Per Missione poesia l’ultimo libro di Maddalena Capalbi, “Testa rasata”, un lavoro dove la forza evocativa della poesia è tale da trasportarci in una realtà parallela, dove il rivivere le vite descritte, e tutte spesso risentite nelle cronache dei nostri giorni, porta a riflettere in modo nuovo sul tema della violenza di genere, augurandosi che il contributo dato dall’autrice possa aggiungersi ai tanti che cercano di arginare un fiume, purtroppo ancora in piena, di pregiudizi e convenzioni sull’incomprensibile qualificazione del così detto “sesso debole”.
Maddalena Capalbi è nata a Roma e vive a Milano dal 1973.
Ha partecipato a numerosi concorsi tra i quali quelli organizzati da Arpanet nel 2003 e nel 2004 con pubblicazione sulle antologie ‘Meccano’, con nota di Elisabetta Sgarbi, e ‘Kermesse’ con nota di Aldo Nove. Una sua poesia, nel 2005, è stata inserita nell’antologia ‘Pace e libertà – la battaglia delle idee’ (La Comune) con intervento di Alberto Granado, un’altra nella raccolta ‘Ti bacio in bocca’ e nei diari poetici 2007 e 2009 ‘Il segreto delle fragole’ (LietoColle). Altri testi sono stati inseriti nell’antologia ‘L’Eco del vento’ Ed. Pagine. Un racconto in prosa è stato pubblicato nella raccolta ‘Carte Segrete’ (ed. Besa). Nel 2009 alcune poesie sono state inserite nell’agenda ‘Fotofanie’ Ed. Antony (Trieste).
La sua opera prima è stata ‘Fluttuazioni’ (LietoColle – 2005) e alcuni testi sono stati tradotti in lingua slovena da Jolka Milic. È seguita ‘Olio’ (LietoColle – 2007), nel 2008 ‘Sapevo’ (Ed. Pulcinoelefante) con pastello di Nevia Gregorovich e ‘Il giardino di carta’ stampato dal laboratorio grafico ‘Fil de Fer’ Freedom Coop. Nel 2009 ha pubblicato ‘Arivojo tutto’ ( LietoColle) poesie in dialetto romanesco ed alcuni testi sono stati inseriti nell’antologia ‘Prova d’orchestra’ curata da Guido Oldani. Nel 2011 ha pubblicato ‘Nessuno sa quando il lupo sbrana’ ( La Vita Felice), la raccolta si è classificata al terzo posto, sezione poesia edita, nel concorso Guido Gozzano 2013. Nel 2015 la pubblicazione di ‘Testa rasata’ (ed. Moretti & Vitali). Segnalata premio Ponte di Legno 2015 e premio Montano 2015.
Il testo ‘Imploratio‘ è stato musicato dal Maestro Luigi Donorà. Ha collaborato con Giuliano Turone responsabile del sito Dante Poliglotta, traducendo in dialetto romanesco alcune terzine tratte dal I e V canto dell’Inferno. È redattrice della rivista culturale Qui libri (La Vita Felice). Dal 2005 coordina il laboratorio di scrittura creativa presso la II Casa di Reclusione di Bollate curandone ogni anno le antologie poetiche.
Conosco Maddalena Capalbi da diverso tempo per la sua poesia e il suo impegno in campo sociale e civile. Personalmente ci siamo incontrate un anno e mezzo fa, a un convegno organizzato, da me e dalla scrittrice Adele Desideri, a Milano, in merito alla poesia delle donne. Di lei mi hanno subito colpito il sorriso e l’affabilità, la determinazione e la grazia nell’affermare, con forza, la dignità femminile, se pure rappresentata nella sofferenza, nella sopraffazione delle violenze di tutti i tempi, subite perfino – e in che misura – dalle Sante, così come vedremo affrontando la sua ultima fatica poetica. Il suo lavoro costante di supporto ai detenuti delle carceri, attraverso i laboratori di poesia, condotti insieme a Anna Maria Carpi, è un esempio di come partendo da quest’arte si possa aiutare a raccontare per ritrovarsi, si possa gettare un ponte per risollevarsi, si possa in qualche modo sopravvivere all’isolamento e ai rimorsi dei gesti compiuti, si possa tornare, forse – e almeno per qualcuno – a sperare. Un lavoro che dura ormai da diversi anni e dal quale nascono testi raccolti in antologie, perché possa restare traccia di quanto emerso dagli incontri stessi. Alcuni componimenti sono davvero incredibili, possibilmente resi anche con competenza stilistica, altri semplicemente riportanti pensieri, ma non meno significativi per la valenza da attribuirgli.
In questo articolo parleremo dell’ultimo libro di Maddalena Capalbi: Testa rasata (Moretti&Vitali, 2015) che ripercorre le tappe esistenziali di alcune delle Sante più significative della Cristianità, viste nel momento della loro sofferenza maggiore, del loro martirio a cura degli uomini, di quegli stessi uomini che tutt’ora insistono nel percorso assurdo e ingiustificabile del femminicidio, dello stupro, della pedofilia.
TESTA RASATA
C’è un testo, quello che chiude la raccolta, Ultima scena, dal quale mi viene meglio l’iniziare a parlare di questo libro di Maddalena Capalbi. Sarà che dopo aver letto tanti resoconti così vividamente restituiti alla memoria, di strazi e sofferenze, ho bisogno di una speranza; sarà che il testo è arioso e luminoso tanto da conciliare il respiro; sarà che di vita bella racconta la bella donna descritta dall’autrice: bella come una gru/che vola al tramonto, che non trovo niente di meglio che godermi quel viso gioioso/che porta scompiglio tra i respiri e la visione di quel corpo che finalmente/è libero. Sì perché Maddalena Capalpi ha calcato molto – e giustamente – la mano, ha lanciato parole marchianti come dardi infuocati, ha disilluso le favolistiche aspettative sulle santificazioni femminili – casomai qualcuno ancora ne avesse -. E ha lanciato la sua accusa sugli uomini, carnefici senza possibilità di remissione alcuna, crocifiggenti senza desculpa, continuatori di questa inumana mattanza, che si sono macchiati da secoli del sangue di creature aventi per sola il colpa l’appartenenza a un genere.
La rassegna portata in evidenza dalla Capalbi merita un’attenzione particolare: un calendario di eventi segnati dalla passione e dalla maledizione di essere donna, un rosario sgranato da preghiere inascoltate, un roseto di sole spine dove le rose hanno deciso di nascondersi agli occhi dei più, esalando solo il proprio forte aroma dai petali sgualciti. Ma, chi ha cuore per ascoltare non ha potuto non recepire quel profumo, non ha potuto non squadernare le pagine della mente decidendo di dare voce ai respiri.
Maddalena è andata loro incontro, si è riempita le narici di aromi variegati, ha raccolto le lacrime come fossero rugiada, ha finanche classificato i colori dei petali vellutati di quelle rose per farne parole di carne e sangue. Sono emersi i volti, i ritratti, le identità di coloro che possono ora assurgere a nuova gloria, rivificate dalla linfa della poesia. Ecco Agata dai seni divelti per un rifiuto d’amore, e la consorella Lucia che perse gli occhi per uno stesso motivo, e ancora Agnese costretta al meretricio e trafitta alla gola; ecco Ildegonda salvata da un angelo rinnegando il suo sesso per la vita, e Barbara uccisa dal padre per la sua conversione; ecco Fina che al rimprovero della madre per un regalo accolto si lasciò morire per punirsi, e Chiara che per letto ebbe la terra e per cuscino un tronco di legno; ecco Ugolina che sfuggì alle mire sessuali del padre fingendosi uomo per sempre, e Rosalia che si tagliò le trecce e visse in monastero per non sposare Baldovino… e potremmo continuare nell’elenco fino a completare il percorso di Maddalena, se non fosse che proprio la santa col suo nome si rivela in un’efficace testo – che contiene il titolo del libro – che raccorda il passato al presente, restituendo al lettore una donna che metaforicamente dichiara di non intendere più soggiacere al potere maschile – qui la formula cristologica è volutamente rappresentativa di un’inquietudine mai sopita del gesto umiliante evidenziato -: forse speri che ti lavi i piedi e che/li asciughi con i capelli./ Il rischio però è nello sfinimento/perché il nome è leggenda,/io ho la testa rasata.
Libro forte dunque, questo della Capalbi, che ci presenta una sorta di parabola discendente a momenti, per poi diventare risalente nel finale, dove l’immagine del femminile che ne emerge è senz’altro qualcosa di innestato in un meccanismo storicamente disposto ad annullare la volontà della donna, partendo dalla mortificazione del corpo, ma dove la resurrezione dell’una e dell’altro sono sicuramente e fortemente volute, sperate, inneggiate tanto da farle sentire reali se pure quell’oggi/ancora, della poesia di apertura del libro, è espressione della manchevolezza che nasconde l’assurdità della rimozione mentale dell’ostacolo posto – da sempre – a quell’essere costruito con la costola mancante. La forza evocativa della poesia della Capalbi è tale da trasportarci in una realtà parallela, dove il rivivere le vite descritte, e tutte spesso risentite nelle cronache dei nostri giorni, porta a riflettere in modo nuovo sul tema, augurandosi che il contributo dato dall’autrice possa aggiungersi ai tanti che cercano di arginare un fiume, purtroppo ancora in piena, di pregiudizi e convenzioni sull’incomprensibile qualificazione del così detto sesso debole.
Qualche poesia da: Testa rasata
La scelta Ci sono donne ci sono donne tutte uguali gesùgesùgesùgesùgesùgesùgesùgesù un mantra ossessivo che di colpo ci sono donne che tacciono il dolore i maschi hanno punito anche le Sante ***** Ildegonda Fammi sapere chi hai amato ***** Caterina Entra ti stavamo aspettando, Parlaci di quegli uomini piccoli ***** Maria Maddalena Il mio nome è antico ***** Ultima scena Spavalda avanza Capolavoro del sogno. Il viso gioioso Cinzia Demi ***** P.S.: Chiunque volesse intervenire con domande, apprezzamenti, curiosità può farlo tramite il sito cliccando sotto su “rispondere all’articolo” o scrivendo direttamente alla curatrice stessa all’indirizzo di posta elettronica: cinzia.demi@fastwebnet.it
che indicano preghiere da recitare
agli spettatori eccitati dalle lotte
dei vandali
al centro della stanza che invocano
gesùgesùgesùgesùgesùgesùgesùgesù
scompare
nell’orrore gioiscono con chi
non sublima il ruolo madre
flagellando la volontà col mistero
malato e perfido
senza occhio né parole salvifiche,
oggi
ancora.
così, giusto per capire.
Mi fa impazzire questo tuo girovagare
una volta con la minigonna
l’altra con i pantaloni a zampa
anche il viso cambia colore.
Vai in chiesa, tra i banchi cerchi
una mano che copra il tuo vivere diverso.
L’unico slancio sincero è l’invenzione
di un n uovo amore che nascondi
sotto il saio.
Siamo tutti crudeli e ci appassioniamo
di fronte alla scoperta del beccuccio tagliato.
Amen
non abbiamo chiamato perché
giacevi distrutta
in attesa del cielo abitato
da chi fa i miracoli.
che ingrati hanno minacciato
il tuo rifiuto,
hai delle belle gambe
che approvano quel sesso
ma prendi le distanze.
Per te
“L’amore deve essere amato perché amabile”
(da Santa Caterina)
e mi piace quando lo pronunci.
La tua comica interpretazione
brucia la meraviglia
non hai ancora detto cosa non vuoi
forse speri che ti lavi i piedi e che
li asciughi con i capelli.
Il rischio però è nello sfinimento
perché il nome è leggenda,
io ho la testa rasata.
l’ultimo velo è solo per coprire
quel corpo che finalmente
è libero.
porta scompiglio tra i respiri
è bella come una gru
che vola al tramonto…
donna
donna mia.
Bologna, 2016
“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani.
Per scoprire i contributi già pubblicati:
http://www.altritaliani.net/spip.php?page=rubrique&id_rubrique=58.