amati)
dove vanno gli oggetti amati
abitati
i mobili dai fiati minuscoli
nell’accudito odore dei giorni?
dove vanno le morti bianche
e quelle rapide
rapite
le mani disossate dopo l’altrui?
tutto l’unisono del canto
quando moriamo?
l’impazienza dei libri
ci abbandona
in fuga da un cumulo di respiri falciati
dopo di noi chi saprà
e continuerà il parlare che ci somiglia?
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(deve esserci da qualche parte)
deve esserci da qualche parte
uno spiraglio
una crepa nel battito che separa
vivi e morti
sentiamo carezze
voci intorno
ma non le tocchiamo
soffi bianchi
richiami lontani
sguardi di ombre
e non riusciamo a vedere
sento lo sfioro del tuo viso appena
che converte il sonno in buonanotte
ma non ho il tattile odore sulla pelle
dio della separazione
ti prego
fammi tornare dove possa nutrire il mio abbraccio
di lui
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(i gatti arruffano il pelo randagio)
i gatti arruffano il pelo randagio
stringono le fessure del vento
ognuno sopporta la notte in maniera diversa
qualcuno sparirà
qualcuno non tornerà
i poveri di niente
non hanno riparo
forse non vogliono
sono disposti alla perdita del talento
un baratto alla tremenda libertà
guardo fuori
le altitudini del buio diventare una sola
le coltellate delle ore
negli occhi chiusi del mondo
Bologna, novembre 2020
Cinzia Demi
♠ Piccoli video realizzati da Cinzia Demi con autori tra cui Anna Buoninsegni e testi tratti dalla nostra rubrica Missione Poesia rintracciabili qui: https://www.facebook.com/hashtag/missionepoesia