“Congiunzione amorosa”, una raccolta di poesie che si apre alla percezione amorosa del mondo. Marco Marangoni, un autore per il quale serve “rincorrere il cuore” per essere poeti. Non basta l’esperienza della vita, il confrontarsi con il quotidiano, il vedere oltre le cose e dare loro un peso, un senso: ci vuole un sentire che continuamente va cercato, inseguito, costruito come un ascolto fatto di silenzi profondi e quiete che macera concentrazione e matura il dire che sarà poesia.
Marco Marangoni, è nato a San Donà di Piave nel 1961 e vive a San Vito al Tagliamento, ha pubblicato: Tempo e oltre, Campanotto, Udine, 1994, con Prefazione di Giuseppe Conte; Dove dimora la luce, I quaderni del Battello Ebbro, Porretta Terme, 2002, con Prefazione di Tomaso Kemeny (da questo testo, in collaborazione con il compositore Mario Pagotto, ha tratto il melologo omonimo per musica da camera, presso la casa discografica Velut Luna, Padova – in collaborazione con Mario Pagotto ha prodotto anche il testo “Acqua disteso fluire, ode per voce femminile, flauto, viola e arpa”, Duplison, Codroipo, Udine, 2002, opera commissionata dal ConsorzioAcquedotto interregionale Basso-Livenza ) ;
Per quale avventura, Raffaelli Editore, Rimini, 2007, con Prefazione di Milo De Angelis ( sette liriche di questo libro sono apparse anche in Almanacco dello specchio, Mondadori, 2006).
Nel 2013 ha pubblicato Congiunzione amorosa, Moretti & Vitali Editore, Bergamo, con Introduzione di Giancarlo Pontiggia e Postfazione di Maurizio Cucchi (di questo lavoro sono apparse alcune liriche in Almanacco della poesia , 2013, Raffaelli editore, Rimini, a cura di Gianfranco Lauretano e Francesco Napoli). Suoi testi poetici sono apparsi in riviste e antologie nazionali e straniere. La sua poesia è stata tradotta in sloveno, tedesco, inglese. Collabora con interventi critici alla rivista letteraria Clandestino, trimestrale di letteratura e poesia. E’ membro della giuria scientifica di “ Premio di poesia San Vito al Tagliamento”. Collabora con il Dipartimento di Italianistica e Filologia classica dell’Università di Bologna per progetti sulla poesia contemporanea: cura l’Atlante dei poeti contemporanei, on-line.
Conduce da molti anni, in collaborazione con le scuole, laboratori di scrittura creativa. Ha ideato e curato “Senso/Suono”, festival di iterazione tra poesia e musica di ricerca, facendo collaborare nomi prestigiosi della poesia con compositori e docenti di Conservatorio.
Hanno scritto su di lui, tra gli altri: Giuseppe Conte, Milo De Angelis, Maurizio Cucchi, Giancarlo Pontiggia, Tomaso Kemeny, Luigi Fontanella, Edda Serra, Nicola Bultrini, Enzo Golino, Pierangela Rossi, Gianfranco Lauretano, Franco Manzoni, Matteo Veronesi.
Conosco Marco Marangoni da pochissimo tempo, dico personalmente. Ne avevo sentito parlare molto, ma, non era mai capitato di potersi confrontare. Al telefono, questo è stato il nostro primo approccio, ho avuto l’impressione di conoscerlo da sempre – non tanto per ricamare i soliti convenevoli – ma proprio come succede, sempre più raramente a dire il vero, quando si incontrano persone speciali che ti colpiscono e con le quali ti trovi a tuo agio così, senza un perché evidente se non una sensazione a pelle di empatia. Con Marco è stato il fatto di condividere lo stesso pensiero sulla poesia, che crediamo, entrambi fortemente, debba avere anche un respiro spirituale oltre che una coincidenza con l’esperienza reale della vita. Ci siamo spediti i nostri libri, ci siamo letti, abbiamo trovato molto in comune sullo stile di fare poesia, oltre che sulla necessità di farla, ed eccomi qua a parlare di lui, della sua poetica e del suo ultimo libro “Congiunzione amorosa”.
Il libro di Marangoni, “Congiunzione amorosa” porta con sé, oltre a quello dell’autore, due grandi nomi della poesia italiana: quello di Giancarlo Pontiggia che ha curato la prefazione e quello di Maurizio Cucchi che si è occupato della postfazione. E già questo basterebbe a garantire la qualità dell’opera. Ma, in realtà, saltando a piè pari quanto detto dai su nominati autori, leggendo e scorrendo con la leggerezza – intesa in senso calviniano – giustamente dovuta e ispirata, i testi del libro ci si accorge, ben presto, che non ci sarebbe stato bisogno di parole di accompagnamento, se pur degnissime e autorevoli, che avremmo fato a meno di qualsiasi commento, che nulla c’era da aggiungere o da togliere al senso profondo, alla bellezza, all’armonia di questa composizione poetica.
Se le congiunzioni astrali (come quelle amorose) avessero un punto d’incontro in poesia, probabilmente lo fisserebbero in queste liriche, se il volo degli uccelli cercasse una traiettoria comune la delineerebbe tra questi versi, se la natura tutta cercasse un suo risvolto umano costruttivo forse lo troverebbe fra le pagine del libro di Marangoni. Pochi testi recentemente mi hanno colpito, come questo, per l’eleganza e la raffinatezza dello stile che ritorna nell’incisiva lievità, anche quando è dolorosa, del significato.
Il poeta scrive, viaggia,/ e va a capo./ Lo rincorre/ un cuore. In questi versi, credo, sia racchiuso il significato della poesia per l’autore. Un significato ben preciso che non fa sconti al poeta che deve incessantemente rapportarsi con un lavoro – quello di ricerca e studio – e con il proprio sentire che deve emergere senza prevaricare il testo. E’ questo rincorrere il cuore che è il leitmotiv del libro, o almeno della sua prima parte che ha come sottotitolo “Nel segno del ritorno”. In un
chiarire di stelle; fra una coperta di stelle e l’aurora; tra le rovine del sonno, e il miraggio nuovo/del giorno; in Una passeggiata/in riva al mare,/per rubare i giorni/all’inverno… sono questi momenti e questi passaggi temporali tra sensazioni e immagini che danno l’idea di come serva
rincorrere il cuore per essere poeti. Sì, non basta l’esperienza della vita, il confrontarsi con il quotidiano, il vedere oltre le cose e dare loro un peso, un senso: ci vuole un sentire che continuamente va cercato, inseguito, costruito come un ascolto fatto di silenzi profondi e quiete che macera concentrazione e matura il dire che sarà poesia.
La seconda parte della raccolta – “Se un compimento dev’essere” – pur essendo sempre relazionabile con il tema legato alla prima, è più complessamente incentrata sul tempo con il quale il poeta si confronta, nel quale prova a rincorrere il cuore. L’interlocutore di questi testi è un “tu”, che potrebbe essere il lettore, come una persona cara, come una figura immaginaria con cui esprimersi, al quale l’autore si rivolge raccontando il proprio passato e il proprio presente, sottolineando quest’ultimo come il tempo probabilmente della poesia stessa: il tempo che viene vissuto come esperienza delle cose di cui, dicevamo, rendere conto, piccole grandi cose che fanno la vita stessa, come
lo sforzo di annodare/ un tappeto, i fili diversi; di fare il pane con la voce; di Meraviglia della luce/che corre sul filo/delle nuvole,/dei pensieri che vivi,/mentre è primavera.
Qui, a dire il vero, il poeta si confronta anche con qualcosa che è in divenire o è appena successo: con un cambiamento – che va oltra una fase temporanea della vita e probabilmente, anche se rapportato a immagini vicini, trascende nell’altrove -. Anche Ungaretti, poeta amato da Marangoni, nel suo percorso poetico a un certo punto affronta un cambiamento: passa da una poesia autobiografica della raccolta “L’Allegria” a una poesia più spirituale, che segue la sua conversione al cattolicesimo. La raccolta “Sentimento del tempo”, infatti, va in questa direzione di cambiamento, anche stilistico se vogliamo, dove il poeta si esprime su tematiche che hanno a che vedere con il passare del tempo, con l’effimero, con una ricerca di conferme, se vogliamo, per una possibilità di vita ultraterrena. E le tematiche sono accompagnate da una forma metrica dove gli spazi e le pause sono respiri lunghi di riflessione, campi da coltivare per una meditazione che porta a un senso compiuto dell’architettura poetica. Anche Marangoni propone, in specie in questa seconda parte della raccolta, come detto, un rapportarsi col tempo che diventa anche quello del cambiamento, pensato e notificato in fondo al possibile interlocutore che certo lo ascolta. E lo ascolta, ancor di più nel momento in cui il cambiamento si concretizza, diviene
un compimento che si rapporta tutto proprio all’interlocutore – che, azzardiamo, pensare possa essere un’interlocutrice poiché il libro è anche un forte messaggio d’amore – e che anche se può essere un compimento che si non vorrebbe vivere, viene alla fine vissuto per quell’amore che tutto compensa.
La terza parte del libro, infine, – Frammento e nome – ci si presenta come un tirare le somme quasi di quanto detto fino a questo momento. L’interlocutore, è ormai certo, è una donna, una musa. Avvolto d’amore e consapevole di esserlo il poeta si lascia andare al famoso
cambiamento – che certo con l’amore ha a che fare – lo accoglie in sé come luce e dono
[…] come un fuoco; ne cerca il frammento/che precede il nome/ ne cerca la voce; e Non c’è via/ di soluzione,/se non l’ascolto
di questo amore. Anche per il lettore non c’è altra possibilità che l’ascolto: restiamo anche noi avvolti da questo confluire di sentimenti e sensi, di desiderio di lasciarsi andare e di donarsi:
questo fiato è tuo/per averti/ma per comunicarti, musa, il suono. Un cambiamento dunque dettato dall’amore, un amore che si fa musa, un poeta che si apre al cambiamento e all’amore e ce lo rende in versi di una dolcezza struggente, in stralci d’abbandono, in suggestioni che oltrepassano i limiti dell’incantamento, come in quella domenica di Febbraio quando:
lentamente/ nevica e il cielo e di neve,/[…] e il momento è l’incanto: sentire questa musica/senza sforzo di fiati e corde,/è l’accordo della neve/silenziosa che scende lungo lo sguardo/che ci guarda e sorride/di sorpresa.
Poi la conclusione che è una resa incondizionata: forse è fino a qui che il poeta ha rincorso il cuore, che ha raggiunto la sua meta, qui:
in questo momento/di grazia/del corpo che si spande, della mente/che non detta,/ma ascolta/e si fa colore delle cose […] quando rilasciamo le gomene, le ancore/questo sfogliarsi di tutti i libri,/alla fine delle mete, nella voce distante.
Si resta con un senso di qualcosa di compiuto, di realizzato, di soddisfazione di aver dato concretezza a una ricerca, dopo la lettura di questo libro. La fame poetica – se pure non certo per sempre – è quasi saziata. Si ha voglia di rileggerlo per rivivere il lieto fine – come per la visione di un film che ci ha commossi e resi felici -: si ha voglia di condividerlo con gli amici, di commentarlo nei passaggi più densi di contenuto. Non è facile raggiungere un risultato così, in poesia, costruire una raccolta che porti a una conclusione di un discorso – che può essere riaperto e ridiscusso quanto si vuole, ma che trova una sua connotazione in un finale esaustivo e soddisfacente per tutti -. Io trovo che Marco Marangoni ci abbia regalato un libro di poesie dentro al quale si nasconde una fiaba, e spesso fiaba e poesia sono linguaggi e generi che s’incontrano e si scambiano, dice Novalis: che tutto quello che è fiabesco non può che essere poesia, dunque la creazione poetica assoluta è una fiaba: contiene la liricità, la storia e la visione. Ad esempio Mario Luzi tradurrà questa condizione in «conoscenza per ardore». Ebbene, io credo, che in Marangoni ci sia anche questo: negli arcani delle stelle che ci circondano, nella luce della neve che cade, nel cambiamento dovuto all’arrivo di un amore che porta con sé il dono di una musa ispiratrice, non può che rappresentarsi anche la conoscenza piena di zone misteriose che a volte si rivelano, che contengono segreti oscuri ma necessari e al tempo stesso luminosi, che senza la poesia non sarebbero comprensibili e rappresentabili. Non si tratta di una fuga dalla realtà – lo abbiamo visto che questa è presente in moltissimi aspetti anche del quotidiano – ma di una ricerca della sua quintessenza e della sua continuazione, di uno svelamento possibile dettato da quella spiritualità che si mischia inequivocabilmente al reale, e che è sostegno e consistenza alla parola poetica.
Qualche poesia da Congiunzione amorosa
Poi il chiarire di stelle
*** Parlare, dirsi tutto
*** Il poeta scrive, viaggia,
*** Febbraio,
*** E adesso? mi fermo
Cinzia Demi IL SITO DI MARCO MARANGONI POETA
e tu che torni, che ritorni ossigeno
nascente;
hai negli occhi una strada, ed un invito
come i pensieri c’invadono
e sono nel futuro quelli
che ci amano.
E se le foglie che si affidano,
una notte
si piegano, tu falle d’oro, tu
falle d’argento
nel vapore che ci tiene e ci curva
verso un punto,
quel taglio, quell’innesto,
quell’angolo astrale
in cui t’incontro
vado dove non so, dove non so
resto
e va a capo.
Lo rincorre
un cuore.
Ha visioni di città stellate, pensa
a sonorità remote. A volte
corre in fitte boscaglie
e si perde …
e non c’è ritorno;
ma è lì che si gioca il viaggio
(il viaggio che fa segno)
e la poesia dice la mappa, e la mappa
il tesoro
alzarsi una domenica,
lentamente
nevica e il cielo è di neve,
prendere piano il caffè
con te e sentire questa musica
senza sforzo di fiati e di corde,
è l’accordo della neve
silenziosa che scende lungo lo sguardo
che ci guarda e sorride
di sorpresa,
che trattiene la sua causa
che promette il suo fine,
oltre
è il poeta, oltre è la musa
e accolgo questo momento
di grazia
del corpo che si spande, della mente
che non detta,
ma ascolta
e si fa colore delle cose
e nessuna più grande –il mattino,
la convalescenza
o durante le feste, quando si va
dentro di noi
quando rilasciamo le gomene, le ancore
questo sfogliarsi di tutti i libri,
alla fine delle mete, nella voce distante