Della riforma della scuola se ne conoscono le contestazioni e le coreografiche proteste, ma cosa propone effettivamente? In un Italia dove la polemica fa spettacolo ed audience, occorrerebbe anche un po’ più di informazione e di analisi. Insomma, gli italiani meritano più rispetto. Ecco sommariamente un piccolo vademecum per conoscere come sarà dall’anno prossimo la nostra scuola.
L’approvazione al senato, con la fiducia al governo, della riforma della scuola ha evidenziato, ancora una volta, come al di là dei meriti e dei demeriti di Renzi e del suo esecutivo, in Italia sia in corso una lotta che prescinde dai contenuti delle riforma per diventare una battaglia culturale e di potere tra conservazione e modernità. Il tema è il cambiamento. Come per il Jobs act, o per la riforma elettorale ancora una volta la divisione si è ripresentata anche per la scuola.
La battaglia in corso sorvola la testa degli italiani, ridotti a ruolo di massa di manovra, ed è stata avviata dai sostenitori di una cultura italiana conservatrice che non è di destra o sinistra, ma che punta essenzialmente, anche per motivi di scarso senso della nazione, alla difesa di privilegi e “diritti” acquisiti di ciascuna categoria di lavoro (ieri i tassisti, oggi gli insegnanti, domani la magistrature). L’Italia che fu dei comitati di arti e mestieri (spesso in lotta fra loro) e, in tempi più recenti, delle corporazioni, dopo la crisi delle ideologie è tornata ad essere una società fondata sulla corporazione o se preferite sulle lobby, ed in questo senso votato non certo al liberalismo e nemmeno al socialismo ma sostanzialmente all’egoistica conservazione dei propri vantaggi che generano, sovente, anomale forme di consociativismo se non di corruzione. Renzi ha il merito, se non altro, di aver capito che la modernizzazione del paese richiede una vera rivoluzione culturale, la costruzione di un senso civico di appartenenza non ad una categoria ma ad una comunità. Questo impone anche scelte all’apparenza impopolari ma che sono di netta rottura con il mefistofelico andazzo di questo paese.
Gli italiani, spesso senza voce, hanno assistito, negli ultimi tempi, al formarsi di blocchi di interessi e di alleanze che si sono compattati, in modo sospetto, su temi come il lavoro, le riforme istituzionali e la scuola, ma c’è da giurare che questo modulo si riproporrà anche per le future riforme. Vedere insieme Cinque Stelle, SEL, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, organizzarsi nelle strategie di ostruzionismo all’azione di governo, sempre e comunque, da il senso di come destra e sinistra siano diventati concetti effettivamente vacui e superati.
Dicevamo italiani senza voce, perché i mezzi di informazione e la TV, che resta ancora il mezzo più popolare, restano sostanzialmente funzionali a quei blocchi d’interessi e di alleanze rinunciando ad ogni analisi obbiettiva e facendosi semplicemente megafono di lotta politica di un opposizione senza politica e che coagulano spesso in modo populista solo interessi che non sono del complesso della società, ma degli appetiti corporativi di ogni categoria. La schizofrenia e che quegli stessi soggetti divisi nelle varie categorie sono poi gli italiani che ne compongono la società. E cosi la cosiddetta informazione da ampio spazio ai sindacati principali, alle opposizione dei partiti, ma anche ai sindacati di categoria dando più voce alla critica che all’analisi della riforma. Ed allora puntualmente il Fatto (Azionista di riferimento i grillini) è contro a prescindere, Il Manifesto (SEL azionista di riferimento) antirenzi a forza, attacca la riforma senza se e senza ma, Il Giornale (Berlusconi proprietario) con il cavaliere che ha bisogno di recuperare a destra e quindi attacca a testa bassa, e cosi via di seguito ad eccezione di quei giornali da “maggioranza silenziosa” come La Stampa o il Messaggero che viceversa hanno dimostrato di poter proporre analisi più obbiettive ed informate. Altra eccezione il Foglio creato da Ferrara che nel suo essere una sulfurea scheggia impazzita non ha mancato nel suo fuor d’opera di elogiare la riforma.
Tutto questo dimostra che a prescindere dello scarso appeal che i partiti hanno sui cittadini (al punto che nell’ultima tornata di votazioni il 48% di italiani non ha votato), essi esercitano ancora un enorme potere sull’informazione e la capziosità di certi talk show lo dimostra. Un’informazione che non informa ma che viceversa vorrebbe formare le coscienze plasmarle secondo dettami orwelliani, in questo Berlusconi fece scuola e ancora oggi quel metodo funziona, forse anche per colpa dell’”idealista rottamatore” che non ha voluto mai mettere becco (correttamente sotto il profilo etico) sul servizio pubblico, ma cosi facendo ritrovandosi di fatto nelle mani della TV della conservazione .
Ma la domanda è: Gli italiani in tutto questo vociare tra le coreografiche proteste in parlamento dei grillini e le parate sindacali nelle piazze, ampiamente megafonate da TV e giornali, hanno capito cosa propone davvero questa riforma?
Va detto che a premessa di questa ci sono stati un centinaio di tavoli di lavoro con esperti e tutte le componenti del mondo scolastico, a cui è seguita la consultazione popolare sempre online sulla “buona scuola” con cui si sono raccolti pareri ed indicazioni di oltre 1.200.000 cittadini, infine rispetto al primo testo approvato alla Camera, sono state apportate modifiche a seguito della consultazione con le componenti della scuola, dei sindacati e delle parti sociali.
Proviamo a fare informazione su cosa prevede infine questa “vituperata” riforma che il 7 luglio con l’approvazione alla Camera diverrà finalmente legge.
Autonomia scolastica: Finalmente si realizza il sogno che fu di Luigi Berlinguer. La scuola diventa autonoma. In ogni scuola i docenti realizzeranno un piano triennale, sulla base delle indicazioni fornite dal dirigente scolastico (un tempo preside), i piani triennali saranno resi pubblici anche online, affinché l’utenza possa valutarne i contenuti. A questo proposito va detto che i piani, oltre ai programmi ministeriali di massima, conterranno corsi ed attività che saranno, probabilmente, collegati alle realtà sociali, culturali ed ambientali del territorio, creando cosi un’utile sinergia formativa. Per la elementari saranno potenziati, l’inglese, l’educazione musicale e quella motoria, per le scuole medie lo studio delle lingue straniere e l’educazione all’ambiente. Per le scuole superiori l’uso delle lingue straniere sarà potenziato anche per materie diverse cosi da affinare le competenze linguistiche anche in prospettiva dell’accesso al lavoro, ma lo saranno anche le competenze logico matematiche e la storia dell’arte che non sarà più la cenerentola dei programmi scolastici. La novità sarà l’educazione interculturale. Francamente, a ben riflettere, un programma forse ambizioso ma in linea con una società che volenti o nolenti vive in un mondo globalizzato. Riflessione: Importante rivalutare l’arte e la musica in un paese in cui un ministro disse che con la cultura non si mangiava. Un bel cambio di passo, auspicato da molti intellettuali.
Naturalmente un impegno tale impone l’avvio di un riammodernamento delle strutture e per la prima volta arrivano soldi veri alla scuola, ben 4 miliardi a cui si aggiunge la fine della pratica delle supplenze e di graduatorie di precari (chi non avrà il posto ora, dovrà rifare il concorso, che sarà bandito il prossimo 15 settembre, del resto l’alternativa sarebbe, in attesa di assorbire tutta la graduatoria, di impedire per anni ai giovani di poter fare gli insegnanti) con l’assunzione di più di centomila precari (scelti tra i vincitori del 2012 e dalle graduatorie provinciali ad esaurimento) che divengono insegnanti e professori a tempo indeterminato a partire dal prossimo settembre. Riflessione: Questi dati rendono incomprensibile (se non in termini strumentalmente politici) la furiosa protesta sindacale. Una protesta che non ha mai toccato queste soglie nemmeno quando il precariato cresceva e alla scuola erano tagliati 7 miliardi come nei dieci anni precedenti.
La centralità del preside: Con questa riforma esiste finalmente un responsabile che sia riconoscibile ed individuabile. Il preside. E’ stato un punto molto controverso e il governo infine ne ha leggermente annacquato il potere mettendogli affianco un comitato di gestione e valutazione costituito da tre insegnanti, un soggetto esterno, due genitori e due studenti (per le scuole superiori). Due le novità: sulla base delle indicazioni del comitato di valutazione il Preside potrà premiare i docenti migliori (entra nella scuola la meritocrazia), selezionerà il corpo insegnanti , potendo scegliere tra i curricula dell’albo regionale e con colloqui, nominando anche 10 insegnanti che faranno parte del suo staff, cosi riducendo le maxi classi e favorendo le attività integrative (la scuola sarà affettivamente a tempo pieno). L’altra novità che rafforza il merito, è quello del bonus di 500 euro annui che saranno concessi agli insegnati meritevoli, dal 2016 ne sono previsti una disponibilità di 800mila. Questo sarà spendibile per tutte le attività che consolidano la formazione dell’insegnante (abbonamento per riviste, libri, spettacoli teatrali ed altro). Riflessione: Viene meno l’automatismo di carriera che demotivava molti insegnati, sono previsti progressi economici in base alla produttività del docente. Insomma finalmente anche nelle scuole saranno premiati i più bravi.
La questione presidi è stato forse il tema principale del risentimento della categoria. Si ritiene insopportabile che il preside giudichi i suoi professori. Premesso che non è mai bello giudicare, ma se non giudica il preside chi deve giudicare le capacità pedagogiche e didattiche di un insegnante? Ci si può rassegnare ad un dirigente scolastico che, come ora, è ridotto a fare solo in contabile delle spese della scuola? E poi anche il preside è sotto controllo, sarà infatti aumentato il numero di ispettori ministeriali che dovranno appunto verificare l’efficacia e correttezza del dirigente. Insomma, i professori giudicano ma a loro nessuno può giudicarli, siamo alle solite logiche corporative.
Novità per gli studenti: Durante le superiori saranno realizzati dei curricula per ogni studente che ne delineeranno il percorso formativo per meglio orientarlo nelle sue scelte post scolastiche, dunque per l’orientamento universitario o per l’avviamento al lavoro. In questo senso è importante l’alternanza scuola/lavoro per cui gli istituti tecnici e professionali offriranno agli studenti 400 ore nel triennio di formazione presso imprese e strutture pubbliche, un importante passo nella formazione lavorativa un primo contatto con il mondo del lavoro e le sue pratiche. Anche gli studenti di liceo avranno una formazione di questo tipo anche se di solo 200 ore. Questo naturalmente riduce il periodo di ferie per gli studenti, ma costituisce un’occasione considerando che in quel periodo e negli altri di sospensione delle attività didattiche la scuola diventa anche strumento del territorio per attività ricreative e connesse al terzo settore.
Altre novità: In tema di globalizzazione e di efficienza della macchina pubblica significativo appare anche la scuola digitale. Si prevedono corsi per migliorare le capacità digitali degli alunni e del personale scolastico. E’ prevista l’estensione della banda ultra larga negli istituti. Infine nasce il portale unico della scuola con cui chiunque potrà valutare il curriculum di ciascun insegnate, i piani scolastici, le attività previste, affinché gli studenti e i familiari possano fare le scelte più oculate. Infine si afferma il concetto di un potenziamento informatico della scuola migliorandone anche le strumentazioni digitali (gli investimenti sono devoluti anche in tal senso).
Donazioni e detrazioni: Altra significativa novità è che gli investimenti saranno solo per la scuola pubblica, ma i cittadini e le società potranno donare alla scuola fino ad un massimo di 100mila euro all’anno, con agevolazioni fiscali, mentre chi vuole mandare i propri figli nelle scuole paritarie potrà avere detrazioni fiscali fino a 400 euro all’anno. Riflessione: Il sistema scolastico resta essenzialmente fondato sulla scuola pubblica, ma non si capisce perché sia sbagliato (come alcuni sostengono) prevedere forme anche minime di agevolazioni per scuole non pubbliche, che del resto sono imprese molto spesso serie e che danno lavoro.
Questi sono i punti principali. Va ricordato che molte critiche sono piovute anche contro i finanziamenti privati, alle scuole pubbliche. Anche questa volta il “lupo cattivo” è l’imprenditore che farebbe donazioni per utilizzare le scuole come propria promozione. Sarò ingenuo ma preferisco pensare che, come in gran parte del mondo civilizzato e moderno, il contributo del privato sia esso anche un’impresa è al contrario finalizzato alla promozione della scuola.
La realtà è che come ricordava il titolo italiano di un celebre film di Fassbinder: La paura mangia l’anima. E forse in un paese in crisi come il nostro occorrerebbe che certa sinistra conservatrice (una contradictio in terminis), ricominciasse ad avere un po’ di fiducia negli uomini e negli italiani in particolare, ricordandosi anche che le corporazioni non appartengono alla cultura di sinistra nemmeno di quella più classica.
Nicola Guarino