Il giorno 21 ottobre al MAXXI di Roma è stata presentata alla Stampa e al pubblico, nell’ambito della “Festa del Cinema di Roma” la prima del film-documentario FLAVIOH di Riccardo Zinna, prodotto dallo stesso Zinna e dall’attore Marco Caldoro.
Purtroppo Zinna è morto solo un mese prima della presentazione del film.
Riccardo Zinna è presente nei film più importanti degli ultimi anni quali “Il portaborse”, “Caro Diario”, “Io non ho paura”, “Il resto di niente”, “Gomorra”, “Benvenuti al Sud”, è presente in fiction televisive di successo quali “I bastardi di Pizzofalcone” e “Don Matteo”, è regista, è musicista, è pittore. In definitiva è un artista geniale e completo.
Con questo racconto di Flavio Brunetti, che si allontana dallo schema solito della recensione e che è anche un ricordo del suo amico Zinna, corredato da foto dello stesso Brunetti parliamo di FLAVIOH, un’opera a dir poco originale e acuta. Essa ci racconta del grande attore Flavio Bucci, uno dei massimi attori del teatro e del cinema contemporaneo, che ha interpretato un’infinità di tipi umani – tra cui l’indimenticabile Ligabue -, tornato ultimamente alle cronache per la sua esistenza sconvolta da una recente scelta di vita ai margini, fatta di droga e di alcool, che lo ha condotto a finire in una casa di riposo e povero.
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Breve racconto di FlavioH
“Ciao, Riccardo, mio dolce amico.
Resterà l’infinito che mi hai insegnato ad amare senza mai strafare. Ciao, dolce amico, che amavi la mia misera terra, il Molise. Che quando, a luglio, ti ho chiamato dalla piazzetta di Castellabate dove avevi girato “Benvenuti al sud” e i muri e le vetrine dei bar erano pieni di foto di scena, ma la tua mancava e io volevo sentirti perché sapevo che da tempo soffrivi e, invece, al telefono hai ancora sorriso ricolmo di vita… il tuo sorriso sempre malinconico come i fiori che sanno della caducità della loro bellezza.
Amico senza vanità. Solo, con le tue delicate riflessioni mai sopite. Anche quando parlavi con me del tempo che doveva venire e che per te, forse, sarebbe stato più breve, ma che, così è la vita, non faceva niente. Con il tuo sguardo d’immensa malinconia che resterà sempre, hai sconfitto la morte.
Stupida morte che credeva di batterti. Invece è lei, la morte, che muore con te.”
Riccardo, scomparso solo da un mese. Ma, di nuovo, un messaggio con il suo nome sul mio telefono! Quel nome … un sobbalzo! Il messaggio:
– Caro Flavio, sabato 21 ottobre alla sala delle proiezioni del MAXXI a Roma, nell’ambito della Festa Del Cinema, sarà proiettato il film di Riccardo che parla di Flavio Bucci. Sarebbe bellissimo se tu venissi. Ciao Sandra.
Era stata Sandra, sua moglie, a scrivermi col telefono del mio amico, Sandra che qualche giorno prima, delicata, aveva ringraziato tutti così:
– Ho avuto il privilegio di avere Riccardo nella mia vita come amico, come mentore, come amante, in quella che definivamo una “stabile relazione occasionale”, ed infine come marito… fino all’ultimo respiro quando, per proteggermi dal dolore, lui abbracciava me.
Mi è capitata così la fortuna di assistere alla prima di “FLAVIOH”, suo ultimo film terminato a pochi giorni dall’ineluttabile destino. Riccardo Zinna qui regista, musicista, coproduttore e attore, un film con il quale l’autore racconta tutto lo spazio etereo e tutti i sogni che abitavano la sua anima attraverso la narrazione dell’esistenza, fantasticamente rimbaudiana, del grande Flavio Bucci.
FLAVIOH, il titolo scelto.
“H” aggiunta al nome dell’uomo di cui si racconta.
“H”, ultima pennellata e ultimo tocco magico aggiunti, dall’artista, all’opera appena compiuta.
“H”, lettera muta… sospiro, speranza, prima dell’ignoto futuro.
La dolcezza appartiene all’anima, non alla carne. E l’anima non appartiene alla morte, quella presuntuosa morte che muore insieme alla carne. Riccardo, non è vero che è morto. Quella sera al MAXXI è tornato ancora tra noi attraverso gli sguardi, i respiri, le battute, le mani nere per la troppa nicotina, le risate, la voce meravigliosa di Flavio Bucci.
Quella sera, nel suo docufilm, Riccardo ci ha raccontato come, mesi e mesi di lavoro, si sia dissetato alla fonte della vita del genio nel quale egli si è immedesimato, diventando con lui una sola anima… o in un camper in giro per l’Europa i giorni di Natale o in un cinema squallido a luci rosse che una volta era anche teatro o su una nave sulle rive del Po, ripuliti Ligabue, la notte di capodanno o dalla madre vecchia di quasi cent’anni o dalla moglie e dal figlio di un tempo oramai lontani.
Flavio Bucci: “La classe operaia va in paradiso”, “La proprietà non è più un furto”, “L’Agnese va a morire”, “Il marchese del Grillo” e poi altri e altri indimenticabili film. “Ligabue”, lo sceneggiato televisivo che, come se ce ne fosse stato bisogno, lo rese ancora più celebre al mondo. Solo per ricordare alcune gemme di questo figlio di emigrati molisani, nato a Torino che ancora sente il richiamo delle voci dell’antica sua terra del Sud martoriato.
Il Molise è la più piccola e povera regione italiana. Casacalenda è il paese originario di Flavio Bucci e lì, ogni anno, c’è la rassegna Molisecinema. Fu così che la sua presenza in quel paese, sia per la rassegna sia per ricevere la cittadinanza onoraria, fu l’occasione per un attore sensibile ed attento come Marco Caldoro di coinvolgerlo nella regia della sua opera “Diario di un pazzo”. Durante i lavori l’estroverso genio, reso ormai più umano, quasi un bambino, dalle vicende della sua vita travolta dall’alcol e dalla droga, l’“Elefante in casa” come lui li chiama, non la smetteva più di raccontare degli aneddoti coi grandi con cui aveva lavorato: Monicelli, Petri, Volonté, Tognazzi, Gassman, Proietti, Moretti, e ancora gli altri. Fu così che Marco Caldoro volle parlare a Riccardo Zinna di questa eccezionale circostanza, di questo tesoro capitato per caso tra le sue mani. Allora in Riccardo nacque l’idea di narrare la vita di un grande attore ancora vivo con un film che raccontasse di lui, innanzi a lui e con la voce di lui, a lui stesso e alle persone da lui amate un tempo o ancora adesso o con quelle che inventarono i personaggi, cuciti sulla sua faccia, sulla sua voce, sulle sue movenze, sui suoi occhi. E per far ciò decise che bisognava allestire un camper che portasse per l’Italia e l’Europa tutta la troupe e Flavio Bucci da quelle persone che avrebbero potuto raccontare, innanzi al genio e insieme al genio la vita personale e artistica del genio. Una incredibile idea.
Questa cosa di raccontare la vita di qualcuno, generalmente, si fa quando quel qualcuno è già morto. E infatti, al pubblico in sala del MAXXI che, dopo la proiezione del film lo ha visto rientrare appoggiato al suo bastone e sottobraccio a Marco Caldoro e non smetteva più di applaudirlo, Flavio Bucci si è rivolto esclamando:
– Basta! Basta! Non sono ancora morto!
E che egli non sia ancora morto ce ne siamo accorti tutti con le sue battute ed i suoi aneddoti fuggenti ed amari:
– Quando dovevo doppiare John Travolta nel film “La febbre del sabato sera” il produttore me lo presentò e, indicandomi, gli disse:
– “Questa è la tua voce italiana”
E io, rivolgendomi ad entrambi, sottolineai:
– “Digli che lui è la mia faccia americana!”
E poi aggiunsi:
– …. e va a ffa’ ‘nculo tu e Travolta!!
In sala al MAXXI, tanti attori ed addetti al cinema ed al teatro e tra essi anche Armando Pugliese, uno dei registi più prestigiosi della scena nazionale.
– Con Flavio sono incazzato nero perché un attore geniale come lui ha lasciato con la sua vita dissennata il campo a tante mezze pippe marce che nulla hanno da condividere con il teatro.
Poi un abbraccio lunghissimo e malinconico dei due talenti con le loro bianche e incolte barbe a sfiorarsi sui visi, forse bagnati da qualche invisibile lacrima.
Terminato l’abbraccio, ancora, Pugliese, indicandolo al pubblico:
– Pare che si stia parlando di un morto e invece, lui, lo vedete?, è ancora vivo e vegeto e non è nemmeno vecchio e parlare di lui, di quello che ha già fatto e che è già stato mi fa venire i nervi!
Il film è finito. Rimangono nell’anima la bellissima colonna sonora di Riccardo Zinna, la voglia di continuare il suo viaggio con il genio nel camper lungo le vie dei sogni e alcuni versi a memoria della sua poesia dedicata a FLAVIOH che chiude la storia lasciando un nodo alla gola.
Che splendidi macelli
occhioni belli
….
ma cortigiano mai
giammai borioso
perché la vanagloria
è il nutrimento dei privi di talento.
Testo e foto di Flavio Brunetti © Riproduzione riservata
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FLAVIOH – TRIBUTO A FLAVIO BUCCI
un film documentario di
RICCARDO ZINNA
Un tributo a un uomo spigoloso, caparbio, generoso e coerente
Un viaggio attraverso strade, stanze, suoni, mondi, corpi, amori
prodotto da
MARCO CALDORO RICCARDO ZINNA
Scheda tecnica e manifesto del film QUI