L’intera vicenda di tre generazioni di artisti dallo spirito e dal nome di Preraffaelliti si espone fino al 30 giugno nel viaggio unico proposto dal museo san Domenico di Forlì attraverso una selezione di 350 opere tra cui dipinti, disegni, sculture e arazzi. Si tratta di quel gruppo di artisti inglesi che dalla metà del XIX secolo ha totalmente rivoluzionato l’estetica vittoriana dando vita a un rinnovamento profondo dell’arte in Inghilterra con opere moderne di forte impatto visionario seppur radicate nella tradizione pittorica italiana del ‘400. Il confronto diretto con i grandi Maestri italiani Giotto, Cimabue, ecc.., dal Trecento al Cinquecento, visitabile nella prima parte della mostra sfocia nelle opere degli artisti moderni inglesi nella seconda parte dando vita a una pittura innovativa, appassionata, carica di simbolismo e immersa ancora nel sentire romantico all’indomani degli eventi del ’48 in Europa per quello che può definirsi un vero e proprio nuovo Rinascimento.
Il percorso si apre con una sezione dedicata proprio ai grandi Maestri italiani del ‘400 con artisti come Beato Angelico, Botticelli, Filippo Lippi, Luca Signorelli, ecc.
Nel “Compianto sul Cristo morto” di Beato Angelico la figura del Cristo deposto al suolo appare avvolto da un’aurea di luce, immerso nello splendore di questa emanazione spirituale, forse già distaccato dalla terra per ricongiungersi al Padre mentre le donne ai suoi piedi, ugualmente aureolate, sono immerse in una luce divina che inonda ed eleva la sofferenza e il pathos della carne, la passione del Cristo sulla croce ad ardore religioso lontano dal sangue o da ogni altro dettaglio realista nella scena. Tutto è irradiato di un’aurea luminosa nell’ascesa spirituale delle figure; le tuniche ugualmente appaiono immerse nel colore – vivido, vivo, rifulgente -, quel colore cui i Preraffaelliti si ispireranno per restituire pathos e centralità alla sfera emotiva, passionale o mistica dell’esistenza che si opponeva ai codici borghesi della rigida moralità vittoriana, nonché al classicismo imbalsamato della loro Accademia.
Nella “Madonna di Piazza” (1474) di Andrea del Verrocchio e Lorenzo di Credi, maestosa sul trono si impone la Vergine come una nobildonna quattrocentesca dalle forme piene, in una carnalità espansa dove la figure assume spessore, plasticità, volume e corpo rispetto alla pittura tardo-gotica. Troneggia al centro il bambino, enorme nella rappresentazione anatomica del corpo, sproporzionato e dominante rispetto alla figura della madre, la stessa stagliandosi nitidamente in un abito blu vivace nel drappeggio dalle forme fisiche ben marcate.
Nella celebre tela di “Pallade e il centauro” ( 1482) ancora è ben visibile in Botticelli una fonte di ispirazione per la pittura preraffaellita. Il volto malinconico della giovane Pallade, etereo, irradiato di una grazia ineffabile, di una bellezza quasi sovra-umana nell’estetica botticelliana rimanda a molte figure femminili nella pittura dei moderni artisti inglesi. Gli stessi spesso dipingevano volti visionari dalla bellezza eterea proiettati verso il mondo spirituale ispirandosi a celeberrimi miti della letteratura europea. Pallade ricalcando l’ideale estetico botticelliano incarna nella mitologia greca una divinità guerriera rivestita tuttavia qui da un abito leggero e floreale, infine fiancheggiata dalla figura mitica del centauro a metà animale e a metà umano.
Arazzi del Santo Graal di Edward Burne-Jones e William Morris
Leggende medievali narranti le vicende di Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda, il mito di Camelot o la ricerca del Sacro Graal ispirano la letteratura di tutto il Medioevo e sono rivisitate in una serie di arazzi meravigliosamente intessuti da due tra i più importanti esponenti della confraternita. Nella serie qui esposta vediamo la partenza dei cavalieri congedandosi dalla corte di re Artù; di seguito, Ginevra porge lo scudo a Lancillotto, il medesimo viene fermato d’avanti alla porta della cappella del Graal per mancanza di fede, addormentato da un angelo che gli sbarra il cammino. Infine nella scena finale Percival, cede il passo al figlio circondato da bianchi gigli che si inginocchia di fronte alla porta del santuario. La semplicità della leggenda immersa nella dimensione spirituale di una ricerca sul senso ultimo e religioso dell’esistenza è restituita attraverso i colori accesi prediletti da questi artisti e un realismo inteso “verso la Natura” cioè atto a illuminare la verità del cuore e non la copia delle mere sembianze esteriori.
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Proseguendo il percorso guidato dopo uno spazio dedicato a John Ruskin, influente critico d’arte appassionato di architettura rinascimentale che divenne punto di riferimento teorico per il movimento incontriamo gli artisti più significativi che dettero vita alla confraternita Pre-raphaelite brotherhood tra i quali Dante Gabriel Rossetti, poeta e pittore fondatore insieme ad altri due giovani artisti William Hunt e John Everett Millais del movimento nonché voci femminili e muse ispiratrici tra le più importanti quali Elizabeth Siddal, Jane Morris, Christina Rossetti ecc. Seguono gli artisti della seconda generazione, Edward Burne-Jones e William Morris a sua volta iniziatore del movimento Art and Craft che porterà lo stile preraffaellita fino agli albori del ‘900. Un ultimo focus nella mostra è dedicato, infine a alcuni pittori italiani che ispirandosi al Medioevo dimostrarono una sensibilità affine a quella dei preraffaelliti inglesi.
Dante Gabriel Rossetti, ritratti femminili e muse
La sua esistenza fu segnata da diverse figure femminile, artiste, muse o compagne di vita che divennero anche il soggetto principale dei suoi ritratti, prima fra tutte Elizabeth Siddal la cui morte segnò drammaticamente la vita e l’opera del poeta enfatizzando il processo di idealizzazione femminile già presente nella sua visione pittorica. Artista, musa e modella che Rossetti sposò nel 1860 si tolse la vita nel 1862 con un overdose di laudano in seguito a una profonda depressione per la perdita della figlia che portava in grembo venuta alla luce morta. In seguito tra i volti più noti rappresentati da Rossetti compaiono Fanny Conforth, personificazione dell’erotismo sensuale e nei ritratti forse più oscuri gli occhi smisurati di Jane Morris che incombe sulla tela come creatura insieme attraente e inquietante.
“La vedova romana” (1874) di Dante Gabriel Rossetti
Le prime opere dove compare il volto di Elizabeth Siddal sono spesso evocazioni poetiche dalla bellezza immediata e sensuale eppure avvolte da un aurea spirituale, quasi le figure femminili appartenesse a una sfera altra rispetto a quella terrena: esseri in qualche modo angelici provvisti di un candore e insieme di una limpida idealità talvolta rivisitando figure mitiche del passato come in questo caso la donna romana. La giovane accompagnata da due strumenti musicali appare adornata da fiori, avvolta dai veli di una tunica sinuosa. L’inquadratura ravvicinata del volto femminile in primissimo piano esalta attraverso un uso smisurato e vivido del colore la ricerca di una bellezza assoluta, fine a sé stessa ma anche sublimata secondo lo spirito e la sensibilità romantica.
“Donna alla finestra”, sempre di Dante Gabriel Rossetti
Jane Morris, allora consorte dell’artista William Morris, appare qui come nuova musa per Rosssetti dopo la morte di Elizabeth Siddal rivisitando per questa tela l’opera dantesca, in particolare la figura di Beatrice e l’incontro tra Dante e Beatrice nella “Vita Nuova”. Volto ancora una volta in primissimo piano, Jane guarda in un attimo folgorante come Beatrice il poeta infranto per la scomparsa della moglie.
La figura di lei appare rispetto all’antecedente molto più oscura, inquietante avvolta da un’aurea di mistero e inconoscibilità come trovandosi di fronte all’enigma da decriptare della sua bellezza o meglio della sua anima: un essere misterioso il cui sguardo cresce in intensità e si staglia sempre più in rilievo, attraente e ipnotico rappresentando forse l’opposto alla bellezza solare della precedente. Una dualità tra spirito e materia, tra luce e tenebre, l’elevazione e la ricaduta nello spleen esistenziale e, ancora, la sensualità o la sua sublimazione, che permane come elemento stilistico in molto lavori dei Preraffaeliti.
L’ultima parte dell’allestimento è infine incentra sugli artisti della terza generazione tra i quali John Waterhouse (“Le Danaidi”, 1903), che subirono la fascinazione delle tendenze neo-rinascimentali nella rivisitazione di miti classici, esponendo soprattutto alla Grosvenor Gallery quale alternativa progressista alla Royal Academy. Troviamo qui tra le altre opere la rappresentazione libera e anticonformista di “Ipazia”(1885) di Charles Mitchell, nata ad Alessandria d’Egitto. Filosofa greca e pagana, donna colta e perseguitata dai Cristiani, è rappresentata nuda di fronte all’altare di una chiesa nel momento che precede il suo assassinio quasi a manifesto dello spirito irriverente e rivoluzionario, dello stile di vita anti-borghese e trasgressivo che animava questo gruppo di artisti.
Per concludere, non possiamo prescindere da un mito del teatro Shakespiriano come “Romeo e Giulietta” nella tela preraffaellita di Frank Dicksee. Ritorna tutta la simbologia degli elementi citati sulla tela: la tunica bianca d’epoca vittoriana, i lunghi capelli della giovane donna, i fiori di giglio o di passiflora simbolo di purezza o le decorazioni floreali sullo sfondo. Il tutto a circoscrivere lo spazio disegnato dal balcone dal quale Romeo sta fuggendo e dove si consuma il bacio appassionato trai due amanti, quel momento di purezza e passionalità che nel quadro sancisce insieme l’attimo decisivo e la fatalità drammatica del loro destino. Grandi narratori di storie e di miti gli artisti del movimento preraffaellita scelgono come abbiamo visto di rifarsi alla semplicità dell’arte medievale o pre-rinascimentale, di tornare verso quell’epoca oscura luogo di miti e leggende che porterà al rifiorire del Rinascimento per rinascere anche loro liberi e anticonformisti dalle ceneri di uno spenta e usurata società vittoriana.
Elisa Castagnoli
IL SITO DELLA MOSTRA CON TUTTE LE INFO PRATICHE
Come sempre mai sono nominati artisti da Roma in giù.