La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile. Lo aveva scritto il secolo scorso lo scrittore calabrese Corrado Alvaro.
Sono tempi aspri questi, certo, la quotidianità ci costella di malaffare e crudeltà, non se ne può più, siamo rattristiti e probabilmente assuefatti, da troppo tempo. Ma questo è tempo di Avvento, che annuncia ai credenti il Santo Natale, e che suggerisce di non abbassare la guardia, di restare allertati perché lo svegliatore notturno vuole che lo siamo. E’ appunto il tema di questo periodo prenatalizio, nel quale sovviene una riflessione di un grande del Novecento, Giovanni Papini (1881-1956) riproposto da una riflessione del cardinale Gianfranco Ravasi, il quale ci ricorda, con slancio di modernità e lungimiranza, la condizione umana. Il titolo è proprio “Lo svegliatore notturno”.
Scriveva Papini: “In un mondo dove tutti pensano soltanto a mangiare e a far quattrini, a divertirsi e a comandare, è necessario che vi sia ogni tanto uno che rinfreschi la visione delle cose, che faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella spazzatura. È necessario uno svegliatore notturno che smantelli per dar posto alla luce.”
Commenta così il cardinale Ravasi: “Il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges un giorno confessò il suo amore per Giovanni Papini immeritatamente dimenticato. Effettivamente, superando la scorza della sua enfasi veemente e del suo sdegno permanente, la voce di questo autore fiorentino meriterebbe di risuonare nei nostri giorni così grigi e annoiati, nei quali domina la tetrade da lui evocata: Mangiare, far quattrini, divertirsi, comandare.”
Giorni grigi ed annoiati – ci ricorda il cardinale – giorni di confusione, ovvero di “normalità eterna” (da una canzone di Fossati), di freddezza invernale. Eppure i segnali sono tanti per obbligarci a restare svegli anche di notte: le paure di un mondo intorno a noi che brucia e pullula di farabutti benvestiti, coatti senza cielo né terra.
Eppure il Santo Natale valga sempre ad illuminare il cammino. Da credente è forse più “facile”, ma sarebbe facile anche per chi guarda al firmamento e gli sovviene quell’ansia di speranza suggerita da Dostoevskji nelle Notti bianche.
Chissà quanti ricorderanno quella canzone di Venditti datata anni ’70, che ripeteva con grazia, fra l’ironico e una mai assopita speranza, “Quando verrà Natale tutto il mondo cambierà… Quando verrà Natale tutto sorriderà.”
Armando Lostaglio