Su iniziativa del “CineClub Vittorio De Sica”, nel ventennale delle proprie attività, si inaugura sabato 28 febbraio ore 18,00 a Rionero (Basilicata) la Mostra CinEtica 2015 giunta alla XIX edizione, quest’anno dedicata proprio a Vittorio De Sica nel quarantennale della sua scomparsa. In rete, nel portfolio, il CATALOGO pubblicato per la XIX Mostra CinEtica del CineClub V. De Sica.
Il CineClub lucano* a lui dedicato, celebra Vittorio De Sica con diverse iniziative, a partire dalla retrospettiva di film classici e con una mostra di manifesti e delle attività del CineClub svolte in questi decenni ed ispirate al Maestro. Il deferente rapporto con De Sica si è manifestato durante il Family Film Festival di Fiuggi della scorsa estate, quando il CineClub ha conferito ad Emi De Sica, figlia primogenita del regista, una targa ricordo.
La XIX Mostra CinEtica si apre con Miracolo a Milano (già in anteprima ai detenuti della Casa Circondariale di Melfi); a seguire I bambini ci guardano; Il giardino dei Finzi-Contini; Umberto D.
Come la passata Mostra dedicata all’immenso Ingmar Bergman con “le stagioni della vita”, anche quest’anno il “De Sica” ripercorre in 4 opere fondamentali la giovinezza, l’infanzia, l’età adulta e la terza età, con l’occhio privilegiato di Vittorio De Sica che, con Zavattini, hanno saputo donare la profondità di una poetica senza tempo.
Approfondimenti ed una Santa Messa nella quale ricordare, insieme a Vittorio, anche i diversi iscritti e simpatizzanti del De Sica che non sono più con noi. Li menzioniamo commossi quegli amici che, echeggiando Edgar Lee Masters, ora dormono sulla collina: Giulio D’Angelo e Gaetana Bellanova, fra i primi fondatori del CineClub; Pasquale Sacco che ha principiato fin dagli anni ‘70 molti giovani all’amore per la musica, il teatro ed il cinema; Donato Masiello che per noi era Geo; Pasquale Santoro amante di teatro che non perdeva mai una proiezione; la signora Linda Vorrasi e il figlio Lillino l’ultimo proiezionista dell’omonima preziosa sala cinematografica; Nicola Sperduto, compagno di tante serate a parlare di cinema arte e politica; Antonio Salvia, corretto e generoso; Pietro Di Lonardo, sempre al servizio degli altri; Mario Di Battista, magnanimo rionerese di Bari; il giovane Carmine Tucciariello; il musicista Vittorio Piccirillo; il giornalista Franco Sernia; l’imprenditore Nicola Oliva; il procuratore di cinema e poeta Vittorio Squillante; non in ultimo quella decina di ospiti della Casa di Riposo “Virgo Carmeli” la cui testimonianza di vita e di fede ha consentito la realizzazione del nostro documentario Albe dentro l’imbrunire (2011).
RICORDANDO VITTORIO
Era un freddo autunno vicino Parigi, quando Vittorio De Sica chiude gli occhi su questo mondo; era il 13 novembre del 1974. Settantatre anni, nemmeno tanti, ma ricchissimi di emozioni e di eventi che lo hanno portato ad essere considerato una figura preminente ed imprescindibile del cinema italiano e mondiale, uno dei padri del Neoralismo e, nel contempo, uno dei più grandi registi ed interpreti della Commedia all’italiana.
Era nato a Sora, in Ciociaria, il 7 luglio del 1901, ciociaro come Mastroianni e Manfredi, ma napoletano nel profondo, per radici e cultura. E’ stato un eclettico attore, regista, sceneggiatore, cantante e musicista. Per quella sua generazione, affermatasi fra le due guerre, nessuno al mondo può vantare un così ricco palmares di premi e di eminenti valutazioni di critica. Il più versatile, geniale e coerente, un unicum con il maestoso Cesare Zavattini con il quale ha scritto e girato le sequenze più intense del cinema di ogni tempo.
Gli attori di riferimento nella memoria collettiva resteranno per sempre Sophia Loren e Marcello Mastroianni, ricondotti poi da altri cineasti in capolavori immortali: uno su tutti “Una giornata particolare” di Ettore Scola. E saranno tanti gli attori che De Sica dirigerà: da Sordi a Belmondo e Salvatori, dalla Lollobrigida alla Ralli, artisti che hanno oltremodo carpito la sua genialità e la sua poetica interpretativa.
E’ stato attore in ben 158 pellicole, ha diretto 34 film (alcuni ad episodi), talvolta è stato autore non accreditato per esigenze « alimentari »: a causa della passione del gioco accettò spesso lavori su commissione. Vittorio De Sica domina almeno tre stagioni del cinema: come “attor giovane” acquisisce una immensa popolarità anche come cantante (rimarrà immortale Parlami d’amore Mariù) e specie del repertorio napoletano (la sua vera anima); come regista forma con Cesare Zavattini un sodalizio di strabiliante creatività ed innovazione nelle immagini; come morigerato del racconto firma opere lineari nel linguaggio culminate nell’Oscar del 1970 per Il giardino dei Finzi Contini, tratto da un racconto di Giorgio Bassani.
Forse il film che più lo rappresenta e lo distingue – ci confida la figlia primogenita Emilia – è senz’altro Umberto D. del 1952, dedicato a suo padre, film destinato ad un rilevante dibattito e pure a polemiche puritane tanto che l’allora sottosegretario Giulio Andreotti (all’apice delle politiche di censura) affermò che, per la grande responsabilità che ha il cinema nella cultura, « … i panni sporchi si lavano in famiglia ».
Fu il suo cinema a portare all’Italia i primi Premi Oscar e a fare di Vittorio de Sica il regista italiano più premiato con ben quattro statuette: nel Gotha della cultura cinematografica di ogni tempo.
L’anno in cui morì, Ettore Scola gli dedicò uno dei suoi capolavori, C’eravamo tanto amati, ma la sua eredità è di tale portata che il cinese Wang Xiaoshuai nel 2001 girò, con Le biciclette di Pechino, un dichiarato omaggio-remake del suo capolavoro. Il regista svedese Roy Andersson, con il Leone d’Oro in mano all’ultima Mostra di Venezia, (settembre 2014) ricorda proprio Ladri di biciclette quale suo film fondamentale nella sua formazione artistica.
La sua lezione e la sua popolarità rimarranno nella storia del Novecento.