Sandro Pecchiari con la sua raccolta di poesie “Atropo Lachesi Cloto”

Ed eccoci arrivati al primo articolo di dicembre per Missione poesia, questo mese ne avremo tre. Ritroviamo tra le nostre pagine un poeta di cui abbiamo già parlato, con il suo nuovo libro: “Atropo Lachesi Cloto” (n.d.r. nomi delle tre parche che in Grecia regolavano la vita degli uomini). Un lavoro dove si mescolano nascita, destino, morte in un desiderio di ribellione all’ordine prefissato della vita, in una voglia di ricreazione del mondo a cui il poeta, con la sua parola deve tendere.

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Missione Poesia AltritalianiSandro Pecchiari ha vissuto tra Trieste e Firenze ma, nel momento in cui scriviamo questo articolo, si sta trasferendo definitivamente a Firenze. I suoi lavori più recenti sono contenuti nel Quarto Repertorio della poesia italiana contemporanea (Arcipelago itaca, 2020); la silloge Desunt Nonnulla (piccole omissioni) (Arcipelago itaca, 2020); Alle Spalle delle Cose (VAN, Vita Activa Nuova, 2022), Atropo Lachesi Cloto (Puntoacapo, 2024). Presente in numerose antologie tra le quali: Revija SRP 123/125, 2015; Poesía Italiana – 10 Voces ContemporaneasBuenos Aires Poetry, 2017; Hiša v Ljubljani / Casa a Lubiana, Sodobna slovenska in italijanska poezija / Poesia contemporanea slovena e italiana (Lubiana, 2017), Antologie di Transiti poetici, vol. XIV. Ha collaborato con il poeta triestino Claudio Grisancich e con Cristina Fedrigo per la parte musicale e corale allo spettacolo su Konstantinos Kavafis “Per altre terre per altri mari” (Auditorium Revoltella, Trieste, 2018); con suoi testi alla meditazione per coro, voce recitante, clarinetti e sax “Agnus dei today” su musiche e direzione di Cristina Fedrigo alla Kleine Berlin (Trieste, 2019); nel videopoem con voce recitante sulla traduzione di “I’ve in the Rain” del poeta canadese Al Rempel con il supporto tecnologico di Erica Goss; lettura nel CD “Umanità su Rotaia” di Cristina Fedrigo su testi di Federico Tavan e Elio Bartolini traduttore e performer per la parte in lingua inglese. Attualmente collabora con l’Independent Poetry di Faenza, con la rivista Graphie di Cesena, il blog Versante Ripido di Bologna e con il rinnovato Nuovo Almanacco del Ramo d’Oro di Trieste. Scrive anche per Il Ponterosso di Trieste e per Fare Voci di Gorizia.

Per ulteriori approfondimenti sulla poetica di Sandro Pecchiari, consulta il link: https://altritaliani.net/poesia-con-sandro-pecchiari-alle-spalle-delle-cose/

 Atropo Lachesi Cloto

Sandro Pecchiari intitola questa nuova raccolta con i nomi delle tre parche che in Grecia regolavano la vita degli uomini: Cloto era la filatrice che iniziava il processo della vita; Lachesi, era la misuratrice, che stabiliva la lunghezza del filo e quindi del destino; Atropo, era la tagliatrice, che poneva fine al filo. In quest’opera, l’ordine con cui vengono nominate le tre figure è diverso, rispetto a quella che sarebbe la corretta sequenza dei rispettivi compiti iniziando, per quanto riguarda il contenuto del libro, dall’ultima parca, Atropo e terminando con la prima, Lachesi mentre nel titolo della raccolta è Cloto ad essere nominata per prima, seguita da Lachesi e infine da Atropo. Qui, ovviamente nasce spontanea una domanda: cosa vorrà dirci l’autore con queste scompaginazioni di sequenze? Immaginiamo che lo scopo, (ma forse non deve essercene per forza uno), potrebbe essere questo: nascita, destino e morte possono risultare anche solo dei passaggi della vita che non rispettano l’ordine originario che gli viene riconosciuto, forse si può nascere più volte, o rinascere; forse si può morire, dentro e fuori, più volte nel corso del nostro destino; forse possiamo anche essere artefici di questo destino, senza subirne per forza il corso imposto. Non so, a me viene in mente un desiderio di ribellione, di ricreazione della vita, perfino dell’universo tutto a cui il poeta con la sua parola può e deve tendere.

Ora, se è vero che i temi affrontati da Sandro Pecchiari sono soliti afferire all’inadeguatezza e alla decadenza, riscontrabili nell’uomo e nella sua sofferenza, è altrettanto vero che, nella ricerca tesa a rendere questi temi universali, riconoscibili da ognuno di noi, risulta inevitabile affrontarli indagando la propria interiorità, analizzando le proprie esperienze, sondando la propria memoria e, altrettanto inevitabile, risulta ricorrere a una lingua capace di parlarne, una lingua della poesia che attinga il più possibile a una realtà e a una verità che certifichi le mancanze, ma sia anche in grado di affrontarle.

Come sempre, un libro di poesie, finisce per essere un viaggio dentro sé stessi, uno scavo profondo che porta al confronto con l’altro, possibilmente con tutto il genere umano che qui, viene rappresentato in vario modo, che cerca di trovare soluzioni, tanto per sopravvivere quanto per terminare il viaggio. Ed ecco che Atropo trova la giusta collocazione, recidendo spazi, ricordi, nomi: per farlo però, specie per questi ultimi, non basta reciderli, il poeta vuole che restino in qualche modo, ed è allora necessaria una chiamata, una che renda viva la memoria delle ombre, e che s’incontra nel mirabile testo che dice: puntellate con tutori le talee/con etichette di riconoscimento/con guanti grossi da giardiniere/mantenerne sottile il tocco/decidendo di sbagliarne i nomi//vi chiamerò tutti e siete tanti… e che precede la comparsa dei vari Fabrizio, Eugenio, Herbert e altri ancora, nomi che raccolti nella loro fine, restano sostanza, se pure di un passato che non può tornare. Per questo ci pensa il poeta, come abbiamo già accennato, a rinominare, a far restare, a risistemare tutto mentre anche Cloto trova il suo posto, filando il vissuto di ognuno e facendo in modo che ci sia qualcuno che lo noti, lo segnali, lo preservi dall’oblio. E, infine Lachesi, a lei è affidato il compito di stabilire quanta vita spetta agli uomini prima della fine. Ma è sempre alla poesia che si ritorna per coniugare vita, esperienze, esistenza: vivere o lasciarsi vivere? Resistere o abbandonarsi, esistere o sopravvivere? Eppure, ogni tanto, non si sfugge alla parca che recide e, alle volte, il filo del destino è davvero troppo breve, come quello di Lorenzo, a cui – con parole che propongono un canto essenziale, e finale – è dedicata una ninna nanna, di cui riporto alcuni versi: se ti addormenti/con voli vasti nelle mani/se cadi se scavalchi il bordo/è il sudario che ti cinge.//gridarti un bacio mi impaurisce.

Inutile sottolineare che, in questo libro, è come se l’autore ci mettesse di fronte a una costellazione di presenze-assenze, che non si trasformano mai in qualcosa di eternamente compiuto, come se il loro comparire tra il sogno e il reale non riuscisse mai a stabilirne la distanza in cui si muovono, il divario tra ciò che accade veramente e ciò che viene sfaldato dal trascorrere del tempo, un tempo che sembra sempre immobile, eppure accade. Poi, accade, invece, l’ultima sezione del libro, quella dedicata all’amore, L’amore forte – è il titolo della sezione – un amore che conduce al perdono, alla pietas, alla accettazione di ciò che siamo e di ciò che sappiamo essere gli altri. Siamo esseri che hanno la caducità delle foglie, il nostro corpo è soggetto all’invecchiamento, allo sgretolamento, ad una dimensione di decadenza con cui dobbiamo convivere. Eppure proprio in questi frangenti, si può arrivare all’amore, ad allontanare il pessimismo servendosi della poesia, scudo e arma fatta di parola che salva, e che ritrova o rigenera speranza. Il testo finale, dedicato alla persona cara all’autore, ad Alessandro, ce lo conferma: ho preso posto nel tuo corpo/il tuo fiato pesa come pioggia/o bruma sulla pelle/a parlare con suoni coraggiosi/con ostacoli spalancati/ – la via dilava la gente in pesci oscuri -.//il tuo corpo una bruma sulla pelle/oltre i vestiti, oltre la cautela/vola come nebbia che va via.

Alcuni testi da: Atropo Lachesi Cloto

dalla sezione IL VIAGGIO

e s’inizia dalle sparizioni
dallo sporco del dolore
dal pertugio del vento
un uccello che stride e
spaventa come un vaticinio
le mani minime delle talpe cieche
il loro innalzare mucchi d’aria
la terra di scarto rispuntata
i sassi snudati oltre il fango
rinasceranno se lapidi il passato e
lo ritenti

l’alternativa della vita
è la vita d’altri
allacciata stretta a strozzo

*

rimangono
le rune d’una lingua fosca
sarà d’obbligo riadattare i giorni –
l’ammasso perde nome
in un cupio dissolvi

due mucchi da rifare in uno forse
le taglie diverse solo un poco
lo sfiorarsi delle distanze delle lingue
un liberarsi incerto dentro ai corpi
l’età crescente come luna

supremazie di suoni sovrapposti
le storie racchiuse nelle storie
a volte insopportabili e il tempo
il tempo ancora se si potrà dire
ancora della vita

dalla sezione ATROPO
Le sparizioni

non ho mai cenato con i morti.
questa sera si adagiano sul tramonto
le posate e il vino

i giapponesi li accolgono a casa
nei giorni pensosi dell’o-bon
offrono cibo, danze e luce

io me li porto in trattoria
ho prenotato una tavolata vuota
e mi sorrido quieto

(o-bon お盆)

*

qui nasce il vento
da questo verde avvallamento
scuro s’alza col canto
disturbato degli uccelli

la nonna m’imponeva vieni dentro
quando lo sfidavo
la stufa scaldava la faccia solamente

la casa aveva pentole e bicchieri
mastelle di bucato
binari di trenini in corsa circolare –
ormai tutto giù in cantina
le persone anch’esse polvere

l’ora è questo stare nell’ascolto
della sosta dentro ai refoli
del muoversi muto oltre i vetri

come se potesse tornare
dando per ovvia questa vita
passarci ignari, averla vista
esserci guardati
sempre da un millimetro

dalla sezione LACHESI
Diario della peste

che il tuo filo di vita
sia la strada percorsa
tra me e te l’aria fragile
delle arenarie
così questo è il tuo labirinto di pelle
e le mani le vie segrete
dove imbocchi le nuvole, fidati.
in questo cupo di temporale
siamo offerte per gli dei

Bologna, 25 novembre 2025

Cinzia Demi

P.S.: “MISSIONE POESIA” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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