“Il canto di Cecilia e altre poesie”, il nuovo lavoro di Laura Corraducci, propone attraverso un notevole scavo interiore, i nervi scoperti delle emozioni scalfiti da una miriade di sentimenti e di contatti umani, da esperienze intense che diventano esperienze di poesia, e che si allineano ad uno stile fatto oltre che di linguaggio fresco e rinnovato da molte intersezioni trasversali tematiche, anche di similitudini e allegorie, metafore e musicalità, nella migliore tradizione poetica.
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Laura Corraducci è nata a Pesaro nel 1974. E’ insegnante di inglese. Nel 2007 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie con Edizioni Del Leone dal titolo Lux Renova. Suoi inediti sono apparsi su “Punto Almanacco della poesia italiana 2014”, edizione Puntoacapo, Gradiva, con nota critica di Giancarlo Pontiggia; “Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n.2”, Raffaelli Editore, 2014.
Dal 2012 organizza con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Pesaro la rassegna poetica “vaghe stelle dell’orsa” dedicata alla poesia contemporanea, alla quale partecipano autori di livello internazionale. Nello stesso anno ha vinto il concorso “La donna si racconta” sezione poesia. Sue poesie sono state recentemente tradotte in lingua spagnola. Il suo ultimo libro, uscito per Raffaelli Editore nel 2015, porta il titolo “Il canto di Cecilia e altre poesie”.
Conosco Laura Corraducci da diverso tempo. L’anno scorso ho partecipato a Pesaro alla sua rassegna “vaghe stelle dell’orsa” e mi sono commossa nel vedere il suo impegno e la sua voglia di proporre un discorso poetico alla portata di tutti, che coinvolga la gente, che resti come una traccia emotiva su cui riflettere. Così è il suo sentire, chiaramente riflesso anche nella sua poesia e nel suo modo di porgerla agli altri. L’ho sentita leggere i suoi testi con un tale amore da pensarla immersa nella poesia stessa, ho visto i suoi occhi illuminarsi alle letture degli altri poeti. Un’autrice con un alto grado di sensibilità, insomma, quasi con un’attenzione “antica” agli spazi dei versi, con un gusto raffinato e sottile verso il bello, verso l’elegante, ma anche verso il doloroso, e con un imprescindibile desiderio di raffigurare – nella sua poetica – la massima forma di espressione umana: la libertà. Di lei mi piace soprattutto questo. Se fosse un’epoca la definirei ottocentesca, e se dovessi pensarla in quest’epoca la penserei forse come un’altra delle sorelle Brontë, forte come Emily nell’avvampare del fuoco segreto della poesia.
In quest’articolo parleremo del suo ultimo libro, Il canto di Cecilia e altre poesie, edito da Raffaelli nel 2015.
IL CANTO DI CECILIA E ALTRE POESIE
Ho già parlato, in parte, di questo lavoro di Laura Corraducci nell’articolo uscito per la rivista “Versante Ripido”
(Lo spirito mistico religioso della poesia femminile contemporanea) in relazione al discorso sullo spirito mistico religioso della poesia femminile contemporanea, approfondendo l’aspetto intorno a quella parte poematica del libro che affronta la figura di Santa Cecilia. Relativamente a questa parte, quindi, ripropongo il ragionamento fatto: “Qui, nel dare voce alla Martire cristiana del II secolo, l’autrice ripercorre il viatico del suo lungo martirio (dopo i tentativi di asfissia non riusciti, infatti, la pena di morte venne convertita in quella per decapitazione. Si narra che il carnefice vibrò i tre colpi legali e che Cecilia, che ancora non moriva, venne lasciata nel suo sangue) dove ogni momento si rivela anche per la musica che lo compone. Il canto nato dai gemiti, la melodia di fianco all’anima che è il ricordo dello sposo, mentre anche la preghiera chiede: che sia la Tua musica a inebriarmi la mente, che sia nel corteo nuziale o verso il martirio – in lontananza un bambino cantava.
Laura Corraducci, in questo suo ultimo percorso poetico ci propone dunque un passaggio dove non è più l’io poetico protagonista ma, una seconda persona, donna in primis e una santa martire che contiene in sé, nell’esperienza della scrittura che si fa religiosa – anche qui, senza visione mistica ma semplicemente con la com-passione che necessita una con-divisione di fede, che l’autrice porta dentro di sé – un distacco dall’esperienza soggettiva per rafforzarsi, così come dice anche Massimiliano Napoli nella prefazione, in «un’altissima invocazione metafisica… Nel poemetto posto in ultimo… Laura Corraducci ha sublimato la sua peculiare risposta, non solo stilistico-formale, alla collocazione dell’io»”.
Ma, il lavoro dell’autrice non è solo questo, seppure questo potremmo definirlo il cuore pulsante dell’opera: vuoi per il riferimento ripreso anche nel titolo, vuoi per il fatto che a questo passaggio è affidata la chiosa del libro, vuoi per il suo legame – comunque forte – con le restanti partiture che affrontano, con uno spirito altrettanto com-passionevole, altrettante tematiche dove l’intimo sentire è messo a contatto – e a dura prova – con contesti sociali fortemente rappresentativi della sofferenza umana, e dove l’io, che Massimiliano Napoli dichiara quasi completamente assente, è invece – a mio dire – qui fortemente presente, e proprio in prima persona detta le regole di un possibile sentire collettivo, di un possibile confronto universale per testimoniarla la sofferenza, per non dimenticarla, se pure in un crescendo contestuale che parte dall’abbandono d’amore e arriva al Canto di Cecilia.
Così – per portare qualche esempio – se nella sezione Il filo intorno al dito è, appunto, l’amore che irrompe sulla scena con le annotazioni che riguardano oltre il rapporto con la fede, messo in apertura del libro, quasi a bilanciare il finale con le riflessioni sulla Martire, come a chiudere il cerchio tra un sacro che contiene al suo interno un profano, con le annotazioni che riguardano – dicevo – uno o più rapporti comunque vissuti, sentiti, rivisitati da più parti, fors’anche riflessi nei contorni di una figura paterna i capelli non li hai mai avuti bianchi/erano i fili caduti dalla maglia/li raccoglievo distratta nella macchina […], nella sezione I nomi rimasti ecco che il resoconto del viaggio in Africa porta l’io a fare un bilancio del pellegrinaggio emozionale tra i canti dei giovani di Cotonou, la scoperta delle terre oltre il confine, il cielo di N’Dalì che non si oscura mai, le case di polvere, gli inganni di fine settembre, e le nuove strade tracciate all’infinito. Così se in Versi per fari e guardiani in otto scansioni viene raccontata la solitudine umana, affrontata nella dimensione del faro e del suo guardiano, nella sezione Nella tasca sinistra l’autrice propone una serie di testi, per altro già usciti in pubblicazione sull’Almanacco dei poeti e della poesia nel 2014 (Puntoacapo) con il titolo Quaderni dal carcere, dove l’esperienza del contatto con i detenuti del carcere di Pesaro, la porta a fermare sulla carta molti dei momenti vissuti con loro, a realizzare immagini quasi dipinte di questi volti, delle loro storie, come in uno storyboard poetico dove tutto si tiene e si condensa, sublimandosi nella storia di Said e del suo gesto suicida (17/10/2013) a cui l’autrice dice: ti resti la poesia come stigma sulla pelle/perché di te nulla mai vada perduto.
Un lavoro dunque di notevole scavo interiore questo della Corraducci, un lavoro dove i nervi scoperti delle emozioni vengono scalfiti da una miriade di sentimenti e di contatti umani, dalle esperienze intense che diventano esperienze di poesia, che si allineano ad uno stile fatto oltre che di linguaggio fresco e rinnovato da molte intersezioni trasversali tematiche, anche di similitudini e allegorie, metafore e musicalità, nella migliore tradizione poetica che Laura – così come appare in exergo a molti testi – conosce, frequenta e applica con una certa facilità, conservando pur tuttavia la sua cifra stilistica intatta e riconoscibile.
Qualche testo da: Il canto di Cecilia e altre poesie
tre centimetri di pelle ti ho cucito
alla vita come fossi una cintura
i punti fissati diritti sulle anche
tre croci sul tuo Golgota di carne
venga il vento
a slegarmi dai tuoi fianchi
venga il fuoco
a bruciarmi dentro un tuono
farfalla sciolta in polvere sul muro
alla morte oggi ruberò le cicatrici
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sarà la teoria degli angoli convessi
o quella delle rette parallele
o è il pigreco del tuo labbro superiore
a spaccare in un secondo tutti
gli assi portanti del mio mondo?
e sentirsi ancora nuda e rovesciata
come una figura piana
disegnata sempre storta
sulla carta millimetrata
dell’ennesima inutile illusione
(I sezione, Il filo intorno al dito)
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a N’Dalì il cielo non si oscura mai
è un drappo incandescente sulle foglie
la scimmia è il custode del palazzo
e si addormenta alle luci dell’aurora
stanotte saprò indovinarti le costellazioni
e risalire all’indietro la Via Lattea
ti accarezzerò i capelli in ogni stella
in cui mi sarò dato di inciampare gli occhi
(II sezione, I nomi rimasti)
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potrebbe alzarti le mani al cielo
spingerle in alto e farle volare
recitarti a memoria le linee dei polsi
raccontare di come di nascosto
ha scelto di abitarti l’anima
donna che raccogli nella pelle
gli sbagli di chi ti ha preceduta
il trucco si disfa
e nel tramonto rinasce la bellezza
offerta ancora all’altare sconsacrato
del tuo corpo ma è il sangue suo
che scuro ti esce dalla bocca
e che porti senza saperlo nelle vene
(III sezione Versi per fari e guardiani)
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il tuo viso giace muto
in fondo al letto
lo sorveglio di nascosto
senza farmi ritrovare
il corpo ferito dalla notte
lo sento attraversare i corridoi
annodare le distanze
nello spazio dei seni
stringo i pugni sulle tempie
il duello con la morte
ha il rumore dei tuoi passi
(IV sezione Nella tasca sinistra)
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lei serrava nella gola la vittoria
strappando al boia la sua voce
per sciogliersi il cielo nei capelli
nello sforzo estremo della danza
e lasciare cadere dalle mani
tutto il seme aspro dei colori
(VI sezione Il Canto di Cecilia)
Cinzia Demi
Bologna, maggio 2016
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P.S.:
“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani.
Per scoprire i contributi già pubblicati: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/
Laura Corraducci e l’avvampare del fuoco segreto della poesia.
In antitesi con tanta poesia che indica nascondendo e dice senza nominare , questi versi di Laura Corraducci esperiscono senso e suono , bella espressività e rispetto per chi legge e per l’oggetto del ricordo.
Ringrazio quindi, in uno con l’attenta lettura proposta da Cinzia Demi .