Il presidente uscente Emmanuel Macron, 44 anni, ha tardato il più possibile a formalizzare la candidatura in vista delle elezioni per l’Eliseo in programma i prossimi 10 e 24 aprile. Lo ha fatto per sottolineare la sua statura istituzionale, superiore al livello delle polemiche quotidiane. Ha avuto buon gioco anche perché Parigi ha la presidenza di turno dell’Unione europea. Il leader comunitario in esercizio non può mostrarsi troppo attento alla caccia ai voti in casa propria. Nel frattempo, i rivali di Macron si sono ufficialmente candidati e hanno (quasi tutti) trovato le 500 firme di “eletti” (soprattutto sindaci) indispensabili a partecipare alla corsa.
Macron e il ruolo nella guerra in Ucraina
Poi un evento internazionale – la crisi tra Russia e Ucraina – ha sconvolto una campagna elettorale politicamente sterile e poco interessante. Il primo riflesso di Macron è consistito nel valorizzare il proprio ruolo europeo per mediare tra le parti in causa. È andato a Mosca e a Kyiv incontrando i leader dei due Paesi e tenendo conferenze-stampa in loro compagnia. Ha alternato le telefonate a Putin e Zelensky agli zoom con Biden e i Ventisette. Ha immaginato (e continua a immaginare) un ruolo dell’Unione europea come mediatore e garante tra le parti in conflitto. Lascia implicitamente intendere che solo il «traino» di un Paese forte (in particolare la Francia, rimasta dopo la Brexit unico membro dell’Unione a occupare un seggio permanente al Consiglio di sicurezza) possa massimizzare in occasioni come questa il peso internazionale dei Ventisette.
Nel frattempo, Macron ottiene in politica interna due grossi vantaggi dalla crisi internazionale. In primo luogo, l’attenzione dell’opinione pubblica si sposta dai temi per lui più delicati (quelli alla base della rivolta dei gilets gialli: potere d’acquisto e attriti città-campagne, divario tra la “Francia che corre” e la “Francia che va indietro”) alla commossa mobilitazione comune per il Davide ucraino in lotta contro il Golia russo. Tutti insieme, dunque. Con poco spazio per le polemiche. In secondo luogo, è chiaro che le (poche) polemiche aiutano Macron contro i suoi rivali.
I passi falsi dei suoi rivali
A proposito del rapporto con Mosca, questi ultimi si fanno un autogol dopo l’altro, mostrandosi poco adatti al ruolo presidenziale. Il caso più clamoroso è quello di Eric Zemmour, tradizionalmente comprensivo verso Putin, da lui considerato “un patriota”. Marine Le Pen, rivale diretta di Zemmour nella corsa ai voti della destra sovranista, è stata più prudente ma è comunque sospettata di contatti con ambienti “putinisti”. Sul fronte opposto, Jean-Luc Mélenchon si è spinto in più occasioni a minimizzare i rischi connessi con la politica del Cremlino, concentrandosi invece sugli attacchi a Usa e Nato. Adesso rischia di pagare il conto.
La crisi internazionale imbarazza persino la neogollista Valérie Pécresse, candidata dei Républicains. Negli scorsi mesi la Pécresse ha cercato il sostegno di leaders storici del centrodestra come l’ex presidente Nicolas Sarkozy e l’ex primo ministro François Fillon. Sarkozy vuol compromettersi il meno possibile. Quanto a Fillon, l’opinione pubblica sta scoprendo il suo rapporto di collaborazione con società russe (da cui non ha potuto far altro che dimettersi). L’impopolarità di Fillon indebolisce Pécresse, che nel frattempo si è rivelate deludente in alcune iniziative pubbliche preelettorali.
Macron resta il favorito anche per i sondaggi
Su questo sfondo, risalta e si spiega l’aritmetica dei sondaggi, più che mai favorevole a Macron. A poco più di un mese dal primo turno, il presidente uscente è accreditato del 27% dei voti e comunque tutte le inchieste d’opinione lo vedono in testa il 10 aprile. La vera incertezza riguarda il nome del suo sfidante, ma l’amatorismo mostrato da Zemmour e le fragilità di Pécresse stanno facendo il gioco di Marine Le Pen, accreditata del 18%. La candidata dei Républicains segue al 14%, Zemmour crolla al 12 e Mélenchon è sostanzialmente stabile all’11 (col resto della sinistra a dividersi le briciole o poco più: 6 per l’écologista Jadot, 3 ciascuno per il comunista Roussel e la socialista Hidalgo).
La tragedia ucraina è sotto i nostri occhi e le sue vittime resteranno nella nostra memoria. Ci sono però almeno due beneficiari indiretti: il cinese Xi, che ha fatto dimenticare le sue difficoltà diplomatiche, e il francese Emmanuel, avviato a un’elezione che sembra far rima con rielezione. I sondaggi per il secondo turno lo vedono al 56% contro Marine Le Pen, al 58% contro Valérie Pecresse e addirittura al 63% contro Eric Zemmour.
Alberto Toscano
(P.S. Questa nota affidata ad Altritaliani da Alberto Toscano è stata scritta per l’Istituto Affari internazionali di Roma – 2 marzo 2022).