Parigi. « Dove eravamo rimasti ? » È con queste parole che sabato 12 giugno ho ripreso le attività del cine-club sul cinema italiano che animo da vent’anni al Cinéma du Panthéon nel quartiere latino. L’ultima proiezione, in effetti, aveva avuto luogo nell’ottobre scorso, nel quadro del Festival Italissimo, con uno straordinario Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi ne “Il giovane Favoloso” di Mario Martone. Ed è lo stesso attore romano che, questa volta, interpreta Antonio Ligabue, il pittore italiano nato in Svizzera alla fine del XIX° secolo, nel bellissimo film di Giorgio Diritti “Volevo nascondermi” (Je voulais me cacher). La pellicola, che uscirà in Francia il 7 luglio, ha ottenuto ben 7 ricompense ai David di Donatello (l’équivalente transalpino dei Césars) tra cui quella del miglior film e del migliore attore.
Si tratta del quarto lungometraggio del sessant’unenne regista bolognese e del secondo, girato nella sua regione facendo un largo utilizzo del dialetto emiliano. Ma se “L’uomo che verrà”, che raccontava i tragici fatti dell’eccidio di Marzabotto nel 1944, era ambientato nell’Appennino bolognese, questa volta ci troviamo nella provincia di Reggio Emilia, nelle vicinanze della riva destra del fiume Po. È qui che nel 1919 giunge dalla Svizzera, all’età di vent’anni, Antonio Ligabue figlio di immigrati italiani ma dato giovanissimo in affidamento ad una famiglia della svizzera tedesca. Antonio entra e esce da vari istituti ed ospedali a causa dei suoi problemi fisici e psichici e, alla fine, viene espulso dal paese dopo aver aggredito la madre adottiva e spedito a Gualtieri, luogo da cui era originario l’uomo con cui si era sposata la madre naturale.
Non parlando l’italiano, vive selvaggiamente nelle campagne trovando unico sollievo nell’espressione artistica fino all’incontro con il pittore e scultore Renato Marino Mazzacurati che intuisce il suo talento, gli insegna l’uso dei colori ad olio e riesce ad inserirlo in una qualche vita sociale nella fattoria dove viveva con la madre.
Giorgio Diritti ci racconta la vita difficile del pittore con un ricorso a frequenti flashback, splendide inquadrature pittoriche della Bassa reggiana e un alternarsi di colori : caldi e intensi quando si tratta della natura, degli animali o dei momenti di socialità e freddi e spenti nelle istituzioni in cui è periodicamente rinchiuso.
Le descrizioni particolarmente riuscite della vita nella comunità contadina non possono non far pensare alle scene de “L’Albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, un regista a cui Diritti è molto legato e con cui condivide il senso dell’osservazione e i tempi lunghi che permettono di approfondire conoscenza e comprensione delle situazioni. Caratteristiche che tuttavia Diritti dice di ritrovare anche in una collega di vent’anni più giovane di lui: Alice Rohrwacher.
In un’intervista contenuta nel dossier de presse elaborato dal distributore Bodega Film, il regista dichiara che “Ligabue potrebbe essere il cugino di Lazzaro, il giovane eroe di Lazzaro Felice”, l’ultimo film della Rohrwacher. Ma aggiunge subito dopo, per sottolineare l’umanità e la particolare ironia del personaggio, che “potrebbe anche essere un parente di Charlot”.
La fine del film ha evocato in me anche una particolare similitudine con il racconto di Flaubert “Un cuore semplice”. Nel primo dei Trois contes pubblicati dal grande scrittore francese nel 1877, la protagonista, la domestica Félicité, alla fine della sua vita riversa tutto il suo smisurato bisogno di amore su Loulou, un pappagallo che finirà impagliato e che accompagnerà gli ultimi giorni dell’esistenza di Félicité passando dalla stanza dove morirà al repositorio della processione descritta alla fine del racconto.
Ligabue, nella sua camera dell’Ospizio di Cerri, dove si spense il 27 maggio del 1965, aveva davanti al letto un’aquila impagliata che aveva riportato dal suo viaggio a Roma per la mostra che segnò, nel 1961, il suo riconoscimento artistico nazionale. E, come Flaubert termina il suo racconto con l’immagine di Félicité che, esalando il suo ultimo respiro, “credette di vedere, nei cieli semiaperti, un pappagallo gigantesco che plana sopra la sua testa”, così Diritti chiude il suo film con la sequenza di un rapace che volteggia nel cielo mentre vediamo, in un’ampia inquadratura dall’alto, il disegno che Ligabue da giovane aveva tracciato con un bastone sulla sabbia delle rive del Po.
Paolo Modugno
Au cinéma le 7 juillet
Synopsis: Expulsé par l’institution suisse qui s’occupait de lui à la fin de la Première Guerre mondiale, Antonio se retrouve en Italie contre sa volonté. Sans attache, vivant dans un grand dénuement, il s’accroche à sa raison de vivre, la peinture qu’il pratique en autodidacte. Peu à peu du public à la critique son « art » va bousculer l’académisme. Le destin incroyable et vrai d’Antonio Ligabue, l’un des maîtres de la peinture naïve aux côtés de Rousseau et Séraphine de Senlis.
JE VOULAIS ME CACHER (VOLEVO NASCONDERMI) de Giorgio Diritti
Italie – 2019 – 118 – 2:69 – 5.1 – vost – DCP
7 Prix au David Di Donatello 2021