Il festival entra nel vivo e cala alcuni degli assi tra i favoriti per il leone d’oro come The Danish girl di Tom Hooper. Cospicua la presenza francese, malgrado un certo provincialismo, impedisce ai mass media francesi di parlare di Venezia (gelosie con Cannes). L’hermine con il bravissimo Luchini. Ma sono molte le rassegne in corso e si puo’ avere in questo articolo un esempio della varietà di proposte che Venezia 72 offre.
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L’HERMINE
di Christian Vincent
Francia
Con Fabrice Luchini e Sidse Babett Knudsen
Presentata oggi in concorso, alla 72a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, l’ultima pellicola di Christian Vincent, L’hermine, protagonisti Fabrice Luchini, nominato quattro volte per il Premio César per il miglior attore, un vero mostro sacro ormai del sempre ottimo cinema francese e dalla bellissima attrice danese Sidse Babett Knudsen molto nota per la sua interpretazione del primo ministro Birgit Nyborg Christiansen nella serie TV Borgen, presto nelle sale cinematografiche.
La trama è poco più che un pretesto per narrare una storia d’amore dai toni diversi, molto soft: un presidente di corte d’assise, separato da poco dalla moglie, ombroso, non amato dai suoi sottoposti, ma preso molto in giro, conosce una bella anestesista durante un suo ricovero ospedaliero.
La ritrova tra i giurati in un processo che lui presiede, ma, dapprima, c’è perplessità, da parte di lei, non si rende conto come possa una persona come lui essersi innamorato così dolcemente ed idealmente di lei.
Sarà sua figlia, con la sua vitalità, il suo smitizzare i tabu da loro stessi creati a dare origine ad un rapporto che sboccerà – è sicuro – ma lentamente, senza fretta, come si addice a due persone mature e consapevoli.
L’interpretazione magistrale ed ironica, come sempre di Luchini, e quella molto misurata della Knudsen rendono il film gradevole, ma nulla più: plot e sceneggiatura son appena passabili.
Difficilmente, forse Coppa Volpi a parte per gli attori, si potrà parlare di Leone d’oro…
Venezia 72 – in concorso.
Maria Cristina Nascosi Sandri
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THE DANISH GIRL
di Tom Hooper
Con: Eddie Redmayne e Alicia Vikander
Hooper nel 2010 aveva diretto il bellissimo The king’s speech – Il discorso del re, film incentrato sui problemi di balbuzie di Re Giorgio VI e del suo rapporto d’amicizia con Lionel Logue, il logopedista che lo ebbe in cura. Il film ricevette numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui 12 candidature agli Oscar 2011, di cui quattro vinti. Tra questi v’è il Premio Oscar al miglior regista ed al miglior film straniero.
Nel 2012 fu alla regia del film Les Misérables, tratto dall’omonimo musical di Alan Boubil e Claude-Michael Schonberg, vincitore di 3 Premi Oscar 2013 su 8 nominations
The Danish girl è una grande storia d’amore, un biopic inglese basato su un romanzo omonimo del 2000 scritto da David Ebershoff.
Artisti entrambi, Lili ancora uomo e Gerda, vivono per 6 anni uno splendido matrimonio, una specie di ‘vissi d’arte, vissi d’amore’, poi qualcosa si spezza: per caso o per destino – come direbbe Shakespeare – un lavoro fatto insieme per cui lui indossa calze di seta, posando per la moglie al posto di una modella assente – libera la sua ‘altra da sé’ e pian piano tutto si evolve senza che nessuno dei due possa fermare questo processo di trasformazione.
Grande è l’amore di Gerda che mai abbandonerà il marito, l’amore della sua vita, a poco a poco, sempre più donna, fino alla morte, una morte per lui liberatoria; un chirurgo con due operazioni per allora pericolosamente sperimentali gli fa cambiare sesso e le ultime parole di Lili saranno: Ora sono felice, sono libera.
Film di grande eleganza stilistica, estetica e fotografica: le inquadrature son spesso citazioni di opere d’arte, da Bellotto e le sue vedute di Dresda – grazie a lui, ed ai suoi dipinti, dopo il bombardamento di guerra anglo-americano che nel 1945 l’aveva rasa al suolo poté essere ricostruita com’era – a Vermeer, per non citarne che due.
Notevole il commento musicale affidato ad Alexandre Desplat, compositore francese di colonne sonore di grande fascino, premio Oscar e lo scorso anno direttore della giuria internazionale della Mostra del Cinema di Venezia
Venezia 72 – in concorso.
Maria Cristina Nascosi Sandri
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SOBYTIE (THE EVENT)
di Sergei Loznitsa
(Paesi Bassi, Belgio, 74’, v.o. russo/inglese s/t inglese, italiano) – documentario
Oggi, a 24 anni di distanza dai fatti, Sergei Loznitsa sente l’urgenza di raccogliere il materiale girato in occasione del colpo di stato dell’agosto ’91 in Russia e metterlo in un film. La storia è maestra di vita, ci ricordavano sempre i nostri antenati latini. Ed è verissimo. Quindi è un bene che questi fatti vengano fatti conoscere ai giovani (e fatti ripassare ai vecchi…). Il colpo di stato, come tutti sanno, fallì, perché, a seguito, o in concomitanza con una forte sollevazione popolare, specie a Leningrado, pezzi importanti dello Stato si rifiutarono di eseguire gli ordini dei golpisti.
Il film si sofferma soprattutto sulle reazioni delle gente comune. E sui discorsi di piazza del sindaco di Leningrado e di altri esponenti che si schierano con la gente. Compitino svolto con diligenza. Ma, mai si dicono i nomi del golpisti. Niente si vede dei loro ordini e proclami. Totalemte ignorati. Anche la storia filmata la scrivono i vincitori?
Curiosità : le varie scene sono cadenzate da schermi neri con la prepotente colonna sonora del Lago dei Cigni. Solo i russi, però ne capiscono la ragione. Il 19 agosto del ’91 la Russia si svegliò con quella musica. I 4 canali televisivi dell’epoca, a reti unificate, trasmettevano infatti una registrazione del celeberrimo balletto. Se la cosa si dovesse ripetere oggi sul centinaio di canali nel frattempo creati, i russi saprebbero subito che sta succedendo i nuovo…
Fuori concorso
Valutazione sintetica : 6.
Catello Masullo
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THE CHILDHOOD OF A LEADER
di Brady Corbet
(G.B., Ungheria, Belgio, Francia, 2015)
con Liam Cunningham, Bérénice Bejo, Stacy Martin, Yolande Moreau, Tom Sweet, _ Robert Pattinson
Il regista inglese ventisettenne Brady Corbet ha presentato in concorso per la sezione Orizzonti il suo primo lungometraggio “The Childhood of a Leader” di carattere storico/drammatico.
Basato sull’omonimo racconto di Jean-Paul Sartre, la pellicola è ambientata alla fine della Prima Guerra Mondiale una famiglia americana si stabilisce temporaneamente in una villa nella campagna francese, dove il padre (Liam Cunningham) è coinvolto nei negoziati di pace relativi al Trattato di Versailles al fianco del presidente Woodrow Wilson. Sua moglie (Bérènice Bejo) è una cristiana devota che lotta con i capricci del giovane figlio ribelle. Questi riceverà un’educazione molto severa e ancor più anaffettiva che lo condurranno ad un carattere insofferente verso l’obbedienza.
A seguire dall’esterno la vicenda della famiglia, vi sono un’insegnante di lingua francese e un giornalista amico di famiglia (Robert Pattinson). Il ragazzino, nonostante sia molto intelligente è dotato di atteggiamenti violenti, e lascerà intravedere i segni di un futuro adulto dispotico in grado di diventare un dittatore del XX secolo.
Il regista Corbet ha la presunzione e di realizzare un film molto ambizioso (che sembra prodotto per la televisione) basato su un sinistro ritratto delle origini del male.
Purtroppo il tutto si riduce a un ridondante lavoro, incentrato su alcune discutibili marachelle del giovane viziato che avrebbero meritato qualche sonoro scapaccione per ripristinare l’obbedienza in famiglia. Anche la musica accentua con toni enfatico-drammatico degli elementi inutili e il tutto viene condotto ad una conclusione non esplicativa che lascia molto perplessi sullo scopo del film. Da dimenticare.
ORIZZONTI
Andrea Curcione
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KRIGEN (A WAR)
di Tobias Lindholm
(Danimarca, 2015)
con Pilou Asbæk, Tuva Novotny
Di ambientazione bellica è anche il film “Krigen – A War” del regista danese Tobias Lindholm presentato per Orizzonti. Durante la guerra in Afghanistan l’ufficiale Claus Michael Pedersen comanda una squadra di soldati danesi. Nel frattempo in Danimarca, Maria, la moglie di Claus, cerca di portare avanti la vita quotidiana con i tre figli che sentono la mancanza del padre.
Un giorno, durante una missione di routine, il gruppo di soldati finisce sotto il fuoco di un gruppo di talebani e Claus, per salvare i suoi uomini, prenderà la decisione di far bombardare dall’aviazione una zona dalla quale si suppone provengano i colpi. Ben presto si scoprirà che la zona colpita era abitata da civili. Il comandante verrà messo sotto accusa per le proprie discutibili regole d’ingaggio. Egli verrà rimpatriato e subirà un processo civile e non militare, che avrà gravi ripercussioni per se stesso e per la sua famiglia. Il regista e sceneggiatore televisivo Lindholm realizza una storia attuale, lineare e senza fronzoli retorici, dedicata ai soldati impegnati ancora oggi a combattere in vari fronti di guerra.
La guerra del titolo è quella che un operativo si porta addosso come cicatrici indelebili che minano il comportamento; anche quando lo stesso soldato rientra in patria e deve riadattarsi ai ruoli civili. Sulla scia di altre pellicole di genere come “The Hurtlocker” e “American Sniper” dove famiglia e guerra sono connessi, così “Krigen” racconta una parte di verità di ufficiali costretti a volte a prendere decisioni rischiose pur di proteggere i propri uomini. Interessante.
ORIZZONTI
Andrea Curcione
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BLANKA
di Kohki Hasei
(Giappone, Italia, 75’, v.o. filippino s/t inglese/italiano)
con Cydel Gabutero, Peter Millari, Jomar Bisuyo, Raymond Camacho, Ruby Ruiz
La Biennale College non finisce di stupire. Come sapete si tratta di una iniziativa della Biennale d’Arte, non solo limitata al cinema, di selezionare ogni anno progetti di giovani artisti e di finanziarne alcuni. Nel caso di specie della Mostra, vengono realizzati, nell’arco dei 10 mesi che precedono la kermesse internazionale, 3 film, del costo di 150.000 euro ciascuno. Blanka è uno di questi, dell’ultima informata. Mette in luce un fenomeno tanto grave quanto ignorato.
Quello dei cosiddetti “bambini di strada”. Minori in tenera età che si ritrovano abbandonati per strada. Senza famiglia, senza casa. Che per sopravvivere si arrangiano a fare piccoli furti, a chiedere elemosine, ecc. E che sono oggetto degli abusi e delle violenze più turpi che si possono immaginare. Non esistono stime ufficiali, ma le Nazioni Unite pensano che il fenomeno riguardi non meno di mezzo miliardo di bambini in tutto il mondo. Blanka è una ragazzina di 10 anni che vive per strada, nelle Filippine. Padre mai conosciuto, madre sempre ubriaca, che un giorno sparisce per seguire un altro uomo. Storia straziante. Ma con momenti di tenerezza, di commozione. Ed anche di comicità. Un’opera di esordio, di Kohki Hasei, che fa veramente ben sperare.
Biennale College
Valutazione sintetica : 7.5
Catello Masullo