Chi dice estate, dice teatro, ma quest’anno rischia di diventare l’estate delle Medee, tante ne sono programmate con caratteristiche varie, non sempre conservando il target greco di Euripide.
Ci chiediamo perchè. Che cosa attira tanto gli spettatori di questo dramma cupo in cui l’amore è sconfitto? Forse è la crudezza dell’uccisione dei figli o la donna – maga che si vendica orribilmente del suo uomo traditore o semplicemente la donna delusa, innamorata, colpita nel suo orgoglio, che cede alla gelosia?
Penso che soprattutto essa sia la straniera che viene cacciata dalla terra di Giasone perché inconciliabile con le leggi della città. Un dramma attuale che richiama lo scomposto esodo dei nostri giorni e l’ingorgo dei sentimenti che suscitano le drammatiche vicende di vita e di morte! Qualunque sia il motivo, Medea è la protagonista indecifrabile d’un dramma antico che ha un ascendente pericoloso: parla di odio, di rancore, di timore e di vendetta, per niente d’amore. Risuona ancora da secoli alle orecchie la sua sentenza: “Ahimè, grande sventura ai mortali le passioni d’amore!”
Anche se la barbara Medea non ha imparato a razionalizzarla, neppure Giasone è esperto nell’arte della conciliazione, anzi fa di tutto per irritarla ed inimicarsela. Due mondi a confronto, lontani l’uno dall’altro, come la notte e il giorno, due realtà divenute estranee e non più compatibili, che neppure il vincolo dei figli riesce ad avvicinare.
Da qui il tragico epilogo dell’assassinio che strazia l’anima e non l’innalza all’altezza degli dei, come vuole, nell’Esodo, l’arrivo del Carro del Sole che salva Medea e la trasposta lontano dall’ira di Giasone, ma non fa giustizia, perché essi, gli dei, non sono veramente esecutori della giustizia e testimoni dell’amore che vince ogni cosa, ma complici del gorgo di amarezza e di contraddizione, tutto umano, che si è creato.
Le due piccole vittime innocenti non hanno parole, se non di paura e di orrore, ma lei sì, crudeli e senza remissione contro lo sposo promessosi ad un’altra, che ignora il suo progetto vendicativo e vuole ripudiarla.
Partendo da questo elementare schema, c’è chi come Francesco Micheli, all’Arena Sferisterio di Macerata, farà di Medea il dramma dei profughi in fuga, l’11 agosto, con i costumi di Piero Tosi. Dante Ferretti li ha ridisegnati e saranno poi messi in vendita benefica per un progetto di “Medici senza frontiere”.
Accompagnerà il dramma un’orchestra posizionata in un campo di grano, senza segnali di appartenenza ad alcuna terra o stato, e la regia medierà forme anche dal cinema di Pasolini con la Callas, girato nel ’69, quando il dramma aveva anche il compito di rappresentare, oltre al mito, la crisi della società del tempo, mai come quella di oggi, giunta a un punto tale da compromettere ogni futuro, negando la vita non solo a piccoli innocenti, ma a tutti i comuni esseri mortali, alla rinfusa.
Un altro dramma su Medea sarà rappresentato a Lugano, sotto il titolo di : Il Purgatorio di Ariel Dorfman, tre atti del regista Carmelo Rifici della Scuola Ronconi al Piccolo, in cui non si nominano mai Medea e Giasone, ma si rappresenta il loro dialogo drammatico di lamenti e grida, come tra vittima e carnefice, che richiama attacchi, difese e recriminazioni di una coppia in un’accanita requisitoria.
Apparentemente il mito non viene evocato, ma è chiaro che lo sviluppo del dramma ha lì la sua genesi. È stato tutto trasfuso nel nostro indicibile presente, è divenuto storia quotidiana di vendetta e di sangue che chiede altro sangue.
Il passato è come se fosse dimenticato, dopo aver dato i suoi frutti velenosi di inimicizia e di odio, furore e sregolatezza. Più che a Pasolini che s’interrogava sulla liceità di tradurre l’acmé della tragedia greca in un’analisi concreta della deformazione umana corrente, l’autore ed il regista sembrano voler riprendere: La morte e la fanciulla di Roman Polanski, un film del 1994, un thriller psicologico in cui la mente non riesce più a distinguere la verità dal falso, allucinante dilemma sulla vita e sulla morte, con i fantasmi del passato che divengono realtà traumatica dell’oggi e portano alla conclusione finale.
Chi è responsabile della follia del nostro tempo che nasce dalle incomprensioni e dalle torture di ieri, dalle lotte degli uni contro gli altri?
Il dramma da Lugano transiterà poi per l’Emilia Romagna, al teatro Arena del Sole di Bologna, per arricchire un cartellone denso di tanti altri eventi.
Gaetanina Sicari Ruffo