La satirica Sabina Guzzanti ritorna a Venezia con un film sulla trattativa Stato/mafia, mentre finalmente arriva il nuovo e discusso film di Abel Ferrara su Pasoli. In coda una breve riflessione sul nostro cinema italiano a Venezia che finalmente raccoglie applausi dopo i fischi dello scorso anno.
La Trattativa di Sabina Guzzanti.
Ecco la tanto attesa pellicola di Sabina Guzzanti « La trattativa ». Film non in concorso, chissà perché, e che porta la questione dei recenti e misteriosi patti tra Stato e Mafia. Basandosi soprattutto su fatti documentali che non possono lasciare dubbi ( filmati provenienti dai processi, dai telegiornali, di allora, dai documenti trovati là dove gli era possibile averne almeno una copia). Il mosaico che ha formato, ripercorre la storia dell’Italia dal 1992 ad oggi.
Niente è stato lasciato al caso e se il film inizia da con una rappresentazione teatrale, (costruita in una stanza, messi attorno ad un tavolo questori, personaggi eccellenti quali Gaspare Spatuzza, Massimo Ciancimino ecc,) si è proceduto in tal modo per tutto il film inframmezzando le storie ricreate, con parti di verità inoppugnabili, verso le quali ci sono però ancora zone molto oscure.
Si scoprono anche personaggi meno importanti (uno in particolare, Ilardo ucciso perché collaborava troppo, ma a saperlo erano solo magistrati), a cui la stampa, allora, non diede molto spazio. Due poteri, quello dello Stato e quello della Mafia, che, a più riprese si sono mandati segnali terribili, ma che non hanno mai smesso di ignorarsi dimostrando che il loro legame non si era mai spezzato, anzi. E’ inutile dire che la storia dell’Italia, ben prima della seconda guerra mondiale, è anche storia di criminalità mafiosa, ndranghetista, e camorrista: la riprova è che nel tempo questa si è affrancata, specialmente nelle zone calde del nostro sud, dove è iniziata una storia tragica, piena del sangue di migliaia di persone, molte anche innocenti.
Il film della Guzzanti si collega alla storia del nostro paese solo a partire dall’entrata in campo di Berlusconi e ci rivela un’altra dimensione del potere mafioso, mai come in questi ultimi anni così in alto, mai così colluso con quello politico di Roma. In conferenza stampa la stessa ha ribadito che, quando si entra in contatto con Cosa nostra, il legame non si spezza mai: perché la mafia ricorda ed, eventualmente, sa ricattare chi gli diventa ostile, fino alle conseguenze terribili che sappiamo. Lo Stato se delinqui, al massimo ti può mandare in galera, la mafia quando vuole, ti può anche uccidere.
Ecco una volta ancora apparire le immagini di uno spaventatissimo Nicola Mancino ex ministro della nostra repubblica, che alla domanda se conoscesse Borsellino, rispondo con un « non lo conoscevo » evidenziando una volta di più la sua prigionia dentro alle logiche perverse della mafia. Non poteva certo mancare Napolitano il nostro controverso presidente della Repubblica. Il suo rifiuto a voler chiarire i rapporti con Mancino, che forse impaurito dalla sua precedente posizione e dalle cose che sa e non vuole dire, ha indebolito la sua posizione e prestigio davanti a tutti gli italiani.
Non spettava certo alla Guzzanti di chiarire le zone oscure di questi ultimi venti anni. Per questo c’è, o dovrebbe esserci la magistratura con le sue indagini. Ma i misteri restano ed è questo che tormenta il nostro paese, impossibilitato ad uscire da queste logiche perverse che lo relegano in una zona di costante pericolo.
Sappiamo come molti imprenditori esteri non vogliano venire nel nostro paese a causa di questo, ma nessun poltico vero, tantomeno Renzi, sa al momento, reagire in modo opportuno, dando una risposta che sappia indicare una probabile via d’uscita.
Da Venezia Massimo Rosin
Pasolini di Abel Ferrara USA
Di Pier Paolo Pasolini si leggerà e si scriverà ancora a lungo. Certo è che Abel Ferrara, insieme allo sceneggiatore Maurizio Braucci, ha offerto una rilettura alquanto scarna della figura: molti si aspettavano che si trattasse dell’assassinio politico, delle vicende giudiziarie quali buchi neri dei delitti irrisolti in questi decenni; o ancora chissà cos’altro. E invece Ferrara scombina le carte: ci porta nelle ultime ore prima dell’assassinio all’Idroscalo romano (laddove ancora non vi è una lapide, come sollecitava Moretti anni fa).
Ferrara riveste il suo attore-feticcio William Dafoe come meglio non si potrebbe nello scavato viso e negli atteggiamenti; e c’è mamma-Susanna nel viso commovente di Adriana Asti, amica del poeta da sempre. Ferrara ci conduce nel fantasioso universo pasoliniano e nell’avveniristico filmico con Eduardo (De Filippo) e Ninetto (Davoli) alle prese di un’opera incompiuta, la ricerca della luce per il « Porno-Teo-Kolossal » mai realizzato.
Piacerà, non piacerà? E’ a suo modo, nello stile di Ferrara, una ulteriore chiave di lettura verso il poeta-regista (che sul passaporto si definiva solo Scrittore) e verso la sua poetica corsara e lungimirante…
Oggi, 4 settembre, 50 anni or sono veniva proiettato, accompagnato da polemiche e polizia di scorta, « Il Vangelo secondo Matteo » girato in gran parte in Basilicata (fra Matera, Barile, Lagopesole); sarebbe stato importante riproporlo in questa Mostra. In Basilicata si susseguono le iniziative.
Chiediamo a Ferrara se lo aveva visto quel capolavoro e se ne avesse tratto dei « suggerimenti » sulla figura del Poeta. Quanto a Defoe, quando aveva interpretato (nel 1988) « L’ultima tentazione di Cristo » di Martin Scorsese (anche quello qui al Lido accompagnato da polizia a cavallo e « processioni » di integralisti cattolici che tanto ci impressionarono quell’anno) aveva tratto dei punti di « contatto » con il delicato Cristo di Pasolini?
Risposta di Ferrara è che ci sono sempre stati film considerati « negativi » e tentativi di distruggere quelle opere che disturbano; Defoe ha invece affermato con una certa grazia che ha cercato di « abitare il pensiero di Pier Paolo… »
Adriana Asti, commossa, non può dire altro che « quando si è giovani ci si sente immortali… » così almeno vedeva il suo amico Pier Paolo.
Nel finale, la poesia che Ferrara ha dedicato a Pasolini recita: …per sempre dalla parte sbagliata, per sempre alla testa dei fedeli tra cui io. »
Tra cui noi.
IL CINEMA INTALIANO IN BELLA …MOSTRA
Sarà stato l’Oscar a Sorrentino, sarà stato il riconoscimento di Cannes ad Alice Rohrwachercher, sarà stato il Leone d’oro vinto lo scorso anno al Lido dal documentario italiano di Rosi « Sacro GRA », ma il cinema italiano di anno in anno riconquista credibilità e nuove concrete speranze di affermazione ovunque. E specie fra gli agguerriti critici del Lido di Venezia che fino a qualche anno fa accoglievano con una certa prevenzione i nostri film: si ricorderanno i fischi e le risatine durante la proiezione del film di Michele Placido « Ovunque sei » e quelle più recenti per Cristina Comencini « Quando la notte ».
Ma anche altri autori hanno ottenuto pari trattamenti in questi anni. Ora pare che un vento nuovo si levi proprio da Venezia; i nostri film in concorso sono davvero competitivi e rappresentano storicamente (ed antropologicamente) la nostra cultura: Leopardi (riletto da Mario Martone) la contemporaneità cruenta di una Calabria ancorata ad un mondo arcaico e violento (le Anime nere di Francesco Munzi) e il divenire (almeno sotto l’aspetto ecologico ed alimentare) del film di Saverio Costanzo « Hungry Hearts ». E altre opere in rassegne parallele confermano la tendenza ad uno sguardo moderno del mondo contemporaneo, fra il politico e la rilettura dei controversi decenni appena trascorsi: lo fa benissimo Sabina Guzzanti con « La trattativa » e buon racconto del film « Patria » di Felice Farina.
Da Venezia Armando Lostaglio