L’amore lontano nella poesia “Jaufré Rudel” di Giosuè Carducci

In occasione di San Valentino, Carmelina Sicari ci propone e commenta una bellissima poesia di Giosuè Carducci (1835-1907) che racconta la storia d’amore di Jaufré Rudel. Fu uno dei maggiori poeti, allora definiti “trovatori”, che la letteratura Provenzale ci ha tramandato. Principe di Blaia, soldato crociato al seguito del re di Francia Luigi VII e di Eleonora di Aquitania, visse tra il 1125 e il 1148. La sua figura malinconica ed enigmatica ha ispirato numerosi poeti moderni, tra cui Carducci, Heine, Rostand, e anche Amin Maalouf, autore del libro L’amour de loin.

La poesia “Jaufré Rudel” è stata definita un “paradosso amoroso” perché, come per altri troubadours, si canta l’amore cortese, un amore puro e platonico, alla ricerca di elevazione spirituale e intellettuale. La dama è sempre inaccessibile lontana o sposata e nulla concede ai suoi amanti, se non lo sguardo. Jaufré Rudel in una delle sue liriche dirà “amore di terra lontana” parlando di Melisanda, la sua “Laura/Beatrice” che amava pur non avendola mai vista ma avendone solo sentito parlare da pellegrini. Carducci nei suoi versi (che riportiamo in fondo alla pagina) ci descrive l’approdo in Siria dove Jaufré Rudel gravemente ammalato spera di incontrare l’“Amore di terra lontana”. Solo morendo tra le sue braccia il poeta ne potrà brevemente ammirare la dolcezza e la bellezza sognata.

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Jaufré Rudel è il cantore di Melisenda, contessa di Tripoli, figlia del re di Gerusalemme, mai veduta e mai incontrata. Naviga verso Tripoli per conoscerla prima di morire. Un incontro straziante che celebra appunto l’amore tout court, vissuto nel sogno, nella memoria, nel sentimento.

“L’Amore lontano” è infatti uno dei punti più alti del mondo medievale e segna il trapasso della ferrea civiltà dell’odio, del possesso, delle armi del feudalesimo verso una civiltà più alta ed umana.

Originato dai cadetti della scala gerarchica feudale, il movimento  dei cantori dell’amore di lontano segna la ribellione contro le dure leggi della terra, del possesso ed è il momento della dissoluzione feudale.

Il protagonista del poema Jaufré Rudel giunge in vista di Tripoli in punto di morte e ecco come il suo scudiero Bertrando ne annuncia la presenza a Melisenda e il desiderio di vederla una prima ed ultima volta:

“V’amò vi cantò non veduta :
Ei viene e si muor. Vi saluta,
Signora il poeta fedel.”

La fedeltà è il primo attributo dell’amore di lontano, proprio per la sua caratteristica mentale, spirituale, di impegno delle facoltà interiori e delle emozioni. La fedeltà non è un dato che appartiene al mondo dei sensi, alla materialità. Il clou però del messaggio del cantore fedele è nel suo testamento:

“Contessa, che è mai la vita ?
È l’ombra d’un sogno fuggente.
La favola breve è finita,
Il vero immortale è l’amor.”

Qui è concentrata tutta una lunga tradizione della vanità di tutto, vanitas vanitatis, culminante in Calderon della Barca e nella sua Vida es sueno e Carducci trova una sintesi poetica efficace: favola, parola di grande valore simbolico tornerà in D’Annunzio ne La pioggia nel pineto (“La favola bella che oggi ti illude, Ermione”).

La poesia di Carducci eredita alcune importanti figure dell’amore, quali l’innamoramento, l’apparizione di lei e il conseguente incantamento, già fondamentali nella poesia del Dolce Stile e in Petrarca, che parlava del suo incanto nel vedere la sua Laura: “Fisso al bellissimo aspetto”.

Ma l’aspetto originale, e moderno, è soprattutto il realismo narrativo di Carducci e sorprende in questo componimento la costruzione per sequenze quasi cinematografiche o pittoriche, se si preferisce.
Ecco qualche particolare di come l’espressionismo di Carducci si rivela: la nave giunta al porto di Tripoli, ammaina le vele. Il cantore giace sotto un bel padiglione, trepidante. Ma sotterraneamente la poesia è trascorsa da vibrazioni possenti: “Sul mare rosseggia la fresca mattina…. Il sole dardeggia sui biondi capelli di lei sparsi sul poeta morto”.

Certo lo schema romantico di amore e morte a tratti sembra prevalere:

Signor che volesti creare
Per me questo amore lontano,
Deh fa’ che a la dolce sua mano
Commetta l’estremo respir !”

Così il voto supremo del poeta morente, ma questa particolare poesia del Carducci costituisce un unicum per la sua medietà tra il realismo e la condizione spirituale.

Se altri poeti e poetesse, come Emily Dickinson, si votano totalmente ad una concezione dell’amore che si consuma in una dimensione mentale, o altri, come Sylvia Plath, realizzano una dimensione fisica, piuttosto terrena, l’unicum di Carducci sta in questa medietas. Nessuno può accusare il poeta di utopismo, nessuno può relegarlo semplicemente ad una zona erotica. È l’interprete dell’esistenza e della storia, fatta di contrasti, di luci ed ombre.

Carmelina Sicari

TESTO COMPLETO DELLA POESIA DI CARDUCCI

JAUFRÉ RUDEL

Dal Libano trema e rosseggia
Su ‘l mare la fresca mattina :
Da Cipri avanzando veleggia
La nave crociata latina.
A poppa di febbre anelante
Sta il prence di Blaia, Rudello,
E cerca col guardo natante
Di Tripoli in alto il castello.

In vista a la spiaggia asïana
Risuona la nota canzone :
“Amore di terra lontana,
per voi tutto il cuore mi duol”.
Il volo d’un grigio alcïone
Prosegue la dolce querela,
E sovra la candida vela
S’affligge di nuvoli il sol.

La nave ammaína, posando
Nel placido porto. Discende
soletto e pensoso Bertrando,
La via per al colle egli prende.
Velato di funebre benda
Lo scudo di Blaia ha con sé :
Affretta al castel : “ Melisenda
Contessa di Tripoli ov’è ?

Io vengo messaggio d’amore,
Io vengo messaggio di morte :
Messaggio vengo io del signore
Di Blaia, Giaufredo Rudel.
Notizie di voi gli fûr porte,
V’amó vi cantó non veduta :
Ei viene e si muor. Vi saluta,
Signora, il poeta fedel.”

La donna guardò lo scudiero
a lungo, pensosa in sembianti :
Poi surse, adombró d’un vel nero
La faccia con gli occhi stellanti :
“Scudier – disse rapida – andiamo.
Ov’è che Giuafredo si muore ?
Il primo al fedele richiamo
E l’ultimo motto d’amore.”

Giacea sotto un bel padiglione
Giaufredo al cospetto del mare :
In nota gentil di canzone
Levava il supremo desir.
“ Signor che volesti creare
Per me questo amore lontano,
Deh fa’ che a la dolce sua mano
Commetta l’estremo respir ! “

Intanto col fido Bertrando
Veniva la donna invocata:
E l’ultima nota ascoltando
Pietosa risté su l’entrata :
Ma presto, con mano tremante
Il velo gittando, scoprì
La faccia; ed al misero amante
“ Giaufredo, – ella disse – son qui “

Voltossi, levossi co ‘l petto
Su i folti tappeti il signore,
E fiso al bellissimo aspetto
Con lungo sospiro guardò.
“ Son questi i begli occhi che amore
pensando promisemi un giorno ?
È questa la fronte ove intorno
Il vago mio sogno voló  ? “

Sí come la notte di maggio
La luna da i nuvoli fuora
Diffonde il suo candido raggio
su ‘l mondo che vegeta e odora,
Tal quella serena bellezza
Apparve al rapito amatore,
Un’altra divina dolcezza
Stillando al morente nel cuore.

“ Contessa, che è mai la vita ?
È l’ombra d’un sogno fuggente,
La favola breve è finita,
Il vero immortale è l’amor.
Aprite le braccia al dolente.
Vi aspetto al novissimo bando.
Ed or, Melisenda, accomando
A un bacio lo spirto che muor. “

La donna su ‘l pallido amante
Chinossi recandolo al seno,
Tre volte la bocca tremante
co ‘l bacio d’amore bació,
E il sole dal cielo sereno
Calando ridente ne l’onda
L’effusa di lei chioma bionda
su ’l morto poeta irraggió

Giosué Carducci
25 Febbraio 1888
da Rime e Ritmi

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Carmelina Sicari
Carmelina Sicari è stata Dirigente Scolastico del Liceo Classico di Melito Porto Salvo e dell'Istituto Magistrale di Reggio Calabria. Si occupa da tempo di letteratura contemporanea e di semiotica con opere su Pirandello e sull'Ariosto. Ha collaborato a molte riviste letterarie tra cui Studium, Persona, Dialoghi… Ha all'attivo numerose pubblicazioni su La canzone d'Aspromonte, Leopardi e il Novecento letterario. Continua a sostenere nel presente il Movimento culturale Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria di cui è stata ideatrice.

1 COMMENTAIRE

  1. Grazie, Carmelina Sicari, di aver proposto e commentato la bellissima poesia di Giosuè Carducci che non conoscevo. Mi ha dato l’occasione di apprezzare il nostro Poeta in un componimento originale in cui si rivela il suo espressionismo. Molto bello il messaggio del cantore J. Rudel nel suo testamento:
    « Contessa, che è mai la vita?
    E’ l’ombra di un sogno fuggente…
    Il vero immortale è l’amor. »
    Grazie ancora e un cordiale saluto
    Rosella Centanni

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