“Tutte feriscono, l’ultima uccide”, un giallo ambientato a Roma con reminiscenze antiche.

Pubblicato dalle edizioni Il Vento antico, è uscito questo giallo con sfumature noir e personaggi dipinti magistralmente dal duo Laura Costantini e Loredana Falcone, due scrittrici-storiche della latinità. Un thriller originale, carico di tensioni, che fa respirare mille atmosfere romane diverse, di ieri e di oggi. Ce ne parla Maria Vitali-Volant.

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Nei lontani anni Settanta la televisione italiana trasmise una serie che incantò tutti : «Il segno del comando». Un giallo esoterico con protagonista la città di Roma. I luoghi notturni della città di Sorrentino allora, con una grande bellezza misteriosa e evocatrice di mondi antichi quasi irraggiungibili. Una città più netta in superficie ma sotterranea, strana come un sogno inquietante, quasi pericolosa.
Qualche cosa sfugge scrivendo di Roma magica, come se questo mito non fosse alla portata di tutti, soprattutto le piume «vagabonde» (come diceva Calvino) degli scrittori  famosi. Malgrado la letteratura copiosissima, su Roma plana un silenzio di parole e di suoni se si vogliono suscitare i fantasmi del suo passato.
Questa serie televisiva riuscì a ridare alla città un mistero che ce la rese più umana, più intrigante. Un ritratto d’anima junghiana avvincente. In fondo Roma è palese, scoperta, solare, celebrata e odiata, un paesaggio manifesto che allontana gli spiriti avventurosi sempre curiosi. I “Gialli” sono gli alibi degli spiriti pigri che fremono in poltrona e che ad ogni goccia di sangue si rassicurano perché sono scampati al pericolo…Quindi un libro a enigmi sanguinosi ambientato nella città del trionfo della Chiesa sembra una sfida, quasi un’offesa. Un pretesto per meglio evocare il mondo pagano e i suoi riti sacrificali ma nei quali affondano le radici di una spiritualità condivisa.

Evocare questo mondo delle origini è quello che hanno fatto le autrici, Laura Costantini e Loredana Falcone, due  scrittrici-storiche della latinità, nel loro libro: “Tutte feriscono, l’ultima uccide, fornendo al lettore anche la frase latina, attribuita a Seneca, su quest’ultima ora che per il grande filosofo sapeva di morte. “Omnes feriunt, ultima necat”.
Un giallo  ben costruito dove sfilano i paesaggi  dispiegati intorno al  monumento più importante di Roma : il fiume Tevere. Transtiber, il quartiere di Trastevere, l’Isola Tiberina, il «Ponte rotto», il ponte Mammolo, ponte Milvio…, i platani febbricitanti a causa dell’inquinamento, i giardini, le case: residui medievali o rinascimentali, quelle eleganti Liberty o in stile umbertino… La Roma «bene», ma il fiume arriva fino al mare nei quartieri periferici, poi i ponti romani : etruschi, medievali, rinascimentali, barocchi, moderni etc. e la vita che brulica sotto le loro arcate : protagonista di fatti e fattacci di emarginazione, solitudini, dipendenze, vite parallele… sotto architetture sontuose. Perché Roma è anche un enorme teatro a cielo aperto dove si giocano varie commedie e tragedie dietro le quinte ingioiellate…  Questo giallo ce ne parla, così come ci apre uno scorcio sulla antica nobiltà romana, ancora vivente nei palazzi signorili del Lungotevere o le storie di artigiani di antiche botteghe orafe; dinastie di creatori di bellezza della quale la città ridonda. Plana l’ala della Morte sul Tevere e non è né sarà l’ultima volta, bisogna che il lettore rabbrividisca. Parola all’editore:

«Uno è un caso, due una fatalità, quattro fanno una maledizione.
Così il maresciallo Quirino Vergassola dice al suo amico Nemo Rossini, giornalista, di fronte all’ultimo cadavere affiorato dalle acque del Tevere. Tutti senzatetto, apparentemente suicidi, ma tutti indossano una tunica bianca, sul petto portano lettere marchiate a fuoco e gli esami tossicologici evidenziano tracce di assenzio. L’unico testimone della loro morte è un altro clochard, che affida al suo talento per il disegno il compito di lanciare l’allarme: a Roma, di notte, qualcuno accompagna i condannati a un sacrificio rituale. Un’indagine complessa, quella che il maresciallo Vergassola si trova tra le mani mentre a Roma impazza il Carnevale. Ben presto si rende conto che nulla è come appare e i più sospettabili sono, forse, innocenti.
Un thriller carico di tensione, un intreccio le cui tessere si incastrano a una a una fino a formare un disegno cupo e illuminante al tempo stesso.»

Roma – Il Tevere – foto Luca Ricci

Un giallo dunque che fa respirare nebbia ma anche profumi della cucina romana di oggi e di ieri: l’ambientazione coeva si salda con la storia e le leggende della città antica con le sue vestali, i sacerdoti di culti esoterici e le nefandezze che possono ispirare brividi di paura a chi ha goduto del frutto del riscatto operato dal cristianesimo.
L’azione si svolge in riva al fiume fra i suoi abitanti involontari eterni come il mito della città. Nel libro, protagonisti dei riti pagani della Roma imperiale come vittime sacrificali. Quei poverissimi, marginali e diversi  che sfiorano la nostra vita nei loro cartoni, fra gli stracci, che vivono una vita parallela in ogni anfratto, qui nelle pagine a livello del fiume, sotto le strade e al disotto del limes delle nostre esistenze protette solo in apparenza…

Tante figure popolano il romanzo, un po’ corale e un po’ no. I protagonisti sono infatti Monica, la giovane che disperatamente cerca tra i clochards il padre scomparso, il suo moroso, anzi due, e una setta di romantici che sembra molto mussoliniana. Qui interviene l’investigatore:  il carabiniere Vergassola e l’attempato giornalista Nemo Rossini, che a volte sta in disparte, ma quando emerge si intuisce che è l’unico a scoprire gli arcani dei delitti. Una coppia destinata a durare come tante altre nel mondo del mistero e del crimine dove vige lo sdoppiamento dell’alter ego libero dalle costrizioni delle leggi.

La ricetta narrativa delle autrici funziona e si arricchisce di spunti interessanti quando sfiora il simulacro di una città che sta soffocando. Delicata e fragile non può che ospitare ombre, sospetti, decadenza anche se ne ha viste di peggio.

Un giallo che fornisce qualche nozione di storia di Roma antica, una sorta di guida dove si intraprende un percorso turistico sul Tevere con i suoi ponti,  dove emerge anche l’anima generosa della città con i suoi volontari della Caritas; poi si scivola nelle atmosfere nebbiose e notturne di una città che conosce poco il freddo ma molto l’umidità degli autunni splendenti di oro e foglie cadute. Una Roma dolcemente narrata, anche quando il crimine affiora dalle acque sornione della sua grande anima pagana, questo Tevere sacro di un tempo orgoglioso e oggi abitato da popoli di umili. Le due giovani scrittrici evocano e usano un bello scrivere, avvincente, leggero. Finalmente si legge con piacere per sognare una città che ancora attira ogni viandante o artista della vita.

Maria G. Vitali-Volant 

SCHEDA DEL LIBRO E BOOKTRAILER SUL SITO DELL’EDITORE

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Maria G. Vitali-Volant
Maria G. Vitali-Volant : nata a Roma, laureatasi all’Università di Roma; abilitata in Lettere, storia e geografia; insegnante e direttrice di biblioteca al Comune di Roma, diplomata in Paleografia e archivistica nella Biblioteca Vaticana, arriva in Francia nel 1990 e qui consegue un dottorato in Lettere, specializzandosi in Italianistica, con una tesi su Giuseppe Gorani, storico viaggiatore e memorialista nel Settecento riformatore. Autrice di libri in italiano su Geoffrey Monthmouth, in francese su Cesare Beccaria, Pietro Verri, è autrice di racconti e di numerosi articoli sull’Illuminismo, sulla letteratura italiana e l’arte contemporanea. In Francia: direttrice di una biblioteca specializzata in arte in una Scuola Superiore d’arte contemporanea è stata anche insegnante universitaria e ricercatrice all’ Université du Littoral-Côte d’Opale e à Paris 12. Ora è in pensione e continua la ricerca.

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