Per Missione poesia parliamo oggi di Claudia Piccinno e della raccolta Implicita missione. La fotosintesi della memoria (FaraEditore), nella quale l’autrice intreccia la dimensione della natura con quella degli affetti, utilizzando la formula del correlativo oggettivo per similitudini che ci propongono immagini nitide e semplici, diventando àncora per salvare il desiderio di una memoria, che si rinnova in tutto l’andamento del libro.
*****
Claudia Piccinno è docente, traduttrice, autrice di numerosi libri di poesia, di prefazioni e saggi critici. Direttrice per l’Europa del World Festival Poetry fino a settembre 2021, medaglia d’oro al Frate Ilaro 2017, vincitrice Ossi di Seppia 2020, ambasciatrice per l’Italia del World Institute for Peace e di Istanbul Sanat Art, Ape d’argento del Comune di Castel Maggiore per meriti culturali. Tra i vari premi internazionali, gli ultimi: Global Icon Award 2020 for Writers Capital International Foundation, The Light of Galata (Turchia 2021), Sahitto International Jury Award (Bangladesh 2021), Premio alla Cultura Città del Galateo (Roma 2021), Aco Karamanov (Macedonia 2021), Ajtan Zhiti (Kosovo 2021). È responsabile della rubrica Poesia per La Gazzetta di Istanbul e redattore per l’Europa della rivista turca Papirus (Artshop). Collabora con vari blog, e-magazine e riviste cartacee, tra cui: Menabò, Verbumpress, CiaoMag, Our Poetry, Il Porticciolo, Farapoesia…
Conosco la poetessa Claudia Piccinno da diversi anni, e di lei ho sempre amato il carattere solare, la luminosità e l’affetto sincero che traspare dal suo modo di affrontare la vita e le relazioni umane, oltre alla sua competenza e serietà professionale. La sua poesia la rappresenta molto, semplice ma diretta, senza fronzoli o mistificazioni: come direbbe Umberto Saba siamo di fronte a un’autrice che pratica la poesia onesta. Claudia sarà ospite all’appuntamento del mese di aprile a Bologna, per la rassegna Un thè con la poesia.
Implicita missione. La fotosintesi della memoria
Una coincidenza alquanto particolare questa di affrontare l’analisi di un libro che si intitola Implicita missione, nella nostra rubrica Missione poesia. Ma, tant’è: la poesia del resto può anche essere equiparata a una missione, un compito di cui si fa carico il poeta per evangelizzare – vogliamo usare questo termine – i lettori, distratti da mille rivoli di cose, dalle immagini, dalla tecnologia, dalla velocità… non è per fare inutile retorica, che a nulla servirebbe, ma per capire anche come dietro al titolo di un libro si possa celare un messaggio: qui siamo di fronte a un’autrice che ci presta il suo impegno, quello che implicitamente sta dietro alla poesia, e di questo impegno ci fa lascito, per provare a descriverci cosa davvero conta, cosa davvero resta, cosa davvero può essere cantato. Si parte dalle radici, dalla necessità di riconoscerle, di farle proprie e non dimenticarle. Il tema delle radici è stato sempre frequentato in poesia. La ricerca della propria patria poetica ha dato ottimi frutti in autori contemporanei come Piersanti (le Cesane, nelle Marche), Sbarbaro (Liguria), Caproni (Livorno terra natia, Genova terra d’adozione) … giusto per citare solo alcuni nomi.
Partendo dal luogo di nascita, dove si è vissuta l’infanzia, l’adolescenza e dove si ritorna a volte nel corso della vita, più o meno frequentemente, si prova a tracciare la propria identità, si prova a conoscersi meglio, a capire come quel luogo specifico ci abbia formati, plasmati, ci scorra nelle vene in tutta la sua intensità, e abbia fatto nascere in noi il desiderio di raccontarlo. Che sia una città, una vallata, un luogo collinare o marino, che siano montagne o campagne poco importa, ciò che conta è che quel luogo lo sentiamo nostro, perché ci fa rivedere come eravamo, perché continuiamo a guardarlo con gli occhi di sempre, perché ci racconta ancora le storie che gli hanno dato vita, le persone che lo hanno vissuto, le strade che ha fatto loro percorrere, proprio come a noi.
Va in questa direzione Claudia Piccinno quando ci parla del Salento, della sua Lecce e mentre lo fa, a poco a poco, vediamo riaffiorare come in un film, tutte le immagini rappresentate, ci sembra di gustare i sapori, i profumi, ci sembra di calpestare quegli stessi luoghi come se fossero i nostri, vivere quelle stesse esperienze, come fossero le nostre: dalle tavole apparecchiate dei giorni di festa alla famiglia riunita, dagli ulivi agli aranci, dai capelli della madre all’odore del padre… non c’è nulla che possa uscire dai ricordi, che non si mischi al presente, che non lasci traccia indelebile nella memoria, che non acquisti un valore assoluto, non solo per l’autrice ma anche per il lettore. Così l’ossessione delle radici diventa inesorabilmente anche la nostra ossessione velata di nostalgia per quelle lucciole tra gli ulivi argentati, per aver smarrito i versi dedicati, per quelle mani profumate d’arancia… mentre il silenzio si fa sempre più necessario […] Mi predispongo al silenzio./La mia mente cerca la frescura/di una notte agostana e sa che/tutto il resto è rumore… e la poesia ricrea la vita, ricrea il mondo intorno, attraverso momenti di luce, momenti che inducono a ritrovare il giusto cammino se pure nella sofferenza: Sto imparando l’arte del sottrarre./Da tempo metto in atto la dimenticanza…/estraggo radici quadrate/ che diminuiscono il dolore…/Mi affido agli automatismi e all’inerzia […]. D’improvviso è come se la microstoria dell’autrice diventasse parte della macrostoria, attraversando il vero significato di ciò che la realtà ha da offrire, per farsi esperienza, riflessione e infine poesia. Lo testimoniano gli SMS del padre, conservati dopo la fine, laddove la ricerca di senso è palpabile, e tutti davvero ci coinvolge: […] Gli SMS di mio padre/ancora sullo schermo/raccontano il calvario/della fine,/le premure di un uomo/la disperata ricerca di senso/una microstoria di ordinario dolore.
Anche il cammino di fede risulta visibile in questa continua immersione nella realtà e nel vero, nel genuino che si trova in fondo all’anima, e che non rinuncia a far trasparire una profonda spiritualità, declinata nel sentimento d’amore universale verso l’altro: […] Dammi, mio Dio, l’innocenza del matto/il passo del felino/il brillare delle lucciole/la lungimiranza della lince/la regalità dell’aquila./In cambio ti cedo la mia voce/che profuma di tutti gli ulivi del mondo/che narra degli invisibili/e talvolta racconta l’amore.
Biografia propria e dei nostri giorni, questa prima sezione del libro, dal titolo Poesie varie, di certo la più intensa, forgia una compatta e composita stratosfera, cesellata di luoghi e affetti non certo immuni dalla dimensione sociale, sensibili al presente in cui ci troviamo e nel quale l’autrice, consapevole dell’inesorabile trascorrere del tempo, compie prove d’intersezione con la natura, pone interrogativi, forgia una resistenza armata di parole poetiche: Non s’interroga sui narcisi/sferzati dal vento,/il bucaneve/che resiste alle intemperie,/nulla gli importa della timida viola./Lotta il bucaneve per la sua zolla,/candidi i petali/non invidiano la stella alpina.//Son io quel bucaneve tenace/unico punto di luce/nel grigiore dei giorni.//Non mi arrendo all’inverno che avanza.
Le altre sezioni del libro: Haiku, Tautogrammi, Dediche presentano una struttura diversa che denota la conoscenza di generi stilistici anche poco frequentati in poesia, penso soprattutto ai tautogrammi (si tratta di testi nei quali i versi, che raggiungono comunque un determinato significato, sono composti da parole che iniziano tutte con la stessa lettera), e che si integrano tuttavia con il resto della raccolta attraverso le tematiche di cui abbiamo parlato, che ritornano con insistente peculiarità pur nelle forme adottate dall’autrice.
A conclusione di questa nota di recensione mi piace inoltre ricordare un testo, che ho già analizzato nell’annuario di critica letteraria, L’anello critico (Capire Edizioni, 2023). Si tratta della poesia dedicata alla madre, poesia il cui andamento contribuisce, a pieno titolo, a remare nella stessa direzione di quanto analizzato in precedenza: vi si intravede l’intreccio della dimensione della natura con quella degli affetti, utilizzando la formula del correlativo oggettivo per similitudini di immagini nitide e semplici, che diventano àncora per salvare quella memoria, a cui tanto tiene l’autrice, come accennato, e che si rinnova in tutto l’andamento del libro. Il ricordo della madre si lega infatti a pochi fondamentali elementi che ne formulano un ritratto vivido, palpabile attraverso ogni pratica sensoriale: I capelli di mia madre/ragnatele fuori tempo/sulla sua spazzola.//Ultima goccia di profumo/a condensare memorie/di un autunno lontano,/lei ed io/un diario alla mano./[…] S’increspano ancora/i capelli di mia madre/acuminate tracce/del passato.//Fronde setose rosso Tiziano/nella cornice sul corrimano,/più ambrati i riflessi della mia chioma/scompigliata dallo scirocco.//[…] L’amore sopravvive/al tempo e/allo spazio,/dipana trame/d’insoluti nodi,/architettura di interni/coreografia del presente.//Senza un domani.
Ma la madre, così come il padre, così come i luoghi delle radici, la natura tutta ricordata ed enumerata nella varietà delle piante di quel Sud Italia, le tavole imbandite, gli amici perduti… non sono il fine ma il pretesto per indagare sé stesse e continuare a costruire radici, a credere in quelle radici a cui aggrapparsi in un arcano viatico antropologico.
Alcuni testi da: Implicita missione. La fotosintesi della memoria
L’ossessione delle radici
Visioni del sud
nella nodosa corteccia
degli ulivi
frammenti di luce
in comode rate
a colmare gli abbracci inevasi.
Un libro, un taccuino, un caffè
fan da cornice
a quest’elioterapia del ritorno.
Non c’è scadenza, né vuoto a rendere
in quest’ossessione delle radici.
***
Incerte verità
Il silenzio scosso dai singulti
di una lavastoviglie nottambula
compete col buio a intermittenza
di un addio.
Siamo in un limbo di decreti
a fremere per un buon esito
di questo isolamento.
Arruolati nell’e-commerce
non distinguiamo l’utile dal dilettevole.
Medusa è lo schermo
che pietrifica il sorriso
combinando i pixel
a mistificare miti
edulcorando immagini.
Smarrito l’odore di un abbraccio
abusiamo di inutili parole
per sopperire ai gesti di prossimità
veicolando incerte verità.
(dalla sezione “Poesie varie”)
***
Donne col burka
pensieri trattenuti
al guinzaglio.
*
Soffia la guerra
quando non si usa più
l’alfabeto.
*
Poesia cresce
se ascolti gli altri
senza parlare.
(dalla sezione “Haiku”)
***
In s
Silenzio saliva sulla scarpata,
Solitario sibilo strisciava
sotto suole scomposte.
Solita storia senza sbocco
– stemperava sua sorella –
sottacendo soprusi
sinceri saluti, signorsì
soliti ossequi.
Supero e scordo serpi setose.
Sento sinceri solo soldati severi,
sfuggo superaffaccendate sedicenti
scrittrici,
sindromi… sovraesposizione,
saccenti soporiferi scolari.
Scrivo semplicemente sto
silente sulla soglia,
sopra sassi sferici
sorpresa (dal) sistema
sovrabbonda stupidità.
(dalla sezione “Tautogrammi”)
***
Credo nelle stelle
Sono il sorriso dei nostri cari
– dice l’immaginario collettivo,
faro ai naviganti e ai pellegrini.
Bussola luminosa dei poeti
àncora salvifica dei solitari.
Credo nelle stelle
metafora dei desideri
viatico dei sognatori.
Credo nella fioca luce
che balugina a tratti,
credo nella segnaletica
verso l’isola che non c’è.
Credo nella dimensione
ultracorporale dell’amore
quando si fa luce
in una notte scura.
(dalla sezione “Dediche”)
Bologna, aprile 2025
Cinzia Demi
P.S.: “MISSIONE POESIA” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/