Ci siamo. Venerdì sera, la Leopolda numero sei, la “La terra degli uomini”, in omaggio a Saint-Exupery, accende i motori.
Per me scrivere di Leopolda è scrivere di casa. Ne parlerò quindi alternando prima persona singolare e plurale, me ne scuserete. E’ parte di un movimento politico e culturale, e soprattutto di una rete di belle storie e grandi amicizie, che ha letteralmente permeato i miei ultimi sette anni di vita e di attività, quindi non aspettatevi toni oggettivi da cronista, ma solo toni sdolcinati da innamorato. Dunque fate ancora in tempo ad abbandonare la lettura di questo pezzo.
L’interrogativo che precede sempre ogni Leopolda è “cosa sarà stavolta?”. La ragione è chiara: il menabò viene sempre deciso all’ultimo momento. Fu così la prima volta quando nessuno si immaginava il meccanismo, fu così quando furono inventati i 100 tavoli, è così adesso con l’introduzione del question time a cui verranno sottoposti sabato quattro ministri (come abbiamo tutti appreso, anche quelli un po’ più addentro ai lavori, dalla e-news di Renzi di 48 ore prima del via).
Per chi si fosse messo in ascolto ed in visione solo in questo momento, come avrebbero detto i grandi telecronisti sportivi degli anni ’70 ed ’80, ricordo brevemente che “la Leopolda” è una convention di tre giorni che si svolge in ottobre/novembre nella vecchia stazione di Firenze (da cui prende appunto il nome) ed in cui viene data a tantissimi la possibilità di dare, in 5 minuti, il proprio contributo di idee alla politica italiana ed in particolare al PD. E’ organizzata dalla Fondazione Open, che fa riferimento all’area politica di Matteo Renzi. Ma non è mai stata una riunione di corrente, bensì di popolo: una media di 150 interventi in meno di 48 ore (dal venerdì sera alla domenica a pranzo) e i 10-15mila badge rilasciati ogni anno stanno a testimoniarlo. Alcuni vecchi brontosauri del PD si attardano tuttora a rinnovare la polemica dell’assenza delle bandiere del partito di riferimento all’evento, bollando tutto sommato come “eretica” l’iniziativa. Ciò non fa che renderla ovviamente più popolare e simpatica a migliaia di partecipanti.
La prima Leopolda, nel 2010, fu il tentativo – peraltro riuscito, possiamo dire oggi – di catturare per tre giorni l’attenzione dei riflettori dei media su una strana convention di una vera e propria band of boys (tutti i promotori erano rigorosamente sotto i 40 anni). Una specie di campus – dominato da uno striscione “Al passato grazie, al futuro sì” – in cui tutti potevano salire sul palco per 5 minuti e sparare la loro idea nell’arena politica. Oltre a conoscere democrats atipici provenienti da tutt’Italia e condividere uno spuntino con loro al catering gratuito messo a disposizione dagli organizzatori. Si chiamava “Prossima Fermata Italia”, mutuando anche la grafica dalle stazioni ferroviarie. Effettivamente, letto col senno di poi, mai titolo fu più premonitore.
La seconda Leopolda, nel 2011, ballava sulle note de “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” di Jovanotti ed era popolata di sagome di dinosauri. Quelli che avremo contribuito ad estinguere con i nostri interventi, innovativi ed irriverenti verso le vecchie modalità della politica tradizionale. Nell’intervento finale, Renzi pronunciò la parola “rottamazione” che segnò da allora una caratteristica, una speranza ed una parte del progetto politico di una generazione di democrats. Se googolate “Baricco Leopolda 2011” ascolterete i 5 minuti che hanno maggiormente influenzato tutti noi “leopoldini” in quel periodo: non aver paura di perdere e muovere sempre con i bianchi.
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La terza Leopolda, nel pieno della campagna per le primarie del Partito Democratico del 2012 (la sfida Renzi-Bersani su chi sarebbe stato il candidato premier alle elezioni politiche), fu quella de “Il meglio deve ancora venire”. Una bolgia. Pensavamo che il nostro assalto al cielo fosse vincente già da allora e quindi tutto sembrava possibile. Perdemmo. Ma diavolo se ne valse la pena!
La quarta Leopolda, di nuovo a pochissimi giorni dalle primarie del 2013 per la segreteria del PD, aveva per titolo, e per sostanza, “Dare un nome al futuro”. Il clima era quello della vittoria, stavolta data per scontata: pochi giorni dopo, infatti, 1,9 milioni di votanti su 2,8 milioni scelsero Matteo Renzi come nuovo segretario e “la Leopolda” come nuova linea politica. Per la prima volta entrarono nella vecchia stazione politici di altre estrazioni, di altre storie, di altre generazioni. Quelli che magari pochi anni prima attaccavano l’ereticità e l’atipicità della Leopolda. Li riconoscevi: si muovevano come il turista che per la prima volta arriva in aeroporto e non sa bene come funziona, cosa si deve fare, dove si deve andare. Tuttavia entro poche ore, il clima inclusivo e caotico aveva inglobato anche loro e la famiglia si era allargata.
La quinta Leopolda, nell’autunno 2014, fu la prima “governativa”, reduci da quello storico 40,8% del PD alle europee di maggio (PD guidato finalmente dalla band of boys della prima Leopolda) e soprattutto con gli organizzatori che ormai erano diventati le principali figure istituzionali del Paese. Matteo premier, Maria Elena ministro delle riforme istituzionali, Luca sottosegretario alla presidenza del consiglio, Francesco tesoriere del PD. Il tema, non caso, fu “Il futuro è solo l’inizio”. Come dire: abbiamo vinto, ma non siamo ancora arrivati a niente. La vittoria non è prendere il potere, ma cambiare davvero l’Italia. Ed in effetti, che si condividano o meno, la quantità di riforme varate dall’inizio del governo Renzi ad oggi non ha mai avuto di pari nella storia del paese. E questo deve continuare ancora, senza sosta.
Dunque, si sta per aprire la Leopolda 2015, la sesta: “La terra degli uomini », in omaggio a Saint-Exupery. Sappiamo solo che non ci saranno più i tavoli, che ci sarà uno spazio per il question time a quattro ministri e che resterà tanto spazio per gli interventi da 5 minuti di tutti coloro che riusciremo a far entrare nel tempo a disposizione. Per tanti di noi sarà anche l’occasione per rivedere e riabbracciare compagni di avventura provenienti da tutt’Italia con cui abbiamo condiviso le battaglie degli ultimi anni. Quindi che si aprano i cancelli e che si possa vivere tutti tre giorni di bella politica. Come sempre, il meglio deve ancora venire.
Matteo Casanovi
Da Firenze