E’ bene che i cittadini aprano gli occhi ed abbiano memoria. Le vicende di Roma sono la cartina di tornasole di quello che è il populismo dei grillini. Una forza non democratica, come ha ben spiegato Roberto Saviano, fra gli altri, corruttibile, e palesemente incapace e inaffidabile. Le vicende di Sala a Milano e Raggi a Roma sono il simbolo di due culture politiche diverse.
L’informazione in questi giorni ha cercato, un po’ sommariamente, di mettere sullo stesso piano le vicende milanesi con la conseguente autosospensione del sindaco Sala, con la vicenda romana con il conseguente arresto di Marra, braccio destro e uomo di fiducia della sindaca Raggi.
Questo accostamento, in effetti, appare una forzatura. In realtà siamo di fronte a due storie totalmente diverse che allo stato hanno prodotto atti e fatti totalmente diversi e non paragonabili. L’informazione televisiva, per non parlare delle “bufale” dei social, ha finito per confondere fatti ed effetti, mescolando conseguenze giuridiche e politiche forse nella speranza di creare un racconto sensazionalistico o propagandistico che ancora una volta non fa bene all’informazione, suscitando solo ulteriori dosi di disprezzo verso una politica che in realtà è probabilmente meno brutta di quanto appaia.
Le differenze sono nette. Sala è accusato di aver retrodato, quando era responsabile della Expo, un atto necessario per evitare di mettere a rischio l’organizzazione della esposizione stessa, sul quale già gravavano pericolosi ritardi. Un fascicolo che l’allora Procuratore Capo, Brutti Liberati, aveva sottratto all’assegnatario dell’indagine Robledo (da qui derivo un conflitto interno alla Procura di Milano, con uno scontro di poteri ancora persistente) occupandosi di persona della vicenda. Fatte le indagini, non ravvisandosi ipotesi di reato, si era proceduto all’archiviazione. Successivamente quella parte di procuratori che fanno capo a Robledo hanno voluto riaprire il caso e, naturalmente, hanno inviato un avviso di garanzia a Giuseppe Sala sindaco di Milano, precedentemente prosciolto. E’ bene ricordare che l’avviso di garanzia è un atto dovuto ogni volta che vi sono indagini, ed è un atto a tutela dell’indagato, non costituisce quindi una condanna e tanto meno un atto di accusa, è solo l’avviso dell’apertura di un’indagine i cui esiti sono tutti da verificare.
La dura reazione di Sala, che si era autosospeso, era dovuta alla circostanza che ancora una volta, anche nel suo caso, lui ha avuto notizia di questa indagine non con un atto (avviso di garanzia) ma dalle colonne dei giornali, una cosa abbastanza grave e che nel clima attuale genera discredito su una figura istituzionale come quella di un sindaco.
La dice lunga, di questi tempi, che 300 sindaci hanno chiesto a Sala di restare al suo posto, cosa che addirittura è stata richiesta anche da tutto il suo consiglio comunale, incluso le opposizioni. Un chiaro segno di stima nei confronti del neo-sindaco milanese.
Bene quindi ha fatto Sala a ritornare al suo incarico. La sensazione è che, dietro la vicenda, vi sia una battaglia interna alla procura di Milano che ha raggiunto livelli altissimi di conflittualità interna. Insomma, Giuseppe Sala sarebbe il capro espiatorio di una vicenda che con l’Expo ha ben poco a che vedere.
Infine, i milanesi hanno fin qui dato segni di soddisfazione sull’operato dell’amministrazione (si sente parlare di definitiva rinascita milanese), specie sul tema avviato del recupero delle periferie. Una soddisfazione dei cittadini che non si riscontra a Roma.
Il caso Roma è molto più grave. Intanto perché da sette mesi l’amministrazione Raggi si trova a dover ancora avviare quell’ordinaria amministrazione nel nome del quale il Comune rinuncio’ all’occasione delle Olimpiadi. L’amministrazione capitolina è tormentatissima ed è il terreno di scontro delle ambizioni da una parte del “Raggio magico”, l’entourage della sindaca a cui si contrappone il direttorio (Di Maio, Fico, Di Battista, Taverna ed altri) che è lacerato, a sua volta, da un conflitto teso a stabilire gli equilibri interi e la scalata alle proprie ambizioni personali e di potere.
La giunta Raggi è stata falcidiata, troppi dei suoi componenti si trovano al centro di delicate indagini, tra di questi la Muraro, per l’ecologia e l’ambiente, che di fronte alle contestazioni dei magistrati, relativi alla gestione (tutt’altro che ecologica) dei rifiuti, ha dovuto alla fine cedere, dimettendosi. Poi Marra, l’ultradifeso dalla Raggi, che è stato addirittura arrestato per corruzione. Marra è uomo legato alle vicende di mafia capitale. Legato agli ambienti dei palazzinari romani dai quali ha avuto alloggi e favori e ai quali ha prestato la sua opera. Accusato di corruzione, di riciclaggio di denaro sporco, uno che, per la magistratura è pericoloso socialmente e che faceva affari con Scarpellini, palazzinaro romano e con gente come “er Gnappa” già al soldo della banda della Magliana, dichiarando, come emerso dalle intercettazioni telefoniche, di essere a loro disposizione, altro che Sala.
La Raggi non si è scusata con i romani, limitandosi ad un “mi dispiace” e dicendo (in modo poco credibile) che Marra era solo un impiegato del Comune. Il tutto nell’assoluta opacità, senza dare alcuna spiegazione della sua difesa ad oltranza, al punto di minacciare le proprie dimissioni, se fosse stata costretta dal direttorio a rinunciare a Marra. Perché questo “semplice impiegato del Comune di Roma” era cosi importante per lei?
Questa vicenda rivela il vero volto del grillismo, come ha evidenziato in un suo editoriale anche Roberto Saviano. Un movimento populista che cerca di cavalcare ed alimentare il malcontento dei cittadini, ma che è privo di democrazia interna, essendo le decisioni prese solo da Grillo e dalla Casaleggio associati, che tuttavia si guardano bene dall’assumere almeno parte delle responsabilità per le oscene vicende romane. Un movimento retto da una sostanziale dittatura e che non ha regole. Come spiegarsi senno’ l’intransigenza verso Pizzarotti e l’incredibile indulgenza verso la Raggi?
La mancanza di storia di M5S, palesa anche l’inaffidabilità di questo soggetto politico i cui leaders emergenti dimostrano la loro cronica incapacità. Di Maio dopo aver difeso a spada tratta la Raggi, oggi la scarica senza fare alcuna autocritica. Di Battista dice abbiamo sbagliato, ma andiamo avanti. Andiamo avanti ma come? Le richieste di Saviano di democrazia interna di condivisione delle scelte, di efficienza e pulizia restano del tutto inascoltate. E si che la vicenda romana è la più eclatante ma che dire delle altre opache esperienze amministrative? di Quarto, di Gela del Comacchio e della stessa Parma e di Livorno.
La realtà è che i 5 Stelle hanno fin qui dimostrato inettitudine e permeabilità alla corruzione, un viatico non buono per chi faceva le pulci a tutti i partiti, per chi andava gridando: O-ne-stà, o-ne-stà!
La realtà è che l’onestà, con buona pace di Travaglio e soci, va oltre che scandita, praticata e fin qui non si sono visti esempi luminosi da parte di M5S.
La realtà è che la politica è una cosa seria e non bastano slogan e luoghi comuni, occorrono progetti credibili, idee chiare e la pratica del dialogo con le altre forze politiche, se è vero che la politica è proprio questo la capacità di confronto e di sintesi su idee e progetti. M5S, in nome di una sempre più presunta purezza politica, ha sempre rifiutato ogni dialogo con le altre forze politiche da loro ritenute indegne, relegandosi alla facile quanto inutile prospettiva di un opposizione sterile e velleitaria.
Il populismo continuo a dire che il suo alleato è il popolo, la Raggi dice oggi che il suo braccio destro è il popolo romano, ma la realtà è che il populismo grillino è il peggior tipo di populismo. Non siamo innanzi a Podemos che con tutti i suoi limiti è una forza che è cresciuta con esperienze di base, con la lotta dei senza tetto, dei disoccupati organizzati in associazioni, con gli indignados che occupavano le piazze condividendo le loro esperienze. Sulle esperienze di Di Maio o di Di Battista, francamente si costruisce poco.
Il vuoto politico del populismo grillino è finanche inferiore a quello dei leghisti, che almeno una storia possono rappresentarla. Il vuoto grillino si fonda sul pedissequo ripetere dei luoghi comuni e delle banalizzazioni del cittadino scontenti. Una politica da Bar Sport che è tragica se non ridicola.
Il vero pericolo e che i cittadini si affidino, come hanno già fatto (anche nel recente referendum costituzionale), a questo vuoto, regalando amministrazioni cittadine e magari lo stesso Paese ad una forza politica del tutto inaffidabile ed incapace sotto ogni profilo incluso quello etico. A Roma i grillini hanno certificato la loro inettitudine a fare fronte anche a quella stessa corruzione che a parole dicono di voler combattere.
Infine, personalmente, io non ci sto ad assecondare l’idea falsa ed ingiusta che la politica sia tutta uguale.
E’ chiaro che la politica deve rinnovarsi e curare le sue malattie, ma dove, come nel PD, questo rinnovamento è stato avviato i segni sono stati chiari. C’è una politica che non si accontenta di slogan e vuole soluzioni, forse occorrerebbe estendere a tutta la politica questa voglia di rinnovamento.
Nicola Guarino