In Breve inventario di un’assenza che vi presentiamo nella rubrica Missione Poesia, la poesia si esplicita attraverso l’enumerazione non solo di ricordi o di emozioni, ma anche di oggetti, di cose che diventano protagoniste, laddove tutto tende a diventare ciò che resta, ciò che c’è realmente oggi, ciò che ci appartiene ormai definitivamente come un’appendice da cui, forse, non ci allontaneremo mai, dopo la scomparsa di una persona cara.
*
Michele Paoletti (17 Luglio 1982) è nato e vive a Piombino (LI). Si è laureato in Statistica per l’economia presso l’Università degli Studi di Pisa e si occupa di teatro, per passione, da sempre. Ha vinto il Premio Astrolabio 2014, il Premio Borgognoni 2015 e il Premio Anna Savoia 2015 nella sezione Poesia Singola. Ha pubblicato le raccolte Breve inventario di un’assenza (Samuele Editore, 2017 – prefazione di Gabriela Fantato), Come fosse giovedì (puntoacapo Editrice, 2015 – postfazione di Mauro Ferrari) e la plaquette La luce dell’inganno con fotografie di Andrea Cesarini (puntoacapo Editrice, 2015 – Nota di Lella De Marchi). Suoi testi sono presenti nell’antologia iPoet (Lietocolle, 2016). Nel giugno 2018 ha collaborato alla realizzazione della mostra Tempo riflesso (fotografie di Sandro De Monaco, poesie di Michele Paoletti).
Conosco Michele Paoletti ormai da diversi anni. Strano a dirsi ma, pur essendo di Piombino entrambi, ci siamo incontrati fuori dal contesto reale della nostra piccola cittadina, ci siamo incontrati per un’occasione poetica, una di quelle occasione che spesso la poesia è capace di creare. Ed è nata una simpatia reciproca e una stima anche culturale. Mi piace la poesia di Michele, molto affine alla vocalità e musicalità di autori toscani noti, quasi come se ci fosse una sintonia regionale d’intenti stilistici, vissuta come un aver incorporato quel che resta del letto, del meditato, del rimuginato, oltre l’apparente superficialità d’un incontro sulle pagine. La sua predisposizione per la poesia lo porta a essere anche fattivo organizzatore di incontri con altri autori. Con me collabora per il Festival di Populonia in Arte, giunto quest’anno alla terza edizione. Michele sarà ospite di Un thè con la poesia a Bologna, per l’incontro di aprile 2019.
Breve inventario di un’assenza
Il libro Breve inventario di un’assenza, di Michele Paoletti, ha già avuto diverse recensioni – visibili anche sul web – dove si accenna, in massima parte, al suo contenuto così come rappresentato anche nel titolo, ovvero relativamente alla descrizione di un’assenza, di una mancanza dovuta alla scomparsa di una persona cara e naturalmente a tutto ciò che ne consegue in termini di inventari, resoconti, bilanci più o meno emotivi, quotidiani, inconsci: niente di più vero, certo, niente di più sofferto, e doverosamente reso, con dovizia di particolari, dall’autore. Ma, ciò che mi preme sottolineare, non è tanto l’assenza che si presume raffigurata nella raccolta, quanto invece l’incessabile riscontro della presenza. Sì perché, paradossalmente, quando – come in questo caso – si tende a enumerare non solo i ricordi o le emozioni vissute in particolari momenti della vita con la persona cara che non c’è più, ma si raccontano gli oggetti, si rendono protagoniste le cose, anche le più minute, ecco che tutto questo diventa ciò che resta, ciò che c’è realmente oggi, ciò che ci appartiene ormai definitivamente come un’appendice da cui, forse, non ci allontaneremo mai, ciò che avrà un posto per sempre dentro di noi. Così è – ad esempio – per la giacca verde del padre l’oggetto, la cosa che, se pure senza caramelle nelle tasche, resta appesa alla poltrona; così è per il ricordo di quel sentimento del riso che nasceva quando con la mano/(il padre inventava) contro il muro/ un cane una farfalla/ o un’aquila lontana… così è perché oggetti e ricordi si fondono, attraverso l’espediente del correlativo oggettivo, e si fanno un tutt’uno nella mente dell’autore che ce ne restituisce l’integrità e la profondità d’insieme.
In questo contesto, a detta di chi scrive, si sviluppano dunque i tre capitoli dell’opera: La terra intatta, Inventario e Muri che se pur divisi, formano un corpus unico, riuscendo a dare una consequenzialità ai testi che permette di seguire la trama logicamente emotiva che Paoletti propone. L’ossimoro che ne deriva è un gioco perfetto d’intenzioni e cifra stilistica, costruito ad arte dall’abilità matematica del “ragioniere” che si nasconde nel fluttuare dei conti, delle fatture, degli inventari e dalla sensibilità del poeta che non sa resistere al lasciarsi andare alle chimere di future resurrezioni che rimarginino il dolore. Ne La terra intatta sta tutta la metafora delle radici che si intrecciano e si identificano con la presenza della figura paterna, una presenza che ritorna nel rumore dei passi sulle scale e nella dolcezza delle mani che se pur dure sanno accarezzare, in una continuità quotidiana che permette l’andare avanti, l’andare oltre, in un guardarsi nello specchio/a indovinare quante pieghe/del mio viso ti appartengono. In Inventario è il respiro degli oggetti a evocare l’aria che muovono i ricordi/quando si staccano da noi e sono alcuni particolari che scandiscono davvero ciò che resta, ciò che provoca la pienezza di un volto, la solarità di un momento, e anche il dolore della perdita… ma sono anche ciò che ci rammenta il passaggio, la dimensione della vita e dei suoi innumerevoli rivoli vissuti: Una macchia sul cuscino/due bottoni, la manica/scucita di una giacca.
Infine, è in Muri che si compie la metamorfosi, che il poeta assume la consapevolezza della necessità di testimoniare, che si completa con l’atto della scrittura il desiderio di attingere alle presenze per riempire/le stanze di parole. In una vera e propria dichiarazione di poetica l’autore ci rende conto delle sue intenzioni in un’alba dal respiro regolare… è tempo che il cemento/faccia presa/che il metallo scarnifichi la terra./Tempo di issare/bianche le pareti, le porte,/posare vetri e lamine d’acciaio./la casa già vive nel sudore/di chi segue/le tracce sulla carta.
Per concludere, e a prescindere dal contenuto sostanziale del libro, pensando poi anche a quelli che sono – a suo dire – gli autori, i maestri di riferimento della sua formazione, Giorgio Caproni in testa, credo di poter affermare che in questo lavoro Michele Paoletti abbia messo le basi per la costruzione di un percorso poetico che lo porterà lontano: la ricchezza di metafore e similitudini, la musicalità di certi passaggi, le immagine evocate dai simbolismi saggiamente utilizzati, innalzano e connotano la sua cifra stilistica, rendendolo tra i giovani autori contemporanei un’ottima voce in continua evoluzione.
Alcuni testi da: Breve inventario di un’assenza
Torneranno le giornate lunghe
le corse dei bambini,
la conta dei gradini da saltare.
Si faranno altri nidi sugli abeti
e l’estate non chiederà il permesso,
ma pioverà sole intorno
per far fiorire qualche cosa dentro,
un grumo, un fremito, un appiglio.
****
Tintinna qualcosa nella notte,
forse un grappolo di conchiglie
appeso alla grondaia.
la terra adesso si riposa
lasciandosi rimboccare la coperta
dal maestrale che ritorna
ad asciugare gli occhi e le lenzuola
dimenticate fuori.
Domani il rumore quotidiano
spingerà la vita un po’ più avanti.
****
La parola terra
ha un suono di radice,
di crosta bruna che si spacca
al sole quando le nuvole
hanno smesso di gridare
e l’aria preme ancora un poco
il suo bacio umido sul capo.
La parola terra ha il suono
di un padre che ritorna
dei passi sulle scale
di mani dure dove riposare.
****
il pane che chiedevi è pronto
ora sta sul tavolo di marmo
e vedo il fumo
le bruciature la farina scura
l’impronta leggera delle mani
nell’aria si perde l’odore buono
che sospende il tempo prima che
il coltello apra la crosta e il giorno
torni a premere la vita contro
gli oggetti che ci stanno intorno
****
Tutto si fa più leggero
adesso che le stagioni
voltano le carte mentre il gelo
si attarda tra le lenzuola
con uno sbadiglio
di gatto infastidito.
Ho trovato per sbaglio
la tua giacca verde
ma non c’erano caramelle
nelle tasche e mancava
il secondo bottone sul davanti.
la lascio appesa alla poltrona,
un’ala di falena
impolverata e persa
nella fuga.
Bologna, 7 aprile 2019
Cinzia Demi
*****
P.S.: “MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani. QUI il link dei contributi già pubblicati. Chiunque volesse intervenire con domande, apprezzamenti, curiosità può farlo tramite il sito scrivendo in fondo a questa pagina un commento o direttamente alla curatrice stessa all’indirizzo di posta elettronica: cinzia.demi@fastwebnet.it