Un’estate italiana. Di Aglaja: ‘Giù’

C’è una casa che affaccia sul mare. Lo chiamano mare quell’azzurro che si muove e luccica sempre. Alla bambina ricorda l’acqua della tinozza blu dove la lavano. Non fa mai capricci quando succede. Le piace la spugna che la accarezza, i piedini e le manine che si muovono allegri schizzando dappertutto. La sua gioia non irrita la mano adulta che insapona e sciacqua con dolcezza, gli occhi scuri e liquidi che godono inteneriti di quella rara allegria. E poi il tavolo, dove c’è un asciugamano grande con disegni ricamati a piccolo punto di palloni multicolori, cavallini a dondolo, bimbi che ridono e giocano. Ne viene avvolta e strofinata energicamente, poi il piumino del talco la solletica e la voce cara ripete: “Il pesciolino infarinato, il mio pesciolino infarinato…”.

Una mattina vede che il suo asciugamano viene piegato e riposto in una borsa grande. Dentro ci sono le formine, la paletta e il secchiello blu a pois bianchi, con cui gioca quando la portano nella vasca di sabbia dei giardini. C’è anche un sacchetto di carta con dentro la focaccia che le piace tanto e che profuma ancora di forno.

Viene presa in braccio e portata giù in strada. Basta attraversare e si entra in un posto grande grande, rotondo, dove c’è un odore nuovo, dolciastro, penetrante, che si mescola a quello salmastro che già conosce e respira da sempre. E musica, canzoni, come quelle che sente dalla radio della cucina, quando la mettono sul seggiolone azzurro, mentre viene preparato il pranzo. Qui escono fuori da uno strano apparecchio con delle lucine intermittenti, circondato da ragazzini mezzi nudi e schiamazzanti. Ci mettono dentro una monetina e quel coso canta. Ma non può andare verso loro, come vorrebbe. È di nuovo in braccio e viene portata in una specie di viuzza, fatta di tavole di legno, con ai lati delle curiose, piccole e strette casette, con le porticine fatte a persiana. La voce le legge i numeri che ci sono sopra, come se recitasse una filastrocca: “2, 4, 6, 8, 10, 12… 14! Eccoci arrivate!”. Una chiave lunga e rugginosa viene fatta girare nella serratura ed ecco che dallo splendore della mattina si passa a un’oscurità appena diradata dalle lame di luce che filtrano dalle feritoie della porta. Le viene sfilata la vestina bianca e le si fanno indossare delle mutandine orribili, con dei buffi volant. “Ti piace il costumino?” e intanto sulla testa le è messo un cappellino di tela, che impara subito a odiare, quasi più delle mutandine da stupida.

Ancora una volta in braccio. Ecco che, uscendo dalla stradina di legno, c’è la sabbia, ma qui è molta, molta di più di quella della vasca dei giardini! E in fondo alla sabbia c’è il mare! Come è blu! Come è bello! Si divincola dalle braccia, riesce a scendere ma… come brucia i piedini quella sabbia cattiva! Le si riempiono di lacrime gli occhioni, ma non piange, non vuole fare vedere che piange. Sotto un enorme ombrello però la sabbia è meno rovente. Ci sono delle sedie strane, di tela, ci si affonda dentro, meglio stare sopra il suo morbido asciugamano e cominciare a scavare per trovare la sabbia bagnata, quella che serve per le sue formine. Epperò il mare… si incanta a guardarlo: quante sfumature di azzurro e di verde, in quel blu, se ne riempie lo sguardo. E la schiuma bianca, e le onde che vanno avanti e indietro, e la loro impronta umida che si ritira sulla sabbia, e i sassolini luccicanti, e… “Andiamo a bagnare i piedini?” La voce sorride, ha capito il desiderio della bambina che porge la manina alla mano che la invita ad alzarsi. Prima di partire, però, viene tutta strofinata con una crema (ecco cos’era quel profumo dolciastro che aveva avvertito, prima!) che esce da un tubetto arancione, dove c’è un cane, nero come il suo, che tira giù il costumino a una bimba abbronzata, lasciandola col culetto bianco scoperto. La bambina ride molto nel vederlo e questo l’aiuta a sopportare di essere unta come la focaccia che ancora non ha mangiato.

Finalmente aggrappata alla mano, la bambina caracolla sui sassolini, si piega a raccogliere i più belli, i vetrini verdi, blu, trasparenti, che le sembrano pietre preziose di un tesoro perduto. Poi si siede e rabbrividisce quando le onde la raggiungono e le bagnano il pancino. Ride, non ha paura, l’acqua è gentile, allegra, gioca con lei, i piedini e le manine sguazzano e fanno arrivare le gocce sul visino. La linguetta lecca quelle gocce e ne impara il gusto salato: è buono. Le mani adulte poi le insegnano un gioco nuovo: la fanno volare per saltare le onde quando arrivano. Che bello! Non è mai stata più felice di così.

Poi, improvvisamente, sente altre voci che si rivolgono a loro. Sono adulti, un uomo e una donna, parlano di cose che non capisce e che non le interessano, meglio guardare i gabbiani che si tuffano nel mare. Cosa cercheranno? si chiede la bambina. Cosa c’è dentro il mare? Pensa alle sue formine: c’è un cavalluccio, una stella, un pesciolino… Mentre riflette, la voce le dice: “Pensa che bello: questi signori ci portano a fare un giro in moscone”. In moscone? Come si fa a salire su una mosca, per quanto grande sia? Faranno una magia? Poi però sente che chiamano così una specie di barca con due panchine e i remi. Ancora una volta viene presa in braccio e il signore rema, mentre le due signore, dietro, prendono il sole. Che cosa meravigliosa! È in mezzo al mare! Qui è ancora più blu e ora non sente più le voci della spiaggia, ma solo i gridi dei gabbiani, lo sciabordio dell’acqua. Guarda come luccicano le ondine. sembrano tante stelline… forse c’è un altro cielo dentro il mare? Forse è per quello che i gabbiani ci si tuffano!

Giù, di Aglaja

È un attimo. Si è divincolata dalle braccia che la tenevano e si è buttata giù, per vedere cosa nasconde quel liquido coperchio. Ha gli occhi aperti, vede blu, un blu trasparente, però, che sembra entrarle dentro, più dentro, fino a diventare nero. Nero.

Quando riapre gli occhi è sulla sabbia. C’è tanta gente intorno a lei. Voci confuse. Tra quelle, l’unica voce importante, spezzata, che dice parole che non capisce, ma che sembrano di rimprovero e di sollievo. Il signore del moscone è circondato da persone che gli stringono la mano.

La bambina si tira su. La guardano tutti. Si sente avvampare. Cosa vuole da lei tutta quella gente? È di nuovo in braccio, ora.  Il viso che preme sul suo è rigato di lacrime salate. Perché? È stata così felice…


La vecchia signora guarda la mareggiata. È sola sulla spiaggia. Cammina sui sassi. Non cerca più pietre preziose. Sono solo sassi. Entra nell’acqua. Le onde sono alte, la fanno barcollare. Va avanti. Più avanti. Giù. Nero.

Aglaja

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Aglaja
Aglaja è una disegnatrice grafica, illustratrice, pittrice e vignettista con il vizio della scrittura, che si cela nei panni di Gabriella Corbo, insegnante di lettere di Genova.

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