L’intrepido fu un famoso fumetto degli anni ’50. Nel solco della tradizione del cinema italiano, il film d’Amelio racconta, con semplicità e gusto, l’Italia di oggi sulla faglia tra legalità e illegalità. Con Antonio Albanese nei panni del “rimpiazzo” figura simbolo della precarietà nel lavoro di oggi. Per la prima volta Amelio si cimenta con una commedia.
Antonio Pane svolge una strana professione, fa il « rimpiazzo ». Sostituisce cioè altri lavoratori che si debbano assentare dal lavoro, per poche ore o per qualche giorno. Il lavoro glielo procura un boss napoletano, che gestisce una sorta di agenzia interinale clandestina, pagandolo poco e male.
Si trova quindi un giorno a fare il tranviere, un giorno a consegnare le pizze, un giorno l’operaio e così via. E’ separato, suo figlio è al conservatorio ed è un asso del sassofono.
Quando dalla “agenzia” lo mandano, a sua insaputa, ad accompagnare un bambino che si prostituisce con pedofili, molla tutto e se ne va. Ad un concorso passa il compito a Lucia, una ragazza smarrita, con la quale condivide successivamente alcune sostituzioni lavorative ed alcune angosce. Provando a vendere rose nei ristoranti incontra casualmente la sua ex moglie Adriana. La quale, impietosita, prega Dante, l’attuale compagno facoltoso, di dare un lavoro ad Antonio. Ma l’attività non è quella che sembra…
Gianni Amelio è uno dei nostri cineasti maggiori. È sulla breccia da tempo. Con una carriera luminosa e pluripremiata. Nel 1973 con « La Città del Sole » ottiene il gran premio al Festival di Thonon. Nel 1978 con il giallo « La morte al lavoro » ottiene il premio FIPRESCI al Festival di Locarno, il premio speciale della giuria e quello della critica al Festival di Hyères. Nel ’82 è a Venezia con « Colpire al Cuore », è del ‘92 « Il Ladro di Bambini », premio speciale al Festival di Cannes. Seguono « Lamerica » (1994) – miglior film 1994 dall’EFA, Nastro d’argento 1995 per la regia e la fotografia e 3 David di Donatello (musica, fotografia e presa diretta) – e « Così Ridevano » che nel 1998 a Venezia ottiene il Leone d’oro e l’Osella per la sceneggiatura. Nel 2004, con « Nati due volte », alla Mostra di Venezia vince il Premio Sergio Trasatti- La Navicella assegnato dalla Rivista del Cinematografo » e Il SNGC (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici) assegna il Premio Pasinetti al protagonista Kim Rossi Stuart. Il film vince anche il Nastro d’argento 2005 per la regia, la fotografia e la migliore presa diretta (Alessandro Zanon, cui va anche il David di Donatello 2005). E’ del 2006 « La stella che non c’è », Premio Pasinetti al protagonista Sergio Castellitto.
Il suo ultimo film prima di questo è « Il primo uomo », ispirato al romanzo di Albert Camus. Con “L’Intrepido” conferma la sua maestria. Usa, questa volta il registro della commedia amara. Costruendo il protagonista su Antonio Albanese. L’attore italiano che più ha lavorato sul linguaggio del corpo. Raggiungendo risultati sempre di altissimo livello. L’accoppiata con Amelio non poteva non dare frutti pregiati. Albanese costruisce il personaggio più “Charlottiano” della storia recente del cinema. Un uomo in perenne precariato, ma pulito, onesto, generoso, colto, dolce e gentile.
Soprattutto, dignitoso. Che si può permettere di voltare le spalle ad ogni meschinità, illegalità, turpitudine ed andare verso il sole a testa alta. Pagando prezzi anche alti, naturalmente. Ma senza mai perdere il gusto di una vita che valga la pena di essere vissuta. Sorretto da valori inossidabili, da un inguaribile ottimismo e di gioia di vivere.
Un uomo d’altri tempi. Un galantuomo, un modello di cui si avverte quanto mai il bisogno e l’urgenza di rivalutazione. Nell’attuale congiuntura, un solitario, un eroe, un intrepido, appunto. Ma forse il film ci ricorda anche in sottotesto che di questi eroi/anti-eroi, di galantuomini, che si fanno la barba ogni mattina ed escono per guadagnarsi il pane, il mondo è pieno. Magari fuori moda. Ma sono la stragrande maggioranza.
Un film alto, coinvolgente. Ma anche divertente e gustoso. Di eccellente confezione ed ottime interpretazioni anche per gli attori con parti minori. Da non perdere.
Curiosità : il sottofinale (che non svelo, per non togliere il gusto di scoprirlo a chi il film non lo avesse ancora visto, diciamo, per individuarlo che riguarda uno strumento musicale) ha provocato il, purtroppo ricorrente, coro di fischi e di buuuhh di una sparuta, ma rumorosa, minoranza di supposti “giornalisti” cinematografici.
Di quelli giovani che se un film non è fatto con un linguaggio cerebrale ed incomprensibile, normalmente associato ad una noia mortale, non è degno della Mostra di Venezia. E che si fanno venire l’orticaria per ogni film che parla di sentimenti e che usa un linguaggio comprensibile anche ad un operaio e per il quale non è necessario un PHD in cinematografia sperimentale ermeneutica. La lettura di questo finale è, invece, secondo me, piana e lineare come il resto del film.
È l’esempio e la spinta che un padre deve dare ad un figlio per affrontare la vita senza paura e con la consapevolezza dei propri mezzi. I ragazzi di oggi sono la prima generazione da molte che ha una prospettiva di futuro peggiore di quello dei propri padri. I giovani sono sfiduciati e demotivati.
Sono i padri, in parte responsabili della attuale situazione con la quale si trovano a confrontarsi i figli, che li devono spingere, li devono incoraggiare a prendere in mano il loro destino. E questo sottofinale, per l’appunto, ci sta tutto. Ed è degno di plauso, come tutto il resto del film, e non di fischi.
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Frasi del film :
“ lo sai cosa significa inseguono i sorci con un ramoscello? Sono i sindacati!
… fortunato chi lavora. Almeno può scioperare!”. (Operaio sul ponteggio ed Antonio Albanese).
“io ho segnato tutti i rimpiazzi di questo mese, tutti i giorni, le ore. Ma non ho preso un soldo… io non dico di essere pagato sempre, ma almeno ogni tanto!”. (Antonio Albanese al boss Alfonso Santagata).
Se hai una pistola alla tempia, e per salvarti la vita devi scegliere se andare a letto con Brad Pitt, Barak Obama o Woody Allen, con chi vai?
Con il primo che capita, devo salvarmi la vita!”. (operaia sarta ed Antonio Albanese).
“Quando ce l’hai il concorso?
La settimana prossima. Non so niente.
Papà, tu sai sempre tutto! Ma quelli che vincono i concorsi, nemmeno ci vanno.
Allora rimango a casa, magari mi prendono !”. (il figlio Gabriele Rendina ed Antonio Albanese).
“Scusi, alla domanda 19…
Le informazioni sono vietate!
Lo so, ma la parallasse è femminile!”. (Antonio Albanese mente consegna il compito e la commissaria di esame).
“sei tifosa per qualche squadra?
Io tifo per i tifosi, danno in senso alla loro giornata!”. (Antonio Albanese e Livia Rossi).
“Lo sai che ci faccio qui? Il rimpiazzo.
E che significa?
Io prendo il posto di qualcuno che si deve assentare, per un impegno, una cresima….
Quando da piccola mi chiedevano cosa vuoi fare da grande, dicevo voglio prendere la febbre.
Perché?
« Perché quando hai la febbre non vai a scuola, non vai a lavorare, la mamma ti posta a letto il latte caldo con i biscotti. Adesso se mi ammalo è un problema ».
« Non c’è problema, mi chiami e ti rimpiazzo!”. (Antonio Albanese e Livia Rossi).
“Questo è il più bel rimpiazzo della mia vita!
Che c’è di speciale?
Tenere in mano un libro è sempre speciale!”.
“Chi pensa è intelligente, ma chi pensa male è n’omme ‘e merde. E tu pensi male…
I soldi che mi dovete non li voglio più, ve li regalo, e non chiamatemi più!”. (il boss Alfonso Santagata e Antonio Albanese).
“Ma si può fare? Voglio dire, è legale?
Ti sei ancora uno di quelli che legge il giornale?
Beh, ogni tanto… non ho tempo.
Bravo, allora il tempo che hai non sprecarlo!”. (Antonio Albanese e Dante).
“Sai quel’è il segreto per diventare ricchi? Fare felici tutti. Come il Papa, la nazionale di calcio… va bene ti sistemo. Ma ti devi ripulire. Via sta giacchetta, sta camicia da due soldi. E, soprattutto, la cravatta. Un uomo senza cravatta compra, ma non vende!”. (Dante ad Antonio Albanese).
Da Venezia
Catello Masullo