Ucraina. E poi c’è quello che: “Io non sto con Putin ma”

La pillola di Puppo. Uno spettro si aggira tra noi. Quello di chi la sa sempre un po’ più lunga degli altri e dice “io non sto con Putin ma”. Versione aggiornata di “io non sono razzista ma”, “io non sono omofobo ma”. Come se una posizione chiara fosse possibile solo nei casi in cui a confrontarsi siano angeli integrali con diavoli integrali; cioè mai. Come se dire che Putin è un dittatore, che sua è la responsabilità della guerra in Ucraina equivalesse a dire che tutti gli altri sono dei santi specchiati.

È vero: le cose sono sempre più complicate di come appaiono. Ma c’è un limite oltre il quale la ricerca a tutti i costi della complessità diventa un’altra cosa. A questa jouissance che impedisce di pronunciarsi e rimanda sempre a qualcosa d’altro, a volte è bene preferire il rasoio di Occam: “È inutile fare con più ciò che può essere fatto con meno”.  C’è un momento in cui, senza disumanizzare gli aggressori e angelizzare gli aggrediti, occorre riconoscere gli uni e gli altri come tali e capire l’urgenza delle cose. Qui le cose sono un paese in fiamme e un dittatore dotato di enorme potere che fa la guerra con dei pretesti.

Chi dice “io non sto con Putin ma”, di solito al “ma” fa seguire qualcosa sulla NATO e gli USA. Però la NATO in Ucraina non c’è. E anche se vi fosse, questo costituirebbe magari ragione di discussione ma non una scusante per un’aggressione militare. (Fino a prova contraria, una nazione è libera di chiedere, a torto o a ragione, di fare parte di un’organizzazione internazionale). Della NATO fanno parte, da tempo, i paesi baltici  (Estonia, Lituania, Lettonia) che confinano con la Russia, senza che questo abbia mai provocato la guerra. Credere che la colpa dell’aggressione sia della NATO significa quindi fare a pugni con la logica ed eco alla propaganda putiniana. Senza nemmeno la scusante, a differenza dei russi, di non avere altre fonti di informazione. Quanto agli USA, le loro colpe (tante vere, altre presunte) non giustificano i massacri altrui. A meno che non si pensi che gli americani abbiano una specie di primogenitura del male, e che tutti gli altri non siano invece responsabili delle proprie azioni.

Oltre alla NATO, chi dice “io non sto con Putin ma” di solito tira fuori qualcosa sul governo ucraino. Su cui è legittimo e giustissimo avere dei dubbi. Non vi è certezza sulla sua rappresentatività e natura democratica, né sulla correttezza dei comportamenti verso le minoranze russofone dell’Ucraina orientale. Nel nazionalismo ucraino sono presenti, certo, frange di estrema destra (quelle che permettono a Putin di affermare che l’obiettivo è “de-nazificare” il paese); ma sono minoritarie e presenti anche nelle fazioni separatiste filo-russe (del resto, non è un mistero che il mondo dell’estrema destra, anche in Italia e Francia, guardi a Putin come a un modello, e a volte come a un finanziatore). Il presidente ucraino Zelensky è un personaggio ambiguo, abile a comunicare. Un ex comico che interpretava il ruolo di un insegnante che diventa, per caso, presidente, in una serie televisiva dal titolo “servitore del popolo”. Quella serie è diventata un partito, la finzione si è trasformata in realtà e Zelensky (dieci milioni di followers su Instagram) ha vinto le elezioni con il 73% di voti. Lo si vede, in una foto, con i tacchi a spillo, la maglietta tirata su a scoprirgli il petto. (Certi capi politici ripetono il rituale di Cristo e offrono il loro corpo, come preda del pasto totemico immaginato da Freud: l’uccisione del padre e il banchetto con la sua carne. Una preda che però sfugge, e in questo riafferma, a differenza di Cristo, la sua invincibilità).

Ma se sul potere ucraino è giusto avere questi dubbi, su quello di Putin invece è proprio impossibile averne. È un regime che da autoritario si è trasformato in totalitario, decapitando ogni pluralismo, perseguitando i giornalisti liberi (Anna Politkovskaya e tanti altri uccisi o scomparsi), assordando il suo popolo di propaganda nazionalista, e usando la politica e le istituzioni per affari loschi. Un incrocio tra regime fascista e banda mafiosa: ibrido tra Pinochet e il dittatore cubano pre-castrista Fulgencio Batista. Anche lui, naturalmente, con il culto del corpo, esibito a torso nudo in groppa agli orsi, che ci riporta a Mussolini (spunta il sole canta il gallo Mussolini monta a cavallo). Con una rappresentazione, a differenza di quella di Zelensky, sacralizzata in una specie di dimensione mitica.

Come qualcuno possa continuare ad avanzare giustificazioni, a sminuire le responsabilità di Putin ricordando quelle di altri paesi, o considerare Putin addirittura un campione dell’anti-capitalismo (lui, uomo tra i più ricchi del pianeta), è un mistero che a mente fredda richiederà qualche riflessione.

Nel frattempo, credo che sia giusto sostenere, per quanto possibile, il popolo ucraino nella sua difesa dall’invasore e quella parte di popolo russo che è contro la dittatura putiniana. E a chi la sa sempre più lunga e dice “io non sto con Putin ma”,  meglio ricordare cosa diceva Lenin: chi non è da una parte o dall’altra della barricata, è lui stesso la barricata. Ecco: io non sono leninista ma.

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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