La Regola di Nemi: un affascinante mito sulle origini sanguinarie del potere

Lazio. Incastonato fra folti boschi a pochi kilometri da Roma, sui Colli Albani, il lago di Nemi si stende ai piedi del borgo arroccato in cima con le sue case strette attorno all’orlo orientale dell’invaso di un antico vulcano. Sulle sue rive si ergeva il tempio dedicato alla dea dei boschi Diana nemoremse. Per gli appassionati del mito era “Lo specchio di Diana”, per gli antichi romani uno dei luoghi più sacri, fino a quando con l’avvento del Cristianesimo sprofondò nell’oblio. A fondare il tempio sarebbe stato Oreste, in fuga dalla Grecia dopo aver ucciso la madre Clitemnestra e una scia di sangue e di delitti avrebbe accompagnato la sua lunga e misteriosa storia.

John Robert Cozens, Il lago di Nemi, matita e acquarello, ca. 1777 -pittore inglese

Custodiva il tempio il re nemorense, sacerdote-sovrano, signore degli uomini e della natura, della cui energia era il rappresentante terreno. Si racconta fosse uno schiavo fuggitivo, che giunto qui in salvo veniva proclamato rex nemorensis, « re del bosco », un titolo molto precario mantenuto fino a quando non fosse arrivato un altro schiavo sfuggito alle catene pronto a sfidare il re di Nemi in carica. Dentro il recinto del santuario cresceva un albero sacro, dal quale nessuno poteva strappare un ramo se non colui che intendeva sfidare il re-sacerdote in carica.  Una volta staccato il fatidico ramo i due si battevano in uno scontro mortale e se a cadere fosse stato il re, lo sfidante avrebbe preso il suo posto; in caso contrario tutto rimaneva come prima. Servio, l’antico commentatore dell’Eneide, sosteneva che il ramo d’oro strappato da Enea per compiere la sua discesa agli inferi corrispondesse a quello staccato dallo schiavo sfidante del rex nemorensis.

Da questa antica e misteriosa leggenda trasse ispirazione l’antropologo classicista James George Frazer, il celebre autore de Il Ramo d’oro (vedi QUI)  per scrivere la sua grandiosa epopea sull’evoluzione della cultura umana.  Lo scrittore si convinse che il re primitivo fosse la figura sacrale a cui riferire l’origine della regalità. Così che questa affascinante istituzione del Lazio arcaico divenne il riscontro delle sue teorie. Per definire la natura del potere, come egli la concepiva, non si sarebbe potuto trovare un simbolo più pertinente: quel ramo significava violenza e sacralità nel contempo, potere guadagnato col sangue e privilegio divino. Libro importante per l’antropologia, la religione, la psicoanalisi e in generale per la nascita delle istituzioni del passato e del futuro, la monumentale opera in 12 volumi, iniziata nel 1890 e terminata nel 1915, ha influenzato tutto il ‘900.

Sigmund Freud riconobbe l’influenza sulla genesi del pensiero di Totem e Tabù, Bergson sull’elaborazione della sua teoria dello slancio vitale, Yeats cercò nell’opera di Frazer il filo che lo riconducesse alle matrici epiche della poesia. Fino a Joseph Conrad che scrisse Cuore di tenebra ispirandosi alla pagina che racconta l’assassinio rituale del re africano di Chitombé, per finire con La terra desolata di Thomas S. Eliot, il grande poema sulla crisi e la sterilità della civiltà occidentale con al centro la figura del re pescatore, il sovrano morente la cui malattia contagia la terra trasformandola in una landa arida e senza vita.

Diana, dea romana della caccia, Museo del Louvre

Il fascino del mito e le interpretazioni che ne diedero poeti e scrittori sembrano convergere nella figura del Colonnello Kurtz in “Apocalisse Now”, il film che Francis Ford Coppola trasse dal capolavoro di Conrad trasferendone la scena in Vietnam. L’ex ufficiale- disertore divenuto il re della giungla, regna nella foresta tra Vietnam e Cambogia come il rex nemorensis regnava sul bosco di Diana, la dea cacciatrice. E come prescriveva la Regola di Nemi, Kurtz va incontro al suo destino senza opporre alcuna resistenza mentre  Jim Morrison canta The End (la Fine, del mondo, dell’Occidente?). Il simbolico testo, oscuro come una profezia, racconta di un uomo perso in una desolata terra romana e di un “ancient lake”, un lago antico.  Nella discesa all’inferno evocato da Coppola  si mescolano così in un affresco di rara potenza espressiva  Eliot e Conrad, Dante e Frazer  con un omaggio dichiarato a quest’ultimo nella memorabile scena dove un ipnotico e stranito Kurt -Marlon Brando legge brani da La Terra desolata, sul cui tavolo trovano posto Il Ramo d’oro e From ritual to romance dell’antropologa Jessie Weston, a sua volta ispirato all’opera di Frazer.

In questo fantastico viaggio tra mito e magia, tra riti e credenze di tutti i tempi e di tutte le culture si tesse il filo evolutivo che unisce il passato e il futuro dell’umanità alla ricerca delle origini delle nostre istituzioni religiose e politiche. Un inizio e una fine sul mito della regalità e la sua insopprimibile volontà di potenza con il suo terribile tributo di violenza e di sangue. Un mito sì, affascinante  e misterioso  come tutti i miti, ma che, tristemente,  non si smentisce ancora oggi..

Francesca Graziano

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Francesca Graziano
Giornalista culturale, storico della psicoanalisi, vaticanista accreditata presso la Sala Stampa della Santa Sede. Lauree in Lettere classiche e in psicologia clinica presso l'Università La Sapienza di Roma. Collaborazioni con quotidiani, periodici e riviste specializzate (cartacei ed online) per arte, cultura, spettacolo. Premi per meriti culturali.

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