La magia di Procida e le bellezze di questa genuina isola del Mediterraneo sono lo sfondo del carteggio tra Juliette Bertrand e il poeta Marino Moretti. La prima è stata tra le più grandi traduttrici francesi della letteratura italiana. Nel loro dialogo l’amichevole confronto culturale tra una marxista ed un cattolico capaci di grandi affinità. Il tutto rivive nel libro: “Procida nel cuore” curato dallo scrittore Pasquale Lubrano incontrato per noi dalla vincitrice del “Premio Morante” 2013, Adelia Battista.
Gli interlocutori di Juliette Bertrand, una delle più autorevoli e sensibili traduttrici francesi, nativa di Lione, e trapiantata a Parigi, amica dello scrittore e poeta, Marino Moretti, sono nomi significativi del nostro Novecento, a partire da Palazzeschi, Moravia, Pratolini, e poi ancora Calvino, Sciascia, De Cespedes, Silone, e lo stesso Marino Moretti, ma non solo, ricordiamo soprattutto le traduzioni di Petrarca e Leopardi. A Juliette Bertrand per questo suo straordinario lavoro di instancabile traduttrice, i cui interessi spaziavano dalla letteratura, all’arte, alla storia, le venne conferito nel 1960 la più alta onorificenza italiana:”L’Ordine al merito della Repubblica Italiana”.
Ne parliamo con lo scrittore Pasquale Lubrano, che ha curato, in particolare, le lettere “trasparenti e affettuose”, tra Juliette Bertrand e Marino Moretti, dal 1950 al 1972, periodo che unisce idealmente e ripetutamente l’isola di Procida alla vita dei due intellettuali, nel volume: Procida nel cuore – (corredato di foto d’Archivio di “Casa Moretti”). – Clean edizioni – 18€
A.B.: Qual è la novità interiore di questo carteggio tra Juliette Bertrand, una delle più autorevoli traduttrici francesi, e lo scrittore e poeta, Marino Moretti?
P.L.: Fu lo scrittore Gino Montesanto a parlarmi del rapporto di amicizia, e del loro ritrovarsi spesso nell’isola di Procida, tra Marino Moretti e la traduttrice francese Juliette Bertrand. Poi, a Cesenatico, visitando con Montesanto, “Casa Moretti”, seppi dell’esistenza di un ampio carteggio tra Marino Moretti e Juliette Bertrand legato a Procida, dove la Bertrand dimorava spesso. Ho potuto visionare questo carteggio, ricco di riflessioni letterarie e storiche, ma anche rivelatore di un rapporto interiore molto forte che nasceva da un continuo dialogo e da un rispetto profondo delle diversità – la Bertrand era di cultura marxista mentre Moretti proveniva da una formazione cristiana -, da un’amicizia che proprio nell’isola riprendeva quota, si rinforzava e dava nuovo slancio alla vita di entrambi. Entrambi, inoltre, seppero porsi nei confronti di Procida in atteggiamento di rispetto profondo della natura, degli usi e abitudini degli abitanti, sapendone apprezzare la storia e la particolare cultura contadina e marinara.
A.B.: Manuela Ricci, responsabile di Casa Moretti, scrive che hai ricomposto queste lettere tra Marino Moretti e Juliette Bertrand, come fossero “un diario dei giorni partenopei”.
P.L.: Quando Juliette Bertrand prese stabilmente casa a Procida, lo fece anche perché sapeva che Moretti si trovava spesso a Napoli, sia per motivi editoriali che per motivi familiari, abitando nella grande città partenopea la sorella Ines. Quindi Procida significava anche possibilità di incontrare l’amico più frequentemente. E’ singolare infatti che l’ampio carteggio, che va dagli anni trenta agli anni settanta, nel segmento che va dal 1950 al 1972, unisce idealmente e ripetutamente l’isola di Procida alla vita dei due intellettuali. Avendo preso in esame nel libro questo particolare periodo della vita della Bertrand, esso offre notizie relative alla vita della traduttrice nei suoi ripetuti passaggi per Napoli e Procida.
A.B.: Oggi le loro due voci, ricche di umanità, sono insieme nel tuo libro. Quando è nata l’idea di pubblicare le lettere?
P.L.: Nella lettura delle lettere sono stato particolarmente colpito dall’amore profondo che la Bertrand e Moretti nutrivano per l’isola, tanto da far scrivere a Moretti, ormai ottantenne, in una lettera all’amica: “Cara Juliette…io non voglio andarmene senza aver rivisto Procida che per merito tuo, è uno dei luoghi della terra in cui ho più goduto, direi quasi, mitologicamente”. Proprio per capire cosa voleva dire lo scrittore con queste parole, ho letto e riletto gli epistolari ed è nato questo libro che racconta un’esperienza emblematica di come possiamo amare e rapportarci in maniera corretta con i luoghi in cui scegliamo di abitare, e di come questi luoghi incidano nella nostra esistenza.
A.B.: L’epistolario presenta diverse prospettive e molteplici motivi di interesse, ma al centro di tutto vi è la loro relazione, il lavoro.
P.L.: Aver scoperto l’isola fu per entrambi un’esperienza vitale, che li coinvolse affettivamente e culturalmente. C’è in queste lettere la condivisione dolorosa e gioiosa della vita, le loro osservazioni acute sulla letteratura di quegli anni e sul clima letterario, sia in Francia che in Italia. E questa esperienza riempì quel vuoto che si era creato soprattutto intorno a Juliette Bertrand in Francia, una sorta di emarginazione, dovuta anche al suo carattere irruente e vulcanico e alla sua schiettezza, che le impedì di continuare a tradurre, tanto da dover cercare lavoro in Italia presso l’Editrice Garzanti per la quale lavorò molto per le voci francesi dell’Enciclopedia.
A.B.: Bertrand scopre l’amenità dell’isola partenopea. Quale fu il legame che si creerà con Procida? Moretti raggiungerà mai l’amica a Procida?
P.L.: Juliette Bertrand cercava un’isola italiana dove poter ricevere gli scrittori italiani di cui traduceva le opere e giunse a Procida dopo aver scartato le soluzioni di Stromboli e dell’Isola d’Elba. Fu la moglie di Pratolini ad indicarle l’isola partenopea, essendo lei di Pozzuoli e conoscendo Procida molto bene. Per cui lei arrivò nella piccola isola nell’estate del 1950, e se ne entusiasmò così tanto da scrivere subito lettere bellissime a Moretti, invitandolo a raggiungerla, pur sapendo che l’amico aveva una vera e propria idiosincrasia per il mare e mai aveva messo piede su una barca o nave. Ma lei insisterà così tanto che nel 53 Moretti, superando se stesso, finalmente la raggiunse e vi ritornerà varie volte, fino a quando la salute già malferma glielo consentirà.
A.B.: Quale sarà per Juliette Bertrand il tempo più bello trascorso a Procida?
P.L.: Certamente quello vissuto insieme a Marino Moretti. Lo dice con enfasi nelle lettere inviate da Procida a Cesenatico dopo le partenze dell’amico, auspicando sempre di poterlo riabbracciare ancora lì sull’isola. Solo quando le difficoltà fisiche impediranno a Moretti di “precipitarsi” sull’isola, lei comincerà a pensare di lasciare la casetta di Punta Pizzago. E Moretti soffrirà molto di questa decisione, in quanto si sentiva sempre unito spiritualmente a Juliette in quel piccolo “paradiso”.
A.B.: Gli interlocutori di Juliette Bertrand che arrivano nell’isola e ne fanno un luogo quasi mitico sono nomi significativi del nostro Novecento: Palazzeschi, Moravia, Pratolini. Quali di questi viene tradotto?
P.L.: Tutti questi che tu citi, ma non solo. Ricordiamo soprattutto le traduzioni di Petrarca, Leopardi, Alvaro, Baccelli, Calvino, Sciascia, De Cespedes, Silone, Moretti e tanti altri. Per questo suo immenso lavoro di traduzione di grandi autori le venne conferito nel 1960 la più alta onorificenza italiana: ”L’Ordine al merito della Repubblica Italiana”.
A.B.: Vi sono ancora lettere inedite di Juliette Bertrand, con grandi scrittori del Novecento?
P.L.: Lei amava molto scrivere e certamente esistono vari epistolari. Quello già pubblicato è l’epistolario con Palazzeschi. Il Comune di Cesenatico e “Casa Moretti” stanno pensando anche alla pubblicazione dell’intero epistolario Bertrand- Moretti, la qualcosa richiederà uno sforzo economico molto grande; esso è molto ampio e lungo.
Sicuramente ci saranno lettere sparse con altri scrittori, ma gli epistolari con Moretti e Palazzeschi sono i più importanti anche perché entrambi gli scrittori vissero in gioventù a Parigi, dove conobbero Juliette e strinsero con lei una forte amicizia.
A.B.: Quali sentimenti accompagneranno l’ultimo viaggio di Bertrand verso Procida e il suo definitivo addio dall’isola?
P.L.: Nel 1972 Juliette aveva 79 anni e la salute era precaria, per cui più volte aveva espresso all’amico Moretti il pensiero di lasciare la casetta di Procida, ma che sempre aveva rimosso, anche perché lei inizialmente pensava di finire i propri giorni a Procida. Tuttavia la mancanza di un presidio sanitario sull’isola, la indusse a partire definitivamente con un vero e proprio strazio nell’anima. E sorprende il fatto che anche Moretti soffrì di questa partenza. Fu una scelta che, come acutamente commenta Manuela Ricci nella prefazione del libro, sarà un addio alla vita. Pochi mesi dopo Juliette infatti morirà a Parigi nelle braccia della fidata Caterina, la ragazza procidana da lei idealmente adottata e a cui lascerà l’appartamento di Rue St. Dominique.
Adelia Battista
Scrittrice e giornalista, vincitrice del Premio Morante 2013